venerdì 11 aprile 2014

VENERDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE

"Gesù dovrà morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche per raccogliere insieme i figli dispersi di Dio". Così la moribonda Sinagoga è costretta a profetizzare la nascita della Chiesa per l'effusione del sangue di Gesù!




A Roma la Stazione è nella chiesa di S. Stefano, sul monte Celio. In questo giorno che doveva essere consacrato a Maria, la Regina dei Martiri, è commovente il dover ammettere che, per una specie di presentimento profetico, tale chiesa dedicata al primo Martire era, fin dalla più remota antichità, destinata alla riunione dei fedeli.
EPISTOLA (Ger 17,13-18). - In quei giorni: Geremia disse: Signore tutti quelli che t'abbandonano saran confusi, quelli che s'allontanano da te saranno scritti in terra; perché hanno abbandonato la sorgente delle acque vive, il Signore. Guariscimi, o Signore, e sarò guarito; salvami, e sarò salvato: la mia gloria sei tu. Ecco essi stanno a dirmi: Dov'è la parola del Signore? S'adempia! Tu lo sai: non mi son turbato, ho seguito te, mio pastore, e non ho desiderato la vendetta. Quello che usci dalle mie labbra fu retto dinanzi a te. Non mi diventare causa di spavento tu, mia speranza nel giorno dell'afflizione. Sian confusi i miei persecutori e non io, tremino essi non tremi io; fa' piombare su loro il giorno dell'afflizione, percuotili con doppio flagello, o Signore Dio nostro.
Geremia, figura del Messia.
Geremia è una delle principali figure di Gesù Cristo nell'Antico Testamento, dove rappresenta specialmente il Messia perseguitato dai Giudei. Per questo la Chiesa nelle due settimane consacrate alla Passione del Salvatore, ha voluto scegliere le sue Profezie a soggetto delle lezioni del Mattutino. Abbiamo udita una delle lamentazioni che il giusto rivolge a Dio contro i suoi nemici; e parla in nome di Cristo. Ascoltiamo dai suoi accenti come viene dipinta, nello stesso tempo, la malizia dei Giudei e quella dei peccatori che perseguitano Gesù Cristo in seno allo stesso cristianesimo. "Essi, dice il Profeta, hanno abbandonato la sorgente delle acque vive". Difatti Giuda ha perso la memoria della roccia del deserto, dove zampillarono le acque che spensero la sua sete; e quand'anche se ne ricordasse, non sa che quella roccia misteriosa significava il Messia.
Gerusalemme, immagine dei peccatori.
Ciò nonostante, Gesù è là, a Gerusalemme, che grida: "Chi ha sete venga a me e beva, e si disseti". La bontà, la dottrina, le opere sue meravigliose e gli oracoli adempiutisi in lui dicono abbastanza che si deve credere alla sua parola. Ma Giuda è sordo al suo invito; e parecchi cristiani lo imitano. Ve ne sono di quelli che dopo aver gustato della "sorgente delle acque vive", si sono allontanati per andare a dissetarsi ai ruscelli fangosi del mondo; e la loro sete s'è irritata di più. Tremino costoro alla vista del castigo dei Giudei, perché, non ritornando al Signore loro Dio, cadranno negli ardori eterni che li divoreranno, e là invocheranno una goccia d'acqua, che sarà loro rifiutata. Per bocca di Geremia il Signore predice "un giorno d'afflizione" che piomberà sui Giudei; e più tardi, quando verrà in persona, li previene che la tribolazione cadrà sopra Gerusalemme, in punizione del suo deicidio, e sarà così spaventosa "quale non fu dal principio del mondo fino ad ora, né mai sarà" (Mt 24,21). Ma se il Signore ha vendicato con tanta severità il sangue del Figlio suo contro una città, che fu per tanto tempo sgabello dei suoi piedi, e contro un popolo che aveva preferito a tutti gli altri, come potrà risparmiare il peccatore che, disprezzando i richiami della Chiesa, s'ostina a rimanere nel suo indurimento? Giuda ebbe la disgrazia di colmare la misura delle sue iniquità; anche noi abbiamo tutti un limite al male che la giustizia di Dio non permetterà mai d'oltrepassare. Affrettiamoci dunque a rimuovere il peccato; preoccupiamoci di colmare un'altra misura, quella delle buone opere; e preghiamo pei peccatori che non vogliono convertirsi. Domandiamo che il sangue divino, ch'essi ancora una volta disprezzeranno, e dal quale sono ancora protetti, non ricada sopra di loro.
VANGELO (Gv 11,47-54). - In quel tempo: I prìncipi dei Sacerdoti ed i Farisei radunarono il consiglio contro Gesù, e dicevano: Che facciamo? Quest'uomo fa molti miracoli. Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e stermineranno il nostro paese e la nazione. Allora uno di loro chiamato Caifa, che era in quell'anno pontefice, disse loro: Voi non capite nulla, e non pensate come vi torni conto che un uomo solo muoia per il popolo, e non perisca tutta la nazione. E questo non lo disse di suo, ma essendo pontefice di quell'anno profetò che Gesù doveva morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche per raccogliere insieme i figli dispersi di Dio. E da quel giorno proposero di dargli la morte. Gesù adunque non conversava più in pubblico tra i Giudei; ma si ritirò in una regione vicina al deserto in una città, chiamata Efrem, dove si tratteneva coi suoi discepoli.
Il Consiglio del Sinedrio.
La vita del Salvatore è più che mai minacciata. Il consiglio della nazione s'è riunito per vedere come disfarsi di lui. Sentite questi uomini; spinti a radunarsi dalla più vile delle passioni, la gelosia, non negano i miracoli di Gesù; sono dunque in grado di dare un giudizio sulla sua missione, e questo giudizio dovrebbe essere favorevole. Non sono però convenuti per questo scopo, ma per intendersi sui mezzi di farlo perire. Che cosa diranno a se stessi? Quali sentimenti esprimeranno in comune accordo per legittimare una tale sanguinaria risoluzione? Avranno il coraggio di mettere avanti la politica e l'interesse della nazione: se Gesù, infatti, continua a mostrarsi al popolo e ad operare prodigi, presto la Giudea vorrà proclamarlo suo Re, e non tarderanno a venire i Romani a vendicare l'onore del Campidoglio oltraggiato dalla più debole nazione ch'esiste nell'Impero. Insensati; essi non comprendono, che se il Messia avesse dovuto essere un re terreno, tutte le nazioni della terra sarebbero rimaste senza forza contro di lui! Perché non si ricordano piuttosto della predizione di Daniele, che durante la settantesima settimana di anni, a partire dal decreto per la riedificazione del tempio, il Cristo sarebbe stato messo a morte, ed il popolo che l'avrebbe rinnegato non sarebbe stato più il suo popolo? (Dn 9,25) che, dopo quest'eccesso, verrà un popolo guidato da un capo militare, e metterà a soqquadro la città ed il tempio? ed entrerà nel santuario l'abbominazione della desolazione e la desolazione s'insedierà a Gerusalemme, e vi rimarrà fino alla fine? (ivi, 26-27). Non capiscono che, facendo perire il Messia, contemporaneamente annienteranno la patria.
La profezia del Gran Sacerdote.
Frattanto, l'indegno pontefice che presiede negli ultimi giorni della religione mosaica, rivestito dell'efod, ha profetizzato, e la sua profezia risponde a verità. Non ce ne stupiamo, perché il velo del tempio non s'è ancora spaccato, ed ancora non è rotta l'alleanza tra Dio e Giuda. Caifa è un sanguinario, un vile, un sacrilego; ma è pontefice, quindi Dio parla ancora per la sua bocca. Sentiamo che cosa dice questo nuovo Balaam: "Gesù dovrà morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche per raccogliere insieme i figli dispersi di Dio". Così la moribonda Sinagoga è costretta a profetizzare la nascita della Chiesa per l'effusione del sangue di Gesù! Qua e là sulla terra esistono figli di Dio che lo servono, in mezzo alla gentilità, come il centurione Cornelio; ma non c'è un legame visibile che li unisca.
S'avvicina l'ora in cui l'unica, la grande Città di Dio apparirà sul monte, "e tutte le genti vi accorreranno" (Is 2,2). Dopo che sarà sparso il sangue dell'alleanza universale, ed il sepolcro ci avrà reso il vincitore della morte, passeranno cinquanta giorni, e la Pentecoste non convocherà più i Giudei al tempio di Gerusalemme, ma chiamerà tutti i popoli alla Chiesa di Gesù Cristo. Caifa si dimentica dell'oracolo ch'egli stesso aveva proferito, e fa restaurare il velo del Santo dei Santi, che s'era spezzato in due, nel momento che Gesù spirava sulla Croce; ma questo velo non copre più che un ridotto deserto. Non è più là il Santo dei Santi; ora "in ogni luogo si sacrifica un'ostia pura" (Ml 1,11,) non ancora sono apparsi, sul monte degli Olivi, i vendicatori del deicidio, con le loro aquile, che i suoi sacrificatori hanno sentito tuonare, in fondo al ripudiato santuario, una voce che diceva: "Usciamo via di qui.
PREGHIAMO
A noi che cerchiamo la grazia della tua protezione, concedi, o Dio onnipotente, di servirti con animo tranquillo e libero da ogni male.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 658-661

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