domenica 22 settembre 2013

"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: Dannazione eterna? - I


    CCCV (305)                                                   18 maggio 2013




Dannazione eterna? - I


Un lettore ha sollevato ancora una volta un classico problema che, direttamente o indirettamente, è sorto un paio di volte in questi “Commenti”, ma esso è talmente grave che merita di essere trattato di nuovo a parte. Egli scrive: “Trovo difficile essere il cattolico che vorrei a causa della dottrina della dannazione eterna. Non riesco ad accettare l’idea che un’anima possa essere tormentata incessantemente per l’eternità. È semplicemente troppo orribile. Ci dev’essere una qualche dottrina cattolica che non sia così tranciante e aspra.”
In breve, com’è possibile che anche una sola anima possa essere condannata giustamente ad un’eternità di tormento spaventoso?

Si noti che in una grotta che è ancora possibile visitare a Segovia, in Spagna, un grande Santo come San Domenico, su questa domanda trascorse una notte agonizzante in preghiera. Ma vediamo di stabilire subito che non si può trattare di mettere Dio Onnipotente alla sbarra, come se Egli meritasse di essere condannato o avesse bisogno di essere assolto. Se la Sua Chiesa insegna, come fa, che un peccato mortale può condannare un’anima al fuoco eterno dell’Inferno, se io non sono d’accordo è perché sono io che sbaglio e non la Sua Chiesa.
Perché sbaglio?

Per una o per entrambe due ragioni connesse. O io non colgo la grandezza e la bontà di Dio, cosa facile da fare, perché la mia piccola mente è finita e Dio è infinito; o io non colgo la gravità del peccato, cosa altrettanto facile da fare, dato che il peccato offende primariamente Dio, solo secondariamente me stesso e successivamente il mio prossimo.
Quindi, se non riesco a cogliere la grandezza di Dio offeso dal peccato, naturalmente non coglierò la gravità del peccato.

La domanda diventa allora: il grande e buon Dio ha dato ad ogni essere umano vissuto e vivente i mezzi sufficienti perché nel corso della sua breve vita terrena possa sapere che Dio esiste, che può essere offeso, che la tal cosa Lo offende e quanto sia grave offenderLo?
Su tutti e quattro i punti, la risposta può essere solo affermativa.

* Non ho bisogno della fede soprannaturale per conoscere l’esistenza di Dio. La sola retta ragione dice che dietro tutte le cose buone della vita di un uomo vi è un Essere Sommamente Buono. Solo la ragione che l’orgoglio svia dal vero, o che è oscurata dal peccato, può non parlare di questo Essere, ma ogni sviamento o oscuramento sono colpa mia, non di Dio, e meritano una punizione proporzionata a tutto il bene di cui ho fatto esperienza in questa vita, bene che fa sì che io sia “inescusabile” (Rom I, 20) per non averlo attribuito a Dio.

*Le realtà del libero arbitrio è un’esperienza giornaliera, e ognuno di noi ha il lume naturale della coscienza che ci dice che dobbiamo adorare l’Essere Supremo, e che rifiutare questa adorazione significa offenderLo. Così il primo Comandamento, che non abbisogna della fede per essere conosciuto.

* La coscienza naturale mi parla anche degli altri nove Comandamenti, che non fanno che precisare la legge naturale, e mi dice anche che infrangerli significa offendere non solo il mio prossimo, ma anche e primariamente l’Essere Supremo.

* Infine, più la mia coscienza è limpida e più chiaramente mi dice quanto sia grave offenderLo. Il problema è che siamo tutti peccatori e ogni peccato contribuisce ad oscurare la nostra coscienza. Ma il nostro peccato è colpa nostra, non di Dio, ed Egli è del tutto giusto nel punirci per come noi oscuriamo le nostre menti.

Va bene, si potrebbe obiettare, a tutti gli uomini è dato in questa vita di conoscere abbastanza Dio da meritare la punizione dopo questa vita in maniera proporzionata a come Lo hanno offeso. Ma come può un semplice uomo offenderLo tanto gravemente da incorrere in una punizione eterna e inimmaginabile?
Il “Commento” della settimana prossima proverà a avvicinarsi a questo mistero che è quasi profondo quant’è profondo Iddio.

Kyrie eleison.



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