giovedì 30 ottobre 2014

La FSSPX continuerà a trasmettere integralmente il deposito della fede e della morale cattolica romana


A proposito della notificazione di Mons. Semeraro

 

 In una notificazione del 14 ottobre scorso, Mons. Marcello Semeraro, che amministra la Diocesi Suburbicaria di Albano, ha pensato di dichiarare che la Fraternità Sacerdotale San Pio X non è “un’istituzione della Chiesa Cattolica” e che i fedeli non devono frequentarla per non “rompere la comunione con la Chiesa”.

 Molte cose potremmo chiedere a Mons. Semeraro, guardando dal suo punto di vista.
Potremmo chiedere se sa che la Fraternità San Pio X è stata eretta con l’approvazione del Vescovo di Friburgo nel 1970; che la Santa Sede le ha conferito il decreto di lode nel 1971; se sa che la stessa casa della Fraternità  ad Albano, con il suo Oratorio semipubblico per amministrarvi i sacramenti, è stata eretta canonicamente con decreto del suo Predecessore Mons. Raffaele Macario il 22 febbraio 1974 (prot. 140/74).
Potremmo anche chiedergli come concilia le sue proibizioni con le dichiarazioni ufficiali della Santa Sede, che con risposta della Commissione Ecclesia Dei del 18 gennaio 2003, diceva che è possibile soddisfare il precetto della Messa domenicale “assistendo ad una messa celebrata da un prete della Fraternità San Pio X”; o come pensa che si possa “rompere la comunione con la Chiesa” andando a Messa dalla Fraternità San Pio X, quando la stessa Santa Sede non ritiene più fuori dalla comunione nemmeno i Vescovi della medesima Fraternità; o se pensa che presunte irregolarità canoniche equivalgano a una rottura della comunione.
Potremmo ancora chiedergli perché lui, il Vescovo, possa organizzare una veglia ecumenica nella cattedrale (18 gennaio 2014) per pregare con persone che di certo non sono “in comunione con la Chiesa Cattolica” come una pastora evangelica e un vescovo ortodosso (ortodossi cui nel 2009 ha consegnato la chiesa di San Francesco a Genzano, costruita dai nostri padri per il culto cattolico); mentre i suoi fedeli non possono pregare con altri cattolici alla Messa della Fraternità.
Potremmo chiedergli perché l’apertura di spirito della Diocesi è tanto ampia da includere il “Primo forum dei cristiani omosessuali”, tenutosi nella Casa dei Padri Somaschi il 26-28 marzo scorso, ma non chi rimane legato alla Tradizione della Chiesa cattolica.
Non attendiamo una risposta su questi punti che mostrano in maniera lampante le contraddizioni di Mons. Semeraro
La Fraternità fonda il suo ministero presso tutti i fedeli proprio sulla necessità di combattere gli errori contro la fede cattolica romana che sono diffusi nella Chiesa dagli stessi Vescovi: da quello appena citato dell’indifferentismo ecumenico, per cui si può dare credito a tutte le religioni come se fossero tutte vie di salvezza, abbattendo di fatto il Primo Comandamento di Dio, fino all’adozione di una liturgia che si allontana dall’espressione dei dogmi della Chiesa Romana per diventare semi-protestante e irriverente. Errori che si spingono sempre oltre, come si è visto nell’ultimo Sinodo, dove sotto apparenze di misericordia, si è discusso sulla possibilità di modificare il Sesto Comandamento e di rinunciare nei fatti all’indissolubilità del matrimonio cristiano. Lo stato di grave necessità generale, dovuto alla capillare diffusione di errori contro la fede da parte della gerarchia ecclesiastica, fonda canonicamente il diritto e il dovere di ogni sacerdote fedele di dare i sacramenti e un’autentica istruzione cattolica a chiunque lo richieda.
La Fraternità San Pio X, sull’esempio del suo fondatore, continuerà a trasmettere integralmente il deposito della fede e della morale cattolica romana, schierandosi apertamente contro tutti gli errori che vogliono deformarlo, senza tema di minacce o ingiuste sanzioni canoniche, poiché questo deposito né Mons. Semeraro, né alcun altro membro della gerarchia ecclesiastica potrà mai cambiarlo. Come dice San Pietro: “Occorre obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”.
Tutti coloro che desidereranno ricevere i sacramenti come la Chiesa li ha sempre amministrati, ricevere un catechismo autentico per i loro bambini, una formazione per gli adulti, una direzione spirituale e un conforto per i malati saranno sempre benvenuti.

Il Distretto d’Italia della Fraternità San Pio X

 tratto da:

domenica 26 ottobre 2014

"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: Una storia interna - II


   Numero CCCLXXIX (379)                                      25 ottobre 2014






  


“I piani migliori degli uomini finiscono spesso con l’abortire” *
Quando il Cielo parla, noi esseri umani dobbiamo obbedire.


Una storia interna - II


Quando l’idea di una Crociata del Rosario per la Consacrazione della Russia fu suggerita a Mons. Fellay, nel giugno del 2006, egli non sapeva ancora che tale idea era in realtà una direttiva della Madonna – la messaggera era stata troppo timida per dirglielo. Quindi egli non andò scientemente contro la volontà del Cielo, quando di ritorno in Svizzera dopo l’incontro con la messaggera, decise di riprendere l’idea di una Crociata, ma applicandola principalmente alla liberalizzazione della Messa tridentina, lasciando la Consacrazione della Russia tra le intenzioni secondarie. Così, come la Madonna disse alla sua messaggera, mentre lei avrebbe benedetto la prima Crociata come un segno che i messaggi venivano realmente da lei, questo non sarebbe stato una conferma che la liberalizzazione della Messa fosse ciò che lei voleva veramente. La vera risposta alla crisi della Chiesa e del mondo stava nella Consacrazione della Russia, come presto sarebbe stato reso ben noto al Vescovo.

Quindi, dato l’appoggio della Madonna, la prima crociata fu un successo inaspettato, sia per il numero di rosari recitati dal popolo, sia per l’adempimento del vecchio desiderio di Mons. Fellay, attuato dal Papa Benedetto XVI con la dichiarazione, nel suo Motu Proprio del luglio del 2007, che la Messa tridentina non era mai stata abrogata.

Tuttavia, già nel mese di agosto del 2006, la Madonna aveva detto alla sua messaggera di inviare a Mons. Fellay una lettera con la quale questa volta doveva  informarlo pienamente di tutti i dettagli della sua richiesta originaria, compreso il fatto che essa veniva dal Cielo. A questa lettera il Vescovo aveva risposto positivamente, dicendo che avrebbe usato la spinta dalla prima Crociata per lanciare la seconda, e che sarebbe stato meglio se egli stesso avesse preso in mano la questione. Ma un anno più tardi, da subito dopo il Motu Proprio e fino alla fine del 2007, la Madonna disse alla sua messaggera di scrivergli ancora più di una volta, per ricordargli il suo desiderio che la seconda crociata dovesse essere propriamente dedicata alla Consacrazione della Russia.

Ma Mons. Fellay esitava ancora ad impegnarsi, così, ai primi del 2008, la Madonna ribadì con ancora maggiore insistenza la sua richiesta perché la crociata fosse dedicata alla Consacrazione. Il problema era che Mons. Fellay aveva a lungo lavorato sul suo piano per risolvere la crisi della Chiesa con una riconciliazione tra la Fraternità San Pio X e Roma, e la richiesta della Madonna non era in sintonia con quel piano. Pertanto, più progressi egli sembrava fare con i Romani verso la riconciliazione, più difficile diventava per lui mantenere la sua promessa di fare quello che la Madonna aveva chiesto, perché sapeva che tale richiesta avrebbe sconvolto i Romani. Infatti…

Fu quasi in quel periodo che la messaggera, conoscendo il motivo per cui il Vescovo continuava a temporeggiare sulla sua richiesta, chiese alla Madonna se il motivo non fosse che il vescovo non era sicuro che la richiesta venisse effettivamente dalla Madonna. “No”, fu la semplice risposta della Madonna, che abbassò la testa e la mosse delicatamente da un lato all’altro: “non è per questo”. La Madonna non disse quale fosse la vera ragione, ma solo che non era perché il Vescovo non credeva che fosse stata lei stessa a fare la richiesta.

Ci avviciniamo al culmine del dramma. Perché dramma fu. All’inizio del 2008, il messaggio della Vergine circa la Consacrazione della Russia stava diventando urgente, dal momento che  lei sapeva che il vescovo stava seriamente pensando di fare uso della seconda Crociata per i propri scopi. Questa volta voleva usarla per ottenere il secondo preliminare per i colloqui con Roma – la remissione delle cosiddette scomuniche dei quattro vescovi della FSSPX, comminate nel 1988.

                                                                                                                             Kyrie eleison.
                                                                                                                      

* “The best-laid plans of men gang aft agley” - famosa strofa di una poesia dello scozzese Robbie Burns - 1759 -1796)

© 2012 Richard N. Williamson. Tutti i diritti sono riservati.
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"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: Una storia interna - I


   Numero CCCLXXIX (379)                                      18 ottobre 2014






  

Se Maria ci dice come salvare la Chiesa,
Tutti gli altri mezzi ci lasceranno in asso.
.

Una storia interna - I

Nel 1917, la Madonna di Fatima disse chiaramente al mondo che la salvezza della Chiesa e del mondo (“un periodo di pace”) dipendeva da due cose: non solo dalla Consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato, da parte del Papa con tutti i vescovi del mondo, ma anche dal fatto che i cattolici facessero atto di riparazione al suo Cuore, facendo la Confessione e ricevendo la Comunione, meditando per 15 minuti e recitando un rosario ogni primo Sabato del mese. Quindi nessun cattolico pensi che non ci sia nulla che possa fare per aiutare la Chiesa e il mondo a venir fuori dall’attuale crisi spaventosa in cui entrambi si trovano. Ogni singolo cattolico, corrispondendo alla seconda richiesta della Madonna, aiuterà il Papa a corrispondere alla prima.

Ma la risposta a queste richieste della Madonna non è stata ancora sufficiente. Ad esempio, nel 1930, Papa Pio XI era ben consapevole di questa richiesta, ma non ha mai attuato la Consacrazione della Russia. Perché? Secondo Fra Michele della Trinità, nel secondo dei suoi tre eccellenti volumi su Tutta la verità su Fatima, fu perché Pio XI in quel tempo era impegnato nei contatti diplomatici con le autorità russe a Mosca e pensò che la sua diplomazia fosse un mezzo migliore per trattare con i comunisti, piuttosto che la Consacrazione della Madonna. Preferì il modo umano al divino per affrontare il problema, e così, naturalmente, il problema rimase irrisolto. Il mondo piombò nella Seconda Guerra Mondiale e la Chiesa fu lacerata all’interno dal Vaticano II.

Ora, si è venuto a sapere di una storia parallela negli ultimi dieci anni: la Madonna, attraverso una messaggera, avrebbe chiesto a Mons. Fellay che la Fraternità San Pio X realizzasse una Crociata del Rosario per pregare perché si compisse la consacrazione della Russia. Se questa storia è vera (come io e alcuni altri sacerdoti crediamo che sia), vale la pena di raccontarla in alcuni numeri di questi “Commenti”, non per screditare Mons. Fellay (la cui preferenza per i mezzi umani è comprensibile come quella di Pio XI - Dio giudicherà), ma per sottolineare quanto permanga urgente la Consacrazione della Russia, e in particolare la pia pratica dei primi cinque sabati, anche se quasi 100 anni più tardi. Ma è vera la storia? In particolare, quanto è affidabile la messaggera?

Io stesso mi sono imbattuto in lei diverse volte e credo che la sua storia abbia tutte le probabilità di essere vera, in primo luogo perché si tratta di una seria persona adulta che dà segno di dire la verità, ma soprattutto perché quella che lei racconta è una storia interna che corrisponde, e spiega, un gran numero di fatti e di eventi ben noti all’esterno, per così dire. Per quanto riguarda la messaggera i lettori hanno il diritto di diffidare del mio giudizio personale, ma circa la corrispondenza perfetta tra la storia interna e i fatti esterni, i lettori potranno giudicare da sé.

La storia comincia la Domenica del Buon Pastore del 2004, quando la Beata Vergine Maria apparve alla messaggera e le diede un messaggio da trasmettere al Vescovo della Fraternità San Pio X. In esso lei chiese che la FSSPX guidasse i fedeli in una Crociata del Rosario per la Consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato, la stessa Consacrazione che il Cielo sta chiedendo dagli anni 1920. Il convincimento, negli anni 2000, era che se questo fosse stato fatto come lei chiedeva, si sarebbero finalmente ottenute, attraverso di lei, le grazie per realizzare la tanto necessaria Consacrazione.

Nel giugno del 2006 la messaggera diede il messaggio personalmente a Mons. Fellay. Egli ne parlò con lei, ma non sapeva ancora che in realtà si trattava di una direttiva della Madre di Dio. E così sulla via del ritorno in Svizzera egli prese una prima decisione importante.
Come dicono gli americani, “Rimanete sintonizzati”!

Kyrie eleison.



© 2012 Richard N. Williamson. Tutti i diritti sono riservati.
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mercoledì 22 ottobre 2014

Paolo VI, Papa liberale



S. Ecc. Mons. Marcel Lefebvre

Paolo VI, Papa liberale




 
Ripreso dal libro di Mons. Marcel Lefebvre,
Lo hanno detronizzato,
ed. Amicizia Cristiana, Chieti, 2009, cap. XXXI, pp. 231-237

I neretti sono nostri


Forse voi vi domanderete: come è stato possibile questo trionfo del liberalismo a opera dei Papi Giovanni XXIII e Paolo VI, e a opera di un concilio, il Vaticano II?
Questa catastrofe è conciliabile con le promesse fatte da Nostro Signore a Pietro e alla sua Chiesa: «Le porte dell’Inferno non prevarranno contro di Essa» (Mt 16,18); «lo sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20)?

lo penso che non ci sia contraddizione. Infatti, nella misura in cui questi Papi e il Concilio hanno trascurato o rifiutato di porre in atto la loro infallibilità, di fare appello a quel carisma che è loro garantito dallo Spirito Santo a condizione che vogliano ben utilizzarlo, costoro hanno potuto commettere errori dottrinali o a più forte ragione consentire che il nemico penetrasse nella Chiesa col favore della loro negligenza o della loro complicità.
Fino a che punto furono complici?
Di quali mancanze furono colpevoli?
In quale misura la loro stessa funzione fu messa in dubbio?

È assolutamente evidente che un giorno la Chiesa giudicherà questo concilio, giudicherà questi Papi, dovrà pur farlo.
In particolare, come sarà giudicato papa Paolo VI?
Alcuni affermano che fu eretico, scismatico e apostata; altri credono di essere in grado di dimostrare che Paolo VI non poteva mirare al bene della Chiesa, e che di conseguenza non fu Papa: è la tesi della Sedes vacans.
Non dico che tali opinioni non abbiano qualche argomento a loro favore. Forse, potreste obiettarmi, fra trent’anni si scopriranno cose che erano nascoste, si scorgeranno meglio elementi che sarebbero dovuti balzare agli occhi dei contemporanei, affermazioni di questo Papa assolutamente contrarie alla tradizione della Chiesa, eccetera… Forse.
Ma non credo sia necessario ricorrere a questa spiegazione; penso addirittura che sia un errore seguire queste ipotesi.

Altri pensano, in maniera semplicista, che all’epoca ci furono due Papi: uno, quello vero, era imprigionato nei sotterranei del Vaticano, mentre l’altro, l’impostore, il sosia, sedeva sul trono di Pietro, per la disgrazia della Chiesa. Sono apparsi libri sui due Papi, fondati sulle rivelazioni di una persona posseduta dal demonio e su argomenti sedicenti scientifici, che assicurano, per esempio, che la voce del sosia non è quella del vero Paolo VI!
Altri infine pensano che Paolo VI non fu responsabile dei suoi atti, prigioniero com’era della sua cerchia, addirittura drogato, cosa che sembra risultare da parecchie testimonianze che mostrano un Papa fisicamente esausto, che bisogna sorreggere, eccetera… Soluzione anche troppo semplice a mio parere, perché in tal caso avremmo soltanto dovuto attendere un prossimo Papa. E noi abbiamo avuto (non parlo di Giovanni Paolo I che ha regnato solo un mese) un altro Papa, Giovanni Paolo II, che ha proseguito senza variazioni lungo la linea tracciata da Paolo VI.

La soluzione reale mi sembra un’altra, molto più complessa, penosa e dolorosa. Essa viene fornita da un amico di Paolo VI, il cardinale Daniélou. Nei suoi Mémoires, pubblicati da un membro della sua famiglia, il Cardinale dice esplicitamente: «È evidente che Paolo VI è un Papa liberale.»
Ed è la soluzione che sembra la più verosimile da un punto di vista storico: perché questo Papa è come un frutto del liberalismo, tutta la sua vita è stata impregnata dall’influenza degli uomini che lo circondavano o ch’egli ha preso per maestri e che erano dei liberali.
Egli non ha nascosto le sue simpatie liberali: al Concilio, i quattro uomini che nominò moderatori al posto dei presidenti designati da Giovanni XXIII furono, con il cardinale Agagianian, Cardinale di Curia senza personalità, i cardinali Lercara, Suenens e Dopfner, tutti e tre liberali e suoi amici. I presidenti furono relegati in secondo piano, al tavolo d’onore, e furono questi tre moderatori che diressero le discussioni del Concilio.
E allo stesso modo Paolo VI sostenne per tutto il Concilio la fazione liberale che si opponeva alla tradizione della Chiesa. Sono fatti noti.
Alla fine del Concilio Paolo VI ha ripetuto - ve le ho citate - le parole di Lamennais, testualmente: «la Chiesa non domanda che la libertà»; dottrina condannata da Gregorio XVI e da Pio IX!

Non si può negare che Paolo VI sia stato segnato profondamente dal liberalismo. Questo spiega l’evoluzione storica vissuta dalla Chiesa in questi ultimi decenni, e caratterizza molto bene il comportamento personale di Paolo VI.
Il liberale, ve l’ho detto, è un uomo che vive perpetuamente nella contraddizione: afferma i princìpi, ma fa il contrario, è perpetuamente nell’incoerenza.
Lasciatemi citare alcuni esempi di questi binomi tesi-antitesi che Paolo VI eccelleva nel porre come altrettanti problemi insolubili che riflettevano il suo spirito ansioso e paradossale: l’Enciclica Ecclesiam suam, del 6 agosto 1964, che è la carta del suo pontificato, ne costituisce un paradigma:

«Se davvero la Chiesa, come Noi dicevamo, ha coscienza di quel che il Signore vuole che essa sia, sorgono in lei una singolare pienezza e un bisogno di espressione, con la chiara coscienza di una missione che la oltrepassa e di una novella da diffondere. È l’obbligo di evangelizzare. È il mandato missionario. È il dovere di apostolato [ ... ] Noi lo sappiamo bene: “andate dunque, insegnate a tutte le nazioni” è l’ultimo comandamento del Cristo ai suoi Apostoli. Costoro definiscono la loro irrecusabile missione col nome stesso di Apostoli.»

Questa è la tesi, ed ecco l’antitesi, immediatamente:

«A proposito di questo impulso interiore di carità che tende a tradursi in un dono esteriore, Noi utilizzeremo il nome, oggi divenuto consueto, di dialogo. «La Chiesa deve entrare in dialogo col mondo nel quale essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione.»

Infine viene il tentativo di sintesi, che non fa che consacrare l’antitesi:

«[ ... ] Ben prima di convertire il mondo, anzi, per convertirlo, bisogna avvicinarlo e parlargli.» (1)

Più gravi e più caratteristiche della psicologia liberale di Paolo VI sono le parole con le quali affermò, dopo il Concilio, la soppressione del latino nella liturgia; dopo aver ricordato tutti i vantaggi del latino, lingua sacra, lingua fissa, lingua universale, chiede, in nome dell’adattamento, il “sacrificio” del latino, pur ammettendo che questa sarà una grande perdita per la Chiesa!
Ecco le parole stesse di Paolo VI, riportate da Louis Salleron nella sua opera La nouvelle messe (2):

Il 7 marzo 1965, dichiarava ai fedeli raccolti in piazza San Pietro: «È un sacrificio che la Chiesa compie, rinunciando al latino, lingua sacra, bella, espressiva, elegante. Essa ha sacrificato secoli di tradizione e di unità della lingua per un’aspirazione sempre più grande all’universalità.»

E il 4 maggio 1967 questo “sacrificio” veniva consumato, con l’Istruzione Tres abhinc annos che stabiliva l’uso della lingua volgare per la recita, a voce alta, del Canone della messa.
Questo “sacrificio”, nello spirito di Paolo VI, sembra sia stato definitivo.
Lo spiegò nuovamente, il 26 novembre 1969, presentando il nuovo rito della messa:

«Non è più il latino, ma la lingua corrente che sarà la lingua principale della messa. Per chiunque conosca la bellezza, la forza del latino, la sua capacità di esprimere le cose sacre, sarà certamente un grande sacrificio vederlo sostituito dalla lingua corrente. Noi perdiamo la lingua di secoli cristiani, diventiamo come degli intrusi e dei profani nell’ambito letterario dell’espressione sacra. Perdiamo dunque in gran parte questa mirabile e incomparabile ricchezza artistica e spirituale che è il canto gregoriano. Abbiamo certamente motivo di provarne rimpianto e quasi smarrimento.»

Tutto doveva dunque dissuadere Paolo VI dal compiere questo "sacrificio" e indurlo a mantenere il latino.
Ma no; compiacendosi del suo “smarrimento” in un modo singolarmente masochista, agirà al contrario dei princìpi che ha appena enumerato, e decreterà il “sacrificio” in nome della “comprensione della preghiera”, argomento specioso che fu solo il pretesto dei modernisti.

Il latino non è stato mai un ostacolo alla conversione degli infedeli o alla loro educazione cristiana, anzi tutto il contrario: i popoli semplici dell’Africa e dell’Asia amano il canto gregoriano e questa lingua unica e sacra, segno della loro appartenenza alla cattolicità. E l’esperienza prova che proprio dove il latino non fu imposto dai missionari della Chiesa latina, vennero deposti germi di scismi futuri. Paolo VI pronunzia dunque la contraddittoria sentenza:

«La risposta sembra banale e prosaica - dice - ma è buona, perché umana e apostolica. La comprensione della preghiera è più preziosa dei vetusti indumenti di seta dei quali essa si è regalmente adornata. Più preziosa è la partecipazione del popolo, di questo popolo di oggi che vuole gli si parli chiaramente, in una maniera intelligibile ch’esso possa tradurre nel suo linguaggio profano. Se la nobile lingua latina ci taglia fuori dai bambini, dai giovani, dal mondo del lavoro e degli affari, se essa è uno schermo opaco invece che un cristallo trasparente, faremmo bene i calcoli, noi pescatori d’anime serbandole l’esclusiva nel linguaggio della preghiera e della religione?»

Che confusione mentale, ahimè!
Chi m’impedisce di pregare nella mia lingua?
Ma la preghiera liturgica non è una preghiera privata, è la preghiera di tutta la Chiesa.
Per di più, altra deplorevole confusione, la liturgia non è un insegnamento rivolto al popolo, ma il culto rivolto dal popolo cristiano a Dio. Una cosa è il catechismo, un’altra la liturgia! Non si tratta, per il popolo raccolto in Chiesa, “che gli si parli chiaramente”, ma che questo popolo possa lodare Dio nel modo più bello, più sacro, più solenne che c’è!
«Pregare Dio al di sopra della bellezza», questa era la massima liturgica di san Pio X. Come aveva ragione!

Vedete, il liberale è uno spirito paradossale e confuso, ango¬sciato e contraddittorio. Appunto questo fu Paolo VI.
Louis Salleron lo spiega benissimo, quando descrive l’aspetto fisico di Paolo VI: dice che "ha due facce". Non parla di doppiezza, giacché questo termine esprime un’intenzione perversa di ingannare, che non era presente in Paolo VI.
No, è un personaggio doppio, il cui viso combattuto esprime la duplicità: ora tradizionale a parole, ora modernista nelle sue azioni; ora cattolico nelle sue premesse, nei suoi princìpi e ora progressista nelle sue conclusioni, non condannando quel che dovrebbe condannare e condannando quel che dovrebbe conservare!

Grazie a tale debolezza psicologica, questo Papa ha offerto un’occasione d’oro, una possibilità notevole ai nemici della Chiesa di servirsi di lui: pur mantenendo un volto (o mezzo volto, come si preferisce) cattolico, non ha esitato a contraddire la tradizione, si è mostrato favorevole al cambiamento, ha battezzato mutamento e progresso, e in tal modo è andato nel senso di tutti i nemici della Chiesa, che lo hanno incoraggiato.
Non si vide un giorno, nel 1976, la “Izvestia”, organo del partito comunista sovietico, esigere da Paolo VI, in nome del Vaticano II, la mia condanna e quella di Ecône?
Allo stesso modo, il giornale comunista italiano “L’Unità” espresse una richiesta dello stesso tenore, dedicandovi una pagina intera, all’epoca del sermone che io pronunciai a Lille il 29 agosto 1976, tanto era furioso per i miei attacchi contro il comunismo! «Prendete coscienza - vi si scriveva rivolgendosi a Paolo VI - prendete coscienza del pericolo che rappresenta Lefebvre, e proseguite nel magnifico movimento di avvicinamento iniziato con l’ecumenismo del Vaticano II.»
È un po’ imbarazzante avere amici come questi, non vi pare?
Triste applicazione di una regola che abbiamo già riscontrato: il liberalismo porta dal compromesso al tradimento.

La psicologia di un tal Papa liberale può essere concepita con relativa facilità, ma è ben difficile da sopportare!
Ci pone in effetti in una situazione molto delicata nei confronti di un capo del genere, si tratti di Paolo VI o di Giovanni Paolo II … In pratica il nostro atteggiamento deve fondarsi su un discernimento preliminare, reso necessario dalle straordinarie circostanze di un Papa guadagnato al liberalismo.
Ecco questo discernimento: quando il Papa dice qualcosa che è conforme alla tradizione, noi lo seguiamo; quando dice qualcosa che va contro la nostra fede, o che incoraggia, o che lascia fare qualcosa che nuoce alla nostra fede, allora noi non possiamo seguirlo! E questo per la ragione fondamentale che la Chiesa, il Papa, la gerarchia sono al servizio della fede. Non sono loro che fanno la fede, essi devo¬no servirla. La fede non si fa, essa è immutabile, si trasmette.
Per questo motivo noi non possiamo seguire gli atti di questi Papi che si sono prefissi lo scopo di confermare un’azione che va contro la tradizione: se lo facessimo, noi collaboreremmo all’autodemolizione della Chiesa, alla distruzione della nostra fede!

Ed è chiaro che quel che ci viene incessantemente richiesto, completa sottomissione al Papa, completa sottomissione al Concilio, accettazione di tutta la riforma liturgica, va in un senso contrario alla tradizione, nella misura in cui il Papa, il Concilio e le riforme ci trascinano lontano dalla tradizione, come i fatti dimostrano ogni anno di più. Dunque chiederci questo significa chiederci di collaborare alla sparizione della fede. Impossibile!

I martiri sono morti per difendere la fede; abbiamo l’esempio di cristiani gettati in carcere, torturati, mandati nei campi di concentramento per la loro fede! Un grano d’incenso offerto alla divinità e, oplà, avrebbero avuto salva la vita.

Una volta mi venne consigliato: «Firmate, firmate che accettate tutto, e poi continuate come prima!»
No! Non si gioca con la propria fede!



NOTE
1) Documents pontificaux de Paul VI, cit., pp. 677-679.
2) L. Salleron, La nouvelle messe, Nouvelles éditiones latines, Paris, 1976, 2a edizione, p. 83.





tratto da: http://www.unavox.it/

martedì 21 ottobre 2014

Contro i Sinodali





Il documento finale ricorre a un artificio per salvare la faccia dottrinale, non credo in una composizione teologica significativa
di Alessandro Gnocchi

 Sarà pure il sinodo a essere “mala bestia” pari al senato della Roma d’un tempo. In ogni caso, quanto a dottrina cattolica, riesce difficile dare etichetta di “boni viri” a un buon numero di padri sinodali, come Cicerone poteva fare invece con i suoi senatori. Non sono “boni” quei “viri” sinodali che, riuniti per parlare della famiglia, hanno pensato, scritto e proclamato al mondo, gaudium magnum, tutta la virulenza rivoluzionaria dell’ormai celebre “Relatio post disceptationem”. Comunque ora la “Relatio” venga emendata, attenuata, purificata, rimane il fatto che vescovi e cardinali di Santa Romana Chiesa abbiano potuto mettere nero su bianco un programma di desistenza alle voglie del mondo capace di sorprendere persino la stampa volterriana e quella cattolaicista.
Prima o poi, doveva venire in superficie quello scisma sommerso di cui tanti bravi cattolici, per amore della chiesa, stentavano ancora a parlare. La spericolata operazione dei presunti “boni viri” sinodali ha quanto meno il pregio involontario di fare chiarezza. Se, in un’assemblea come il Sinodo sulla famiglia, alla presenza del papa, vengono prodotti documenti in cui si certificano semi di santificazione in ogni genere di peccato in materia sessuale, sorge il fondato sospetto che le chiese radunate in quella santa assise siano almeno due. Passati per le maglie magari un po’ strette dell’evangelico “sì sì, no no”, tesi, argomentazioni e programmi si mostrano sempre per quello che sono, cattolici o non cattolici, compatibili o incompatibili con il deposito della fede.
Seppure nella “Relatio Synodi” finale e nella discussione che durerà fino al “Sinodo ordinario” del prossimo ottobre si ricorra all’artificio di salvare la dottrina dedicandosi a “scelte pastorali coraggiose”, rimangono i fatti. Rimane l’evidenza che chi intende mutare la pastorale ha già mutato la dottrina, poiché non è dato di immaginare una prassi sganciata dalla teoria. E i rivoluzionari, che di prassi se ne intendono, lo sanno bene. In tutta parresia, i cosiddetti “boni viri” che hanno redatto la “Relatio” di medio termine difficilmente posso affermare con San Paolo “tradidi quod et accepi”. Non stanno trasmettendo al loro gregge ciò che, viste le date di nascita, hanno ricevuto.
Ma, a questo punto, non regge neanche il tentativo di instillare nel popolo di Dio, che è pecora e non bue, l’ermeneutica delle convergenze teologiche parallele. Diventa grottesco dipingere un orbe cattolico in cui vescovi e cardinali litigano con vescovi e cardinali solo perché non si sono chiariti su certi termini e, alla fine, ciascuno troverà la sua collocazione sotto il misericordioso cupolone della nuova chiesa di papa Francesco. I rivoluzionari non sono anarchici barbuti che hanno esaurito il loro compito una volta gettata la bomba sulla carrozza del re. Sono intellettuali freddi e pazienti consapevoli che, se non è possibile l’immediata presa del palazzo, è buona anche la semina del piccolo germe da cui sorgerà a suo tempo l’alba radiosa.
 In tale temperie, l’unica ermeneutica possibile è quella forse un po’ brutale applicata con frutto da Domenico Giuliotti nel ribollire modernista che chiamava “L’ora di Barabba”, pullulante di “sottane di preti, infrittellate di razionalismo, che forse volevan diventare ‘pantaloni ecclesiastici’ evitando la sartoria protestante” e “finirono tra i panni sudici”. In quell’ora rivoluzionaria, pallido presagio di quanto è dato vedere oggi, il gran fustigatore del tiepidume cattomondano diceva: “Ciò che non è assolutamente cristiano, vale a dire assolutamente cattolico, è assolutamente brutto, ingiusto, falso, sporco. Non indulgo a mezze tinte. O bianco o nero, o sì o no. Chi dice: forse mi ripugna”.
Le “scelte pastorali coraggiose” invocate dai novatori sono figlie della dottrina delle “mezze tinte” e di quel “forse” che inquietavano Giuliotti. Solo tre parole, “scelte pastorali coraggiose”, che son ben di più di un prologo alla sequela di casi su cui necessiterebbe un nuovo e più misericordioso sguardo. Portano nel cuore una sorta di liberatoria ribellione contro la presunta ingiustizia di un Dio che ha voluto il mondo così com’è. E non c’è piazza migliore di quella intitolata alle libertà sessuali per dare corpo a tale rivolta. Nel fluviale e labirintico romanzo “Gli strumenti delle tenebre”, Anthony Burgess fa invocare al protagonista, lo scrittore omosessuale Kenneth Marchal Toomey, una “trasformazione del cristianesimo” in cui “i due dèi si fondessero in uno. Il Dio che mi creò malato e il Dio che mi ordina di essere sano. (…) Il Dio della mia natura e il Dio della mia moralità ortodossa”.
Fatta salva la grana letteraria non proprio fina, potrebbe averlo scritto Marchal Toomey che “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”. Ancora lui potrebbe essersi chiesto “Siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?”. Invece, sono parole di vescovi e cardinali a cui non si può perdonare l’uso equivoco del concetto di natura comprensibile nell’urlo senza risposta di un romanziere omosessuale. L’essenza dell’uomo, la natura, precede la persona, ha vincoli e doveri che sopravanzano i diritti dell’individuo, non dipende dalle pulsioni dell’istinto ma da regole razionali che presiedono anche la moralità. Non è invocando l’accordo tra due dèi diversi ed entrambi malvagi, uno della legge e l’altro degli istinti, che l’uomo trova la propria unità. Qualunque sia la sua condizione, l’uomo trova quiete solo riconoscendo la saggezza dell’unico Dio, buono e ragionevole, in cui tutto ha origine e compimento.
Quello del personaggio creato da Burgess non è un equivoco nuovo sotto cielo cristiano. Nel IV secolo Evagrio Pontico diceva nel “De diversis malignis cogitationibus” che “il pensiero demoniaco acceca l’occhio sinistro dell’anima, quello che si dedica alla contemplazione del creato”. Questo, aggiungeva negli “Scholia in Psalmos”, produce una “errata conoscenza della cose stesse o della loro contemplazione, e l’accusa al Creatore di essere ingiusto e non sapiente”. Dunque, toccherebbe all’uomo porre rimedio a una creazione imperfetta attraverso atti misericordiosi che sanino le ferite provocate da una legge dura e ingiusta che condanna invece di salvare.
E’ la buona novella del “Chi sono io per giudicare?”, dell’ospedale da campo in cui i medici non vanno per il sottile, del pascolo in cui il pastore si accontenta di avere lo stesso odore delle pecore. E’ la chiesa che, in nome di papa Francesco e senza mai essere smentita, durante il Sinodo sulla famiglia ha portato in luce la spaccatura che pietosamente per decenni era stata celata. Una chiesa che fa tremare pensando al momento del “Roma locuta”.
Pur gradita al mondo, una chiesa simile difficilmente potrà sanarne le ferite poiché nasconde l’origine della malattia, il peccato. Tolta l’impellenza della conversione e della rinuncia a satana, l’uno e l’altra finiscono per incontrasi in un accidioso convivio sotto il segno del demone meridiano, quel sortilegio in cui si vive solo per compiacersi del proprio malessere. Ma non è colpa del mondo, povera preda di un male che solo l’incisione affilata e incandescente del verbo cristiano sapeva curare chiamandolo con il suo nome. Nella guerra che la chiesa gli muoveva per la sua salvezza, trovava almeno una vena di linfa vitale. Ora, nella pace, non la scorge più, eppure ne ha sete, molto più che della misericordiosa condiscendenza. Ma il cristianesimo mondano, quello delle “scelte pastorali coraggiose” non ha più di questa acqua. Così il secolo, che coltiva nel suo intimo il desiderio di sentirsi peccatore pur negando l’idea del peccato, si trova smarrito davanti a cristiani che non si sentono peccatori perché quell’idea l’hanno dimenticata.
La voglia matta di mondo che oggi non esita a mostrarsi anche nei sacri consessi ha cominciato a fiorire nei giardini segreti delle anime quando i cristiani hanno preso a coltivare i fiori malati dei piccoli reati contro Dio e li hanno concimati con il compiacimento per la propria fragilità. “Quelli che commettono spesso peccati leggeri” ammoniva San Gregorio Magno “non devono considerare la qualità dei loro peccati, ma la loro quantità. Se non li impensierisce la gravità, li spaventerà il numero. (…) chi trascura di piangere e schivare i peccati leggeri cadrà non già di colpo, ma un po’ alla volta, dallo stato di giustizia a quello mortale”.
Il calendario liturgico è un rosario fiorito di santi che hanno fatto della loro vita la lotta anche alla più piccole delle offese a Dio. Fin sul limitare degli Anni Sessanta del secolo scorso, la vita ascetica del fedele ordinario aveva a modello esempi come San Domenico Savio, che avrebbe preferito morire piuttosto che macchiarsi di una sola colpa lieve. La formazione spirituale era fondata sull’alternativa radicale tra salvezza e dannazione eterne e generava pensieri, parole e opere che oggi il mondo vorrebbe tanto ammirare nei cristiani che, invece, ne sono atterriti. Pensieri, parole e opere, per esempio, come quelli che Sant’Ambrogio depose nell’eloquente “De bono mortis”, il bene della morte: “E l’Ecclesiate dice ancora ‘il mio cuore è andato in giro affinché io potessi conoscere la gioia dell’empio e considerassi e cercassi la sapienza e la moderazione, e conoscessi la felicità attraverso il comando, nonché i travagli e gli avvilimenti, e conobbi questa felicità come più amara della morte’: questo non perché la morte sia in sé amara, ma poiché lo è per l’empio. E’ infatti peggio vivere per il peccato che morire nel peccato, poiché quanto più a lungo l’empio vive, tanto più aumenterà il suo peccato, ma se muore cessa di peccare”.
Generazioni di cristiani si sono formate lungo i secoli su questo tema ascetico. Nobili destinati allo splendore delle corti e capaci di portare i cilici sotto vesti da fiaba, contadini, operai e mendici a cui facevano da cilicio i panni e la fatica quotidiani. Tutti animati dallo stesso fervore, segnati dalla stessa luce catturata negli interni del Caravaggio, nel sorriso delle Madonne di Raffaello, nell’immobilità delle scene di Piero della Francesca, negli azzurri di Giotto o negli ori di certe icone dipinte nelle aurore russe. Ma anche il più spirituale dei capolavori, riesce a descrivere solo in piccola parte ciò che il fervore e la purezza producono nelle creature. “Primieramente” scrive Pietro Giacomo Bacci nella biografia di San Filippo Neri “il verginal candore era tale che gli risplendeva anche nel volto, ed in particolare negli occhi: i quali aveva eziandio negli ultimi anni della sua vita, come di giovanetto, così chiari e risplendenti, che non si è trovato mai pittore che gli abbia mai potuti ben esprimere con il pennello, ancorché molti con ogni diligenza vi abbiano provato; non si poteva in oltre così facilmente fissar la vista nella sua faccia; avvegnacché se gli vedeva uscir dagli occhi come una luce che ripercoteva negli occhi di chi lo mirava; sicché alcuni han detto che solamente in guardarlo sembrava un angelo di paradiso”.
Quando usavano ancora dire il buon breviario, i cattolici davano forma liturgica alla necessità di porsi al rifugio dalle colpe anche veniali negli splendidi inni risalenti all’epoca ambrosiana. A ciascuna ora canonica il suo, a seconda di ciò travaglia le anime in quel frangente della giornata. “Lingua refrénans témpert” recita la seconda strofa dell’ora Prima, quando l’astro del giorno è già sorto, “Ne litis horror ínsonet: visum fovéndo cóntegat, ne vanitátes háuriat”, Dio moderi e freni la lingua, affinché non risuoni l’orrore delle liti, custodisca e contenga lo sguardo perché non raccolga alcuna vanità. E a Compieta, subito dopo l’esame di coscienza e il “Confiteor” in cui chiede perdono a Dio onnipotente, alla beata Maria sempre Vergine, a San Michele Arcangelo, a San Giovanni Battista, ai santi apostoli Pietro e Paolo, a tutti i santi e fino all’ultimo dei fratelli, l’orante invoca il soccorso divino in vista del sonno: “Procul recédant somnia, et nóctium phantásmata; hostémque nostrum cómprime, ne polluántur córpora”, fuggano lontano da noi i sogni e i fantasmi della notte, reprimi il nostro nemico affinché il nostro corpo non sia macchiato.
Il cristiano che spia lussuriosamente il mondo, invece, ha finito per convincersi che la fede non sia vera se non si accompagna al dubbio. Un credente autentico, insegnano i pastori che si riconoscono nelle nuove aperture sinodali, deve assaporare dentro di sé l’esistenza dell’ateo: per essere santi bisogna essere anche grandi peccatori. Così, il peccato viene presentato in una nuova e “coraggiosa” valutazione pastorale, assume il nome malaticcio e fascinoso di “fragilità”, scava nelle anime, si fa coccolare e monopolizza la vita e il pensiero, la prassi e la dottrina.
In tal modo, il cerchio si chiude su un panorama in cui fede e ragione hanno intrinsecamente bisogno del negativo: l’errore diventa un valore per la gnoselogia, l’eresia per la dottrina, il peccato per la morale. Non è un caso se uno dei personaggi più luminosi della letteratura come la Lucia dei “Promessi sposi”, esemplare incarnazione letteraria del fervore, è divenuta incomprensibile ai cattolici contemporanei. C.S. Lewis aveva previsto tale esito nelle “Lettere di Berlicche”. Era solo il 1942 quando narrava le istruzioni del diavolo Berlicche al nipote Malacoda, comandato a pilotare la perdizione di un neoconvertito: “In una settimana o due gli metterai il dubbio che forse nei primi giorni della sua vita cristiana egli era un pochino eccessivo. Parlagli della ‘moderazione in tutto’. Se ti riuscirà di condurlo al punto di pensare che ‘la religione, sì, va bene, ma fino a un certo punto’, potrai sentirti felicissimo nei riguardi della sua anima. Per noi una religione moderata vale quanto una religione nulla, ed è più divertente”.
Ma Berlicche e Malacoda, appunto, non erano padri sinodali.
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fonte: Il Foglio, 21 ottobre 2014

giovedì 16 ottobre 2014

19 ottobre 2014 - Paolo VI Beato? NO!

                           Paolo VI Beato? NO!


Con riferimento alle pubblicazioni illustrate di fianco, e mai confutate da nessuno, abbiamo il diritto di affermare:







Mons. Giambattista Montini era omosessuale,(schedato dall’Ovra di Milano sin dal 1926) e rimase tale fino al termine della sua vita. Nel 1997, il card. Pietro Palazzini inviò una lettera al Postulatore della causa di beatificazione comunicandogli i nomi degli ultimi tre amanti di Paolo VI.
Mons. Giambattista Montini, per questo suo vizio impuro contro natura, fu spesso ricattato da privati, da servizi segreti e dalla Massoneria. Paolo VI, inoltre, invase la Chiesa di Cristo di Prelati omosessuali che hanno spesso radicato, PROMOSSO E PROTETTO QUESTA PRATICA NELLA CHIESA.

                              SCARICA IL VOLUME INTERO


 tratto da:  http://www.chiesaviva.org/




 «È caduta, è caduta
Babilonia la grande...
Poiché diceva in cuor suo:
io sono regina;
vedova non sono
e lutto non vedrò;
per questo, in un sol giorno,
verranno su di lei questi flagelli:
morte, lutto e fame,
sarà bruciata dal fuoco,
poiché potente Signore è Dio
che l’ha condannata»!
(Apocalisse: cap- 18-2,8)


"Commenti Eleison" di Mons. Williamson - Numero CCCLXXVIII - 378 (Italiano)



Commenti Eleison di Sua Eccellenza Richard Williamson
Numero CCCLXXVIII (378)
11 ottobre, 2014

Nuovo Sito Web

Nella Festa della Madonna del Rosario è stato aperto su Internet un nuovo sito web che potrà seriamente interessare i lettori abituali di questi “Commenti Eleison”: www.stmarcelinitiative.com. Esso presenterà l’ultimo numero e tutti i numeri arretrati dei “Commenti” in inglese e in italiano a partire dal 2007, e l’ultimo numero e i numeri arretrati degli ultimi cinque anni o giù di lì in francese, tedesco e spagnolo. E per i lettori che alla lettura sul monitor preferiscono quella su carta, il sito offrirà diverse possibilità di scegliere i numeri arretrati e stamparli insieme.
Una seconda sezione del sito, “Libri e Conferenze”, metterà a disposizione le conferenze registrate e i sermoni di Mons. Williamson, copie su carta dei primi due dei quattro volumi delle sue “Lettere del Rettore”, scritte negli Stati Uniti tra il 1983 e il 2003, e tutti i seminari di letteratura esistenti del dottor David White. Anche qui, la moderna elettronica offrirà una varietà di modi per individuare e scaricare queste registrazioni, poche delle quali però sono anche in video. Gli ordini di acquisto possono essere fatti anche telefonicamente al numero +1 844 SMI SHOP, cioè 1 (844) 764–7467.
I cattolici – e non cattolici! – che non hanno ancora familiarità con le registrazioni di letteratura del dottor White potranno cogliere questa opportunità per vedere come egli usi i classici della letteratura mondiale come un ponte per collegare la Fede al mondo che ci circonda. Il divario tra i due cresce ogni giorno di più. I cattolici conciliari hanno cercato di adattare la Fede di ieri al mondo di oggi e in questo processo molti di loro hanno perso la Fede. I cattolici tradizionali sono portati a disprezzare sia il mondo odierno come irrimediabilmente perdu to, sia la letteratura mondiale come irrimediabilmente “non spirituale”, e in questo processo la Fede di tanti di loro ha finito con lo staccarsi molto dalla realtà. Il dottor White ha sia una fede forte, sia una salda presa sul mondo reale che ci circonda oggi, e la sua padronanza della letteratura mondiale gli ha permesso di fornire un senso di entrambe, utile per innumerevoli anime, vecchie e giovani, che diversamente provano una disperata sensazione di schizofrenia. Fortemente consigliato.
Una terza sezione del sito riguarda le “donazioni”. Anche qui sono presenti diversi mezzi elettronici per fare delle donazioni, che aiuteranno a mantenere, si spera, un’oasi di buon senso in mezzo all’odierna desolazione di assurdità. Questo consentirà ai benefattori di donare con facilità quello che vogliono, quando vogliono, come vogliono. Per impostare il sito web, abbiamo dovuto trovare dei fondi. Pensiamo che esso dimostrerà ; che ne è valsa la pena e intanto potrà essere un motivo in più perché noi si faccia appello alla vostra generosità. Vi ringraziamo in anticipo.
Una quarta sezione è intitolata “Informazioni”. In essa si spiegherà un po’ la St. Marcel Initiative, il funzionamento del sito, e ciò che Mons. Williamson ha fatto e spera di fare. Tuttavia, le notizie dei suoi impegni futuri dovranno essere fornite con una certa cautela, perché egli non ha solo amici in questo mondo.
Internet presenta gravi inconvenienti e pericoli, ma non c’è dubbio che, grazie alla sorprendente varietà di mezzi elettronici, in esso possono essere trovate delle verità introvabili in altri posti. Ci auguriamo che questo nuovo sito apporti un contributo a questa piattaforma di verità. È stato necessario raccogliere una gran quantità di lavoro e, oltre all’apporto di molti operatori, è stato indispensabil e il contributo di molti benefattori. Ringraziamo di cuore tutti gli interessati. Che Dio ripaghi ognuno di loro, e ognuno di voi.
Kyrie eleison.

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lunedì 13 ottobre 2014

SINODO E' SCISMA, E DOMENICA 19 OTTOBRE BERGOGLIO BEATIFICA PAOLO VI

   
                                                    

                                                             SCISMA!

Sinodo: svolta su divorziati e gay; Francesco, "la Chiesa si apra"


"Le persone omosessuali hanno  doti e qualita' da offrire alla comunita' cristiana". Con queste parole, contenute nella "Relatio post-disceptationem" del Sinodo, la ChiesaCattolica ha avviato oggi una vera e propria "conversione pastorale" che  appare clamorosa specie in un paese come l'Italia dove i vescovi si erano opposti ai Dico: "senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto - si legge infatti nella 'Relatio' proposta dal presidente dei vescovi europei Peter Erdo - che  vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un  appoggio prezioso per la vita dei partners".


Sinodo Famiglia, il cardinal Erdö: “Garantire accoglienza agli omosessuali”

Dal Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia arriva un 

vero e proprio terremoto per la Chiesa cattolica. Il relatore 

generale Peter Erdo: “Senza negare le problematiche morali 

connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono

casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce 

un appoggio prezioso per la vita dei partners”

 

                     UN VERO TRADIMENTO! 



13 ottobre 2014, anniversario dell'ultima

 

Apparizione della Madonna a Fatima il 

 

Sinodo  bergogliano che sdogana di fatto

 

adulterio, concubinato e omosessualità

 

edapre le porte alla profanazione della

 

SS.ma Eucaristia, con un effetto domino

 

dirompente.

 

Qualcuno ha ancora dei dubbi sulla
natura della Terza parte del Segreto?


 Comunicato stampa del 13 ottobre 2014
 
Una nuova chiesa conciliare Beato
 
Domenica 19 Ottobre, dopo il Sinodo spaventoso sulla Famiglia, Papa Francesco condurrà la "beatificazione" di Paolo VI.
I sacerdoti della sacerdotale dell'Unione Marcel Lefebvre desiderano esprimere pubblicamente la loro indignazione e la disapprovazione di questo nuovo scandalo Francis, che è sia una parodia e un abominio.
- Una farsa, perché è evidente che la Chiesa cattolica non può essere messo sugli altari dei papi che propagano una nuova religione che porta molte anime all'apostasia. L'atto di Francesco, il 19 ottobre, sarà nullo, e che era nullo il 27 aprile, quando ha affermato Francesco canonizza Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Non ci sarà più "beato Paolo VI" dopo il 19 ottobre, che ci sia un "Giovanni XXIII" o "Giovanni Paolo II" dal 27 aprile. Può essere solo pseudo beatificazione o canonizzazione di pseudo-e dei "miracoli", scelto per le "cause" del "beato" e "santi" della chiesa conciliare può essere solo pseudo-miracoli .
- Un abominio agli occhi di Dio, per Paolo VI, purtroppo, rimangono nella storia della Chiesa il Papa della nuova Messa e il Concilio Vaticano II: farlo adottare - illegalmente - un rito che "parte drammaticamente, tutto come i dettagli della teologia cattolica della Messa "(recensione a breve critica); ha imposto a sacerdoti e fedeli che l'Arcivescovo Lefebvre chiamava nel suo sermone di Lille (29 agosto 1976), la "massa bastardo." Ha presieduto tre delle quattro sessioni del Concilio Vaticano II e promulgato tutti i testi di questo Consiglio, che l'Arcivescovo Lefebvre ha dichiarato che è "il peggior disastro" nella storia della Chiesa. (Introduzione al suo libro hanno detronizzato.)
Tradimento "graduale"
Questo è l'approccio di questo scandalo, e pochi mesi dopo il 27 aprile il Superiore Generale della Fraternità San Pio X ha incontrato il cardinale Müller 23 settembre per un "cordiale colloquio". La dichiarazione vaticana ha detto - non che il Vescovo Fellay ha espresso dissenso - che 's parte [...] hanno convenuto di procedere per gradi, ma entro un tempo ragionevole per superare le difficoltà. E nella prospettiva desiderata della piena riconciliazione. "Chiaramente, ci viene detto un rally nei passaggi, o piuttosto una incrementi di tradimento. Il pericolo sta diventando sempre più evidente; dobbiamo sinceramente pregare per i sacerdoti, religiosi e fedeli della Tradizione che sono consapevoli sanno coraggiosamente trarre le conseguenze.
Quanto a noi, sacerdoti dell'Unione Sacerdotale, crediamo, per l'esempio di monsignor Marcel Lefebvre, senza compromessi continuare la buona battaglia della fede, per l'onore di Dio e la salvezza delle anime. Su questo anniversario del grande miracolo di Fatima, abbiamo messo la nostra società sotto la protezione della Regina del Santissimo Rosario, "forte come un esercito schierato in battaglia."

 

da: http://francefidele.fr/?p=443

"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: AVVISO


   Numero CCCLXXVIII (378)                                 11 ottobre, 2014






  
Il Commento di questa settimana (CCCVXXVIII) sarà  ritardato di un paio di giorni, in attesa di un annuncio speciale che speriamo di diffondere all’inizio di questa settimana. Grazie per la vostra pazienza.