martedì 30 luglio 2013

Francesco spara a zero sui Francescani dell’Immacolata e vieta loro la Messa di sempre!

 
 Francesco spara a zero sui Francescani dell’Immacolata e vieta loro la Messa di sempre!

da:Corrispondenza Romana

Francescani dell’Immacolata e la crisi della Chiesa: perché non si può tacere

 

(di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro) Come accade spesso nelle tragedie, sono i particolari a dare l’idea della loro enormità, e il caso del commissariamento dei Francescani dell’Immacolata non fa eccezione.
Il dettaglio è lì, verso il fondo del decreto della Commissione per gli Istituti di Vita Consacrata firmato dal segretario, il francescano Josè Rodriguez Carballo. Vi si dice: «Infine, spetterà ai Frati Francescani dell’Immacolata il rimborso delle spese sostenute da detto Commissario e dai collaboratori da lui eventualmente nominati, sia l’onorario per il loro servizio». Proprio così, con uno sfregio che evoca l’uso dei regimi totalitari di addebitare ai familiari dei condannati il costo delle pallottole usate per l’esecuzione. L’immagine potrà anche apparire forte, ma è la portata clamorosa dell’evento a suggerirla.
In una sola mossa, non vengono esautorati solo il fondatore di un ordine fiorente e i vertici che lo assistono, ma anche il Motu proprio di Benedetto XVI che liberalizza la celebrazione della Messa in rito gregoriano, il Pontefice che lo ha emanato e, in definitiva, la Messa stessa. Perché, dopo il dettaglio delle spese a carico della vittima di un provvedimento iniquo, arriva l’affondo finale: «il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni religioso della Congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata è tenuto a celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che, eventualmente, l’uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente autorizzata dalle competenti autorità, per ogni religioso e/o comunità che ne farà richiesta».
Essendo l’unico ordine esplicito contenuto nel documento, è dunque evidente che questo è il problema: la Messa in rito antico. E a cosa conduca il terribile vizio di celebrare tale rito lo spiega il commissario, padre Fidenzio Volpi, nella sua lettera di presentazione composta dal mite saluto «Pace e Bene!», da una chilometrica citazione dell’attuale Pontefice e da una sintetica chiusa che esordisce con un minaccioso «Credo di non dover aggiungere nulla a un pensiero così chiaro e così pressante di Papa Francesco».
Secondo padre Volpi, il terribile vizio del rito antico porterebbe al reato di lesa «ecclesialità»: un concetto che vuol dire tutto e niente. Forse, per comprendere che cosa contenga questo termine, bisogna por mente a che cosa è avvenuto a Rio de Janeiro durante la Giornata mondiale delle gioventù, proprio mentre i Francescani dell’Immacolata venivano commissariati. Basti pensare, per fare un solo esempio di quella che i media hanno battezzato «la Woodstock della Chiesa», alla grottesca esibizione dei vescovi che ballano il Flashmob guidati da un Fiorello di quart’ordine: uno spettacolo che neanche il Lino Banfi e il Bombolo dei tempi d’oro avrebbero saputo mettere in scena.
Se questa è «ecclesialità», si comprende perché i Francescani dell’Immacolata la violino costantemente: portano il saio, fanno digiuni e penitenza, pregano, celebrano la Messa, praticano e insegnano una morale rigorosa, vanno in missione a portare Cristo prima  dell’aspirina, non combattono l’Aids con i preservativi, hanno una dottrina mariana che poco piace ai fratelli separati di ogni ordine e grado. E poi sono poveri e umili con i fatti invece che con le parole. Stante tutto ciò, la risolutezza disciplinare nei confronti di questo istituto lascia attoniti solo fino a un certo punto. Certo, stupisce una simile durezza nel contesto della Chiesa contemporanea.
Una Chiesa nella quale, una volta squillata la campanella dell’intervallo, è iniziata una ricreazione alla quale nessuno ha potuto o voluto mettere fine. Nelle diocesi e nelle congregazioni religiose sparse per il mondo accade di tutto: si insegnano dottrine non cattoliche, si esalta la teologia della liberazione, si sconvolgono le discipline e le regole di ordini millenari, si contesta l’autorità della Chiesa.
Ci sono intere “chiese nazionali” che firmano in massa appelli per l’abolizione del celibato, o per il sacerdozio femminile, chiese nelle quali il concubinato abituale dei parroci è diventato un fatto normale e tollerato dalla gerarchie. Una Chiesa nella quale solo i più sprovveduti possono esaltarsi per i tre milioni di partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù, mentre in realtà la nave di Pietro procede nel mare in tempesta senza una meta precisa. E, come se non bastasse, sulla nave scarseggia l’equipaggio. Mentre la Congregazione per gli Istituti religiosi usa questi metodi con i Francescani dell’Immacolata che hanno vocazioni copiose in tutti i continenti, in gran parte delle altre famiglie religiose si consuma una spaventosa crisi. Mentre a Roma si affannano a impedire a dei frati francescani di celebrare la Messa che ha fatto secoli di santi e di santità, carmelitani e domenicani, cistercensi e certosini entrano di diritto a far parte delle specie protette dal Wwf.
Ma, in questo panorama, per la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, il problema sono i Francescani dell’Immacolata che celebrano nelle due forme consentite dal Motu Proprio Summorum Pontificum. Con il risultato che il divieto di celebrare il rito antico stabilisce una disciplina sulla Messa che scavalca quanto contenuto nel documento di Benedetto XVI. Evidentemente, il provvedimento è da inserire in un’azione anti-Messa antica a più ampio spettro contenuta nel brumoso concetto di «ecclesialità». Un disegno che non è disposto a riconoscere alla Messa in rito gregoriano la capacità di produrre nemmeno i frutti spirituali che l’estemporaneo magistero di Papa Francesco ha riconosciuto al ramadan musulmano.
Eppure, il campo liturgico è quello nel quale il laissez faire di Roma ha raggiunto le vette più vertiginose del tragicomico: preti che ballano e cantano i pezzi dei Ricchi e Poveri mentre celebrano un matrimonio, vescovi che in mondovisione si dimenano come in un villaggio Alpitour, prelati che celebrano il novus ordo facendo elevare pissidi e sacre specie a imbarazzate ragazze Gmg in pantaloncini corti, preti che accompagnano la consacrazione con meravigliose bolle di sapone… E il problema su cui scaricare la ferula disciplinare sarebbero i Francescani dell’Immacolata che celebrano la Messa antica. Bisogna riconoscere che, purtroppo, c’è della logica in tutto questo.
Per concludere, ci sono le modalità processuali dell’inchiesta che lasciano perplessi. Roma è stata chiamata a intervenire da un gruppo di religiosi dissidenti dei Francescani dell’Immacolata. Gli accusati però non hanno potuto visionare le carte che contesterebbero loro di aver imboccato una deriva preconciliare. Quindi non hanno goduto di quell’elementare diritto di difesa che consiste nel conoscere in modo dettagliato gli addebiti e il capo di accusa. Inoltre, la Congregazione vaticana vuole impedire ai Francescani di porre ricorso, opponendo la diretta volontà del Papa come base del provvedimento. Insomma, sul piano formale la Chiesa della misericordia del postconcilio, quando vuole, sa rispolverare metodi da santa inquisizione.
Bisogna credere e sperare che i Francescani dell’Immacolata faranno appello in sede canonica e difenderanno con fermezza il loro buon diritto di sacerdoti della Chiesa cattolica di celebrare la Messa anche nel rito antico. Perché, se mai questi ottimi frati dovessero accettare il diktat, presto seguirebbero altre, più dure repressioni verso coloro che nel mondo celebrano e seguono la Messa di sempre. L’esercizio iniquo del potere fonda la sua forza sul silenzio delle vittime e pretende, anzi, il loro consenso. Ma la storia insegna che hanno avuto la meglio coloro che davanti all’ingiustizia non hanno taciuto, perché impugnare legittimamente un atto iniquo significa scuotere fin nelle fondamenta il potere che lo ha posto in essere. È venuto il tempo di parlare. (Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro)
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                      DEO VOLENTE PERMANE IN LUTTO

                                                OREMUS





Deus, qui culpa offenderis, poenitentia placaris:
preces populi tui supplicantis propitius respice;
et flagella tuae iracundiae,
quae pro peccatis nostris meremur, averte.
Per Christum Dominum nostrum.
Amen.

mercoledì 17 luglio 2013

Ritiro Spirituale di 1 Giorno ~ 21/07/2013

RITIRO SPIRITUALE

“Piccolo catechismo sulla Chiesa”

“La dottrina cattolica sul Corpo Mistico di Cristo”

DOMENICA 21 LUGLIO 2013

presso le Suore Discepole del Cenacolo (“sì sì no no”)
a Velletri (Roma)
via Madonna degli Angeli 78 (tel. 06  963 55 68)
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  1. Confessioni 7, 30 e durante la giornata
  2. S. Messa ore 8.
  3. Caffè ore 8, 45.
  4. 1a istruzione ore 9, 30 seguita da meditazione in cappella in silenzio (almeno 15 minuti).
  5. 2a istruzione ore 11, 30 seguita da meditazione.
  6. Pranzo al sacco ore 13, per chi vuole, chi preferisce può tornare a casa.
  7. La giornata di preghiera termina con il pranzo delle 13

  • Il ritiro sarà predicato da d. Curzio Nitoglia.
  • I fedeli che lo desiderano possono confessarsi o consigliarsi col sacerdote.
  • Il silenzio va mantenuto solo durante le tre meditazioni.
  • Non è necessario prenotarsi.
  • Ognuno deve portare, se vuole, solo il proprio pic nic.
http://doncurzionitoglia.net/2013/06/22/ritiro-spirituale-di-1-giorno-21072013/

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Ausculta filii praecepta magistri

 


 



 


Ausculta filii praecepta magistri

San Benedetto da Norcia (480-597) rifugiatosi nella grotta di Subiaco, dopo esser fuggito dall’ambiente universitario di Roma nel 497 corrotto intellettualmente e moralmente, scrisse una Regola che ultimò giunto a Cassino (529) dopo i trent’anni passati a Subiaco, di cui tre nella grotta o sacro speco. La Regola doveva riuscire utile a tutti i cristiani per l’educazione allo spirito di Cristo e necessaria ai futuri monaci Benedettini.
Il Santo di Norcia inizia la sua Regola con un consiglio: “Ascolta o figlio gli insegnamenti del Maestro”. Egli si presenta come Maestro, ma non è sacerdote, non ha avuto ancora alcun mandato canonico, ha ricevuto semplicemente l’abito monastico dal monaco Romano a Subiaco; eppure, grazie alla sua vita di unione con Dio per tre anni – in piena solitudine, preghiera, lavoro e silenzio – nella grotta di Subiaco, si sente in dovere di trasmettere agli altri: “Ho trasmesso ciò che ho ricevuto” (1 Cor., XV, 3) ciò che Dio aveva dato e insegnato a lui: “Contemplare e trasmettere agli altri i frutti della propria contemplazione” (S. Tommaso d’Aquino).
Oggi dopo 50 anni di crisi neomodernistica, che ha invaso l’ambiente ecclesiale, i fedeli hanno perso, e come dar loro torto,  la fiducia nel clero. Tuttavia non bisogna esagerare e cadere nell’anarchia spirituale ancor più deleteria di quella politica.
I fedeli sono tentati di darsi da se stessi le soluzioni al grave problema che l’ambiente cattolico sta affrontando.
Alcuni pensano di dover obbedire anche ad ordini contrari all’insegnamento cattolico, alla morale naturale, alla liturgia di Tradizione apostolica pur di essere in regola giuridicamente di fronte agli uomini, ma non di fronte a Dio. Infatti non si può obbedire ad ordini illeciti, non si possono seguire dottrine erronee, non si può celebrare una liturgia semi-protestantizzata senza dispiacere oggettivamente  al Signore, soggettivamente solo Lui lo sa.
Altri scelgono la via del fai da te. È comprensibile, ma è assai pericolosa, può portare all’anarchia luterana o al “carismatismo”. Occorre molta prudenza. Normalmente “chi si dirige da sé è diretto da un asino” (San Bernardo di Chiaravalle). Tuttavia in casi eccezionali, quando non vi sono guide affidabili ci si rimette nelle mani di Dio, ma con umiltà e pregandolo di far cessare al più presto tale stato anormale, senza seguire nessuna “strada nuova”, attenendosi a ciò che si è sempre fatto in tempi normali (v. Vita di S. Giovanna da Chantal).
Il potere non viene mai dal basso, soprattutto nella Società spirituale che è la Chiesa (ed anche nella Società temporale che è lo Stato). “Non esiste nessun Potere che non venga da Dio” (Rom., XIII, 1).
Il Sedevacantismo può sembrare una soluzione. Ma teologicamente mette un rattoppo (decreta la fine della Chiesa gerarchica) ad un buco (crisi modernista), che è peggiore del buco stesso. Infatti la Chiesa durerà sino alla fine del mondo e sormonterà ogni crisi: “Le porte degli Inferi non prevarranno contro essa (Mt., XVI, 18). “Io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).
I sedevacantisti totali pretendono di eleggere loro stessi il Papa e molti antipapi “girano per il mondo a perdizione delle anime”. Il Sedevacantismo mitigato e più equilibrato della Tesi teologica di Cassiciacum del padre domenicano Michel-Louis Guérard des Lauriers (che inizialmente era assai acuto e poteva sembrare una soluzione valida) è giunto ad una strada senza uscita: Paolo VI è morto, non è diventato mai Papa formale o in atto e non può diventarlo più: un cadavere non è un Papa in potenza o materialmente. Benedetto XVI non sarebbe stato neppure Vescovo (secondo la suddetta Tesi teologica) e papa Francesco I non sarebbe neanche Sacerdote (sempre secondo la Tesi di Cassiciacum). Quindi la Chiesa gerarchica come Cristo l’ha voluta e fondata su Pietro e gli Apostoli (Papi e Vescovi) non sussisterebbe più. Ma ciò è contro la Fede: “Credo la Chiesa, una , santa, cattolica ed apostolica” (Simbolo niceno/costantinopolitano).
Per cui resta la via insegnataci da un altro grande monaco, S. Vincenzo da Lerino del V secolo: “se un giorno l’errore arrivasse ad invadere anche l’intera Chiesa, bisognerebbe continuare a fare  e a credere ciò che la Chiesa ha sempre comandato ed insegnato. Quod semper, quod ubique quod ab omnibus” (Commonitorium, III, 15).
Praticamente bisogna 1°) studiare la natura della Chiesa alla luce dei manuali di Teologia dogmatica per non cadere in errori ecclesiologici. Infatti “un errore non si corregge con un altro errore”; 2°) agire conformemente alla Teologia cattolica sulla Chiesa e non alle nostre idee su di Essa per restare integralmente cattolici in questi tempi apocalittici ed anticristici; 3°) praticare la preghiera e la penitenza, come ci ha raccomandato la Madonna a partire da Lourdes (1858) sino a Fatima (1917-2010).
Per far ciò occorre un minimo di buona volontà, di sforzo e di costanza nell’imparare le nozioni basilari sulla Chiesa di Cristo come Dio l’ha voluta, come un discepolo che ascolta il maestro,  e non come la vorremmo noi. Solo dopo si potrà affrontare il problema di come poter reagire alla crisi che tormenta gli uomini di Chiesa e non la Chiesa, che è il “Corpo Mistico di Cristo” (Pio XII, Enciclica Mystici Corporis Christi, 1943).
Io (come Sacerdote che ha studiato Teologia) sono disponibile a spiegare ai fedeli laici il Trattato su La Chiesa come si trova nei manuali di Teologia dogmatica e solo dopo i fedeli che avranno seguito le lezioni di ecclesiologia potranno far domande sulla crisi nella Chiesa, che verrà affrontata in un secondo tempo. Infatti non si può presumere di riparare un danno se non si conosce la natura della cosa danneggiata e non si hanno le nozioni basilari di “ingegneristica”. In breve “non bisogna mettere il carro avanti ai buoi”. “Ausculta filii praecepta magistri”…
Soprattutto non bisogna mai dimenticare che “questo genere di demoni [errori modernistici, nda] si scacciano con la preghiera e con il digiuno” (Mt., XVII, 21) e non con le chiacchiere, i pettegolezzi e le sterili polemiche. Se non si ha voglia di ascoltare con pazienza e apprendere con lo studio e lo sforzo, non si perda tempo. Purtroppo l’uomo di oggi ribalta il motto di S. Benedetto: “Ascolta o maestro gli insegnamenti del discepolo…”. Ma ciò è follia anarcoide.
La prima lezione inizierà domenica 21 luglio alle condizioni suddette, altrimenti è meglio non perdere tempo né farlo perdere agli altri.
Pace e Bene a tutti!
d. Curzio Nitoglia
9 luglio 2013
http://doncurzionitoglia.net/2013/07/09/520/


tratto da:  www.doncurzionitoglia.net

mercoledì 10 luglio 2013

Dio è con noi e per i vescovi della FSSPX la battaglia continua!

Dio è con noi e per  i vescovi della FSSPX la battaglia continua!




Dichiarazione nella ricorrenza del 25° anniversario delle Consacrazioni Episcopali (30 giugno 1988 – 27 giugno 2013)

 

 

 1- Nella ricorrenza del 25° anniversario delle Consacrazioni Episcopali, i vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X intendono esprimere solennemente la loro gratitudine a Mons. Marcel Lefebvre e a Mons. Antonio De Castro Mayer per l’atto eroico che hanno avuto il coraggio di porre, il 30 giugno 1988. In particolare vogliono manifestare la loro filiale riconoscenza verso il venerato fondatore il quale, dopo tanti anni al servizio della Chiesa e del Sommo Pontefice, non ha esitato a subire l’ingiusta accusa di disobbedienza per la difesa della fede e del sacerdozio cattolico.
2- Nella lettera che ci indirizzò prima delle consacrazioni, scriveva: “Vi scongiuro di rimanere attaccati alla sede di Pietro, alla Chiesa romana, madre e maestra di tutte le Chiese, nella fede cattolica integrale, espressa nei simboli della fede, nel Catechismo del Concilio di Trento, conformemente a quanto vi è stato insegnato in seminario. Rimanete fedeli nel trasmettere questa fede perché venga il regno di Nostro Signore.” E’ proprio questa frase che esprime le ragioni profonde dell’atto che si accingeva a compiere. “Perché venga il regno di Nostro Signore”, Adveniat regnum tuum.
3- Al seguito di Mons. Lefebvre affermiamo che la causa dei gravi errori che stanno demolendo la Chiesa non risiede in una cattiva interpretazione dei testi conciliari – in una “ermeneutica della rottura” che si opporrebbe ad una “ermeneutica della riforma nella continuità” – , ma piuttosto nei testi stessi, a causa della scelta inaudita operata dal Concilio Vaticano II. Questa scelta si manifesta nei suoi documenti e nel suo spirito: di fronte all’ “umanesimo laico e profano”, di fronte alla “religione (poiché tale è) dell’uomo che si fa Dio”, la Chiesa, unica detentrice della Rivelazione “del Dio che si è fatto uomo”, ha voluto far conoscere il suo “nuovo umanesimo” dicendo al mondo moderno: “Anche noi, e più di chiunque altro, abbiamo il culto dell’uomo” (Paolo VI, Discorso di chiusura, 7 dicembre 1965). Ora, questa coesistenza del culto di Dio e del culto dell’uomo si oppone radicalmente alla fede cattolica che ci insegna a rendere il culto supremo e a riconoscere il primato esclusivamente al solo vero Dio e al suo Unigenito, Gesù Cristo, nel quale “abita corporalmente la pienezza della divinità” (Col. 2,9).
4- Siamo dunque obbligati a constatare che questo Concilio atipico, che ha voluto essere solo pastorale e non dogmatico, ha inaugurato un nuovo tipo di magistero, sconosciuto fino ad allora nella Chiesa, senza radici nella Tradizione; un magistero determinato a conciliare la dottrina cattolica con le idee liberali; un magistero imbevuto dei principi modernisti del soggettivismo, dell’immanentismo e in perpetua evoluzione, conformemente al falso concetto della tradizione vivente, in quanto altera la natura, il contenuto, il ruolo e l’esercizio del magistero ecclesiastico.
5- Per questo il regno di Cristo non è più la preoccupazione delle autorità ecclesiastiche, benché queste parole di Cristo: “Ogni potere mi è stato dato sulla terra e in cielo” (Mt 28,18) rimangano una verità ed una realtà assolute. Negarle nei fatti significa non riconoscere più in pratica la divinità di Nostro Signore. Così, a causa del Concilio, la regalità di Cristo sulle società umane è semplicemente ignorata, addirittura combattuta e la Chiesa è prigioniera di questo spirito liberale che si manifesta specialmente nella libertà religiosa, nell’ecumenismo, nella collegialità e nel nuovo rito della messa.
6- La libertà religiosa esposta in Dignitatis humanae e la sua applicazione pratica da cinquant’anni conducono logicamente a chiedere al Dio fatto uomo di rinunciare a regnare sull’uomo che si fa Dio; il che equivale a dissolvere Cristo. Al posto di una condotta ispirata da una fede solida nel potere reale di Nostro Signore Gesù Cristo, noi vediamo la Chiesa vergognosamente guidata dalla prudenza umana e a tal punto dubbiosa di sé che chiede agli Stati soltanto ciò che le logge massoniche vogliono concederle: il diritto comune, nel mezzo e allo stesso livello delle altre religioni, che essa non osa più chiamare false.
7- Nel nome di un ecumenismo onnipresente (Unitatis Redintegratio) e di un vano dialogo interreligioso (Nostra Aetate) la verità sull’unica Chiesa è taciuta; così la stragrande maggioranza dei pastori e dei fedeli, non vedendo più in Nostro Signore e nella Chiesa Cattolica l’unica via della salvezza, hanno rinunciato a convertire i seguaci delle false religioni, lasciandoli nell’ignoranza dell’unica Verità. In questo modo l’ecumenismo ha letteralmente ucciso lo spirito missionario attraverso la ricerca di una falsa unità, riducendo troppo spesso la missione della Chiesa alla proclamazione di un messaggio di pace puramente terrena e ad un ruolo umanitario di sollievo alla miseria nel mondo, mettendosi così al seguito delle organizzazioni internazionali.
8- L’indebolimento della fede nella divinità di Nostro Signore favorisce una dissoluzione dell’unità dell’autorità nella Chiesa, introducendovi uno spirito collegiale, egalitario e democratico (cfr. Lumen Gentium). Cristo non è più il capo da cui deriva tutto, in particolare l’esercizio dell’autorità. Il Sommo Pontefice, che non esercita più effettivamente la pienezza della sua autorità, così come i vescovi, i quali – contrariamente agli insegnamenti del Concilio Vaticano I – pensano di poter condividere collegialmente e in maniera abituale la pienezza del potere supremo, ascoltano e seguono oramai, con i sacerdoti, il “popolo di Dio”, nuovo sovrano. Questo significa distruzione dell’autorità e di conseguenza rovina delle istituzioni cristiane: famiglie, seminari, istituti religiosi.
9- La nuova messa, promulgata nel 1969, diminuisce l’affermazione del regno di Cristo attraverso la Croce (“Regnavit a ligno Deus”). Infatti il suo stesso rito sfuma e offusca la natura sacrificale e propiziatoria del sacrificio eucaristico. Soggiacente a questo nuovo rito si trova la nuova e falsa teologia del mistero pasquale. L’uno e l’altra distruggono la spiritualità cattolica fondata nel sacrificio di Nostro Signore sul Calvario. Questa messa è impregnata di uno spirito ecumenico e protestante, democratico e umanista che soppianta il sacrificio della Croce. Essa illustra la nuova concezione del “sacerdozio comune dei battezzati” che deforma il sacerdozio sacramentale del presbitero.
10- Cinquant’anni dopo il Concilio, le cause sussistono e generano ancora gli stessi effetti. Cosicché ancora oggigiorno le Consacrazioni Episcopali conservano tutta la loro ragion d’essere. È l’amore della Chiesa che ha guidato Mons. Lefebvre e guida i suoi figli. È lo stesso desiderio di “trasmettere il sacerdozio cattolico in tutta la sua purezza e la sua carità missionaria” (Mons. Lefebvre, Itinerario spirituale) che anima la Fraternità San Pio X al servizio della Chiesa quando essa chiede con insistenza alle autorità romane di riappropriarsi del tesoro della Tradizione dottrinale, morale e liturgica.
11- Questo amore della Chiesa spiega il principio che Mons. Lefebvre ha sempre osservato: seguire la Provvidenza in tutti i frangenti, senza mai permettersi di anticiparla. Noi intendiamo fare altrettanto: sia che Roma ritorni presto alla Tradizione e alla fede di sempre – il che ristabilirà l’ordine nella Chiesa – sia che essa riconosca esplicitamente alla Fraternità il diritto di professare integralmente la fede e di rigettare gli errori che le sono contrari, con il diritto ed il dovere di opporsi pubblicamente agli errori e a coloro che li promuovono, chiunque essi siano – il che permetterà un inizio di ristabilimento dell’ordine. Nel frattempo, di fronte a questa crisi che continua a provocare disastri nella Chiesa, noi perseveriamo nella difesa della Tradizione cattolica e la nostra speranza rimane totale, poiché sappiamo con la certezza della fede che “le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18).
12- Intendiamo quindi seguire la richiesta del nostro caro e venerato padre nell’episcopato: “Miei cari amici, siate la mia consolazione in Cristo, rimanete forti nella fede, fedeli al vero sacrificio della Messa, al vero e santo sacerdozio di Nostro Signore, per il trionfo e la gloria di Gesù in cielo e in terra” (Lettera ai vescovi). Degni la Santissima Trinità, per intercessione del Cuore Immacolato di Maria, accordarci la grazia della fedeltà all’episcopato che abbiamo ricevuto e che vogliamo esercitare per l’onore di Dio, il trionfo della Chiesa e la salvezza delle anime.

Ecône, 27 giugno 2013, festa della Madonna del Perpetuo Soccorso

Mons. Bernard Fellay
Mons. Bernard Tissier de Mallerais
Mons. Alfonso de Galarreta