Pandemonio
Non date le cose sante ai cani e
non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le
loro zampe e poi si voltino per sbranarvi (Mt 7, 6).
Nel
linguaggio giudaico del I secolo, cui il Verbo incarnato si adattò, i cani designavano i pagani e i porci gli ebrei rinnegati. Il duro
monito del Salvatore, così offensivo per le nostre delicate orecchie,
progredite e tolleranti, proibisce di dare i santi Sacramenti a chi non
professi la vera fede e non sia spiritualmente rinato nel Battesimo, mettendo
al tempo stesso in guardia dal cercar di persuadere con le gemme della verità
evangelica chi, pur essendo membro della Chiesa Cattolica, disprezza
l’inestimabile grazia ricevuta e vive peggio di un pagano. Ecco i risultati di
una pastorale che dà tutto senza condizioni e accontenta sempre i capricci del
primo venuto: dopo aver calpestato le cose sante e le perle preziose, dotazione
indispensabile per ottenere la vita eterna, per acquistare le quali val bene la
pena rinunciare al resto, i “fedeli” di oggi si rivoltano contro gli araldi di
Cristo, pronti a sbranarli con una rabbia che ha qualcosa di demoniaco.
È
la triste realtà dei nostri giorni, particolarmente evidente nei momenti di
prova inattesa. Anziché rendersi conto che in un istante, anche nel sonno, ci
si può ritrovare davanti al giudizio divino, così da trarne le dovute
conseguenze, ci sono terremotati che bestemmiano Dio con livore, mentre i Suoi
ministri non sanno più che dire per consolare il dolore ribelle, né osano tanto
meno richiamarli alla conversione. Se una laica, in modo conforme alla dottrina
cattolica, si azzarda a proporre di pregare per le vittime, subisce un
linciaggio morale come un odioso negatore della libertà individuale: se un
poveretto morto sotto le macerie senza i Sacramenti vuole andare all’Inferno,
bisogna rispettare la sua volontà. Perché non si leggono la testimonianza di
Gloria Polo, strappata alle fauci dell’abisso da un contadino miserabile che,
appresa dal giornale la sua situazione, ha pregato per lei con fede sincera,
facendo voto al contempo di compiere un pellegrinaggio?
A
forza di commettere spensieratamente comunioni sacrileghe, ci si può beccare
un’infestazione maligna. Non si spiega diversamente l’astio bestiale e l’irragionevole
ottusità di certe reazioni: ci sono individui – molto più numerosi di quanto si
creda – che pensano e agiscono come dannati; la sola differenza è,
teoricamente, che possono ancora salvarsi, ma ci vorrebbe una grazia
eccezionale che, in un modo o in un altro, bisogna pur meritare. Chi può
renderli consapevoli di questo? Siamo ormai ben oltre il tempo-limite perché
questi discorsi ricevano ascolto. A un parroco può capitare, al termine di una
Messa di suffragio, di arrivare a un pelo dall’aggressione fisica, scongiurata
con un esorcismo pronunciato dal rifugio della sagrestia sprangata. Non è più
lecito porre la minima esigenza a chi condanna il Creatore per essersi ripreso
un’anima da Lui creata; tutto è dovuto, anche contro le semplici leggi della
natura e dell’esistenza umana.
Da
cinquant’anni, del resto, non si parla più del peccato originale né delle sue
conseguenze; l’uomo è presentato come il centro dell’universo e la divinità
come sua devota ancella; nessuna condotta è più giudicata, per non porre limiti
a una sconfinata pretesa di libertà assoluta. È impensabile, in un contesto
simile, parlare di obblighi e di castighi, con un Dio che non penserebbe che a
far doni e favori a fondo perduto a creature che, ben lungi dal dover riconoscere
la Sua signoria e voler corrispondere al Suo amore, devono sempre e soltanto
far festa e godere di sé stesse con il pretesto della Sua amicizia. Se poi
capita una disgrazia o una calamità naturale, come la mettiamo? Dov’era quel
“dio” in quel momento? Come si è permesso di far succedere qualcosa del genere?
È
duro doverlo ammettere: a seminare vento, si raccoglie tempesta. Viziare
sistematicamente gli empi, abituandoli al sacrilegio e al disprezzo delle cose
più sacre, significa allevare delle belve che, prima o poi, si rivoltano contro
chi le ha nutrite. Provate poi a spiegare questo bel risultato con un po’ di
sociologia da bancarella… e vi faranno a pezzi. Fenomeni di questo tipo vanno
interpretati unendo il piano naturale a quello preternaturale, perché c’è di
mezzo il mondo degli angeli ribelli. I Pastori, oltretutto, hanno tolto ogni
difesa e abbattuto il baluardo mantenuto dalla Tradizione – e i demòni non si
son certo fatti pregare. Ora, tra l’essere lapidati per le sciocchezze con cui
si tenta di ammansire belve assatanate e l’esserlo perché si predica la sana
dottrina a chi vuole intenderla, è senza dubbio più onorevole la seconda
ipotesi. Non è un invito ad andare al massacro, ma almeno a risparmiarsi una
fine ingloriosa. I profeti sono il tormento degli abitanti della terra, ma al
momento fissato risorgeranno e saliranno al cielo (cf. Ap 11, 10-12).
Per
permissione divina, giusto castigo dell’ostinato indurimento umano, il pozzo
dell’abisso è stato aperto e ne è uscito un fumo che ha oscurato il sole; gli
spiriti immondi ne son saltati fuori come cavallette e si sono sparsi sulla
terra mordendo gli uomini come scorpioni (cf. Ap 9, 2-6). Il loro veleno
stravolge le menti e rende loro la vita insopportabile, spingendole alla follia
e prostrandole all’acquiescenza alle aberrazioni dei signori di questo mondo di
tenebra. Lo scandalo peggiore è che gli esecutori materiali dell’ordine sono
stati degli ecclesiastici, quelli che hanno dissigillato il pozzo e privato i
fedeli della protezione soprannaturale. Anche Giuda fu deliberatamente ascritto
fra i Dodici con un compito preciso assegnatogli dal piano divino; ciò non
toglie che, essendosi lasciato sedurre dal diavolo mediante la volontà propria,
sia stato pienamente responsabile del suo operato. Chi oggi lo scusa lo fa
forse per rassicurare se stesso…
Fu
a causa di un apostolo che il Sole di giustizia fu eclissato e le tenebre
ricoprirono la terra, finché, il terzo giorno, sulla valle di lacrime non
sfolgorò la luce increata. Non deve turbarci, dunque, che siano stati dei
successori degli Apostoli a scatenare il pandemonio e a gettarci nel buio
metafisico per cui la gente si morde la lingua dal dolore (cf. Ap 16, 10): è
tutto previsto e tutto ha un fine, la maggior gloria di Dio e la salvezza degli
uomini. Ora è il momento in cui il Signore verifica chi ne è degno. Come le
aquile romane castigarono il popolo deicida, che aveva sfidato il suo Dio invocando
su di sé il sangue del Giusto di cui stava reclamando la morte (cf. Mt 27, 25),
così le aquile russe purificheranno la Sposa infedele, salvandola al contempo dalle
scimitarre islamiche al soldo dei banchieri. Ma i figli della Donna vestita di
sole dovranno rifugiarsi nel deserto per la durata del tempo stabilito (cf. Ap
12, 6.14). Per pura grazia siamo fra coloro che mantengono intatta la fede data
allo Sposo; sempre con l’aiuto della grazia cerchiamo di corrispondergli
perseverando in essa sino alla fine, nascosti nel Cuore immacolato di Maria.
«Le parole di Gesù aprono un nuovo orizzonte sul modo in cui si devono considerare le calamità pubbliche sociali, le guerre, le sopraffazioni e le tirannidi; le cause politiche o naturali che le determinano sono accidentali. La vera causa sta tutta nel peccato ed essa produce tutto il suo effetto disastroso, quando non ha il contrappeso della riparazione e della penitenza. Qualunque altra valutazione delle sventure pubbliche è sbagliata. Anche le sventure private hanno questa dolorosa causa, e l’ha molto più la sventura delle sventure, ossia la perdizione eterna, e perciò Gesù dice con parole generali: “Se non farete tutti penitenza, perirete tutti ugualmente” [cf. Lc 13, 3]» (don Dolindo Ruotolo, I quattro Vangeli. Psicologia – Commento – Meditazione, Frigento 2014³).
Da: http://lascuredielia.blogspot.it/
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