p. Settimio M. Manelli. I fondamenti biblici della Consacrazione alla Vergine Maria
Il testo che segue, di p. Settimio M. Manelli FI, è tratto dagli Atti del Simposio Mariologico Internazionale sulla Consacrazione alla Vergine Maria - Frigento 5-7 luglio 2010, Casa Mariana Editrice, 2011, pag.11-90.
Si tratta di un testo sapienziale, di quelli che aprono numerosi usci verso la trascendenza e mettono in rapporto col Signore e con la Sua e nostra Madre.
Si tratta di un testo sapienziale, di quelli che aprono numerosi usci verso la trascendenza e mettono in rapporto col Signore e con la Sua e nostra Madre.
La consacrazione a Maria, com'è noto, non è semplicemente un fatto
devozionale e privato, come purtroppo sono portate a ritenere le
generazioni postconciliari, per effetto dell'attuale scadimento della
devozione. La consacrazione alla Madre di Gesù e nostra è un luogo teologico, cioè una realtà rivelata, contenuta per intero nella Rivelazione e nella Tradizione della Chiesa.
Quello che segue è solo uno stralcio, ricavato dalla scansione, che ha richiesto un lungo e paziente lavoro supplementare di ricostruzione delle molte preziose citazioni bibliche dal greco e dall'ebraico.
Ho messo a disposizione il testo integrale in pdf, leggibile e/o scaricabile dal sito internetica.it
Vuol essere un mio piccolo tributo all'Assunta in spirito di gioiosa condivisione con chi leggerà e certamente ne trarrà frutti copiosi secondo la volontà del Signore.
Nello stesso spirito, a domani, la pubblicazione di un altro testo. Una relazione, dagli Atti dello stesso Simposio, del fondatore dell'Ordine, p. Stefano M. Manelli FI, sul Quarto voto: il Voto mariano di Consacrazione all'Immacolata. (M.G.)
I FONDAMENTI BIBLICI DELLA CONSACRAZIONE ALLA VERGINE MARIA
Introduzione
Natura e scopo della consacrazione a Maria
Padre Settimio M. Manelli, FI
Introduzione
Da sempre i Pontefici, i concili, i grandi Santi e i dottori della
Chiesa che hanno parlato della Madre di Dio, sia attraverso il magistero
solenne, sia mediante discorsi spirituali, sia tramite la predicazione
popolare, hanno attinto alle pure fonti della Rivelazione, Sacra
Scrittura e Tradizione, illustrando così mirabilmente il mistero di
Maria e spingendo i fedeli ad amare, servire, pregare con fiducia la
loro Madre celeste. Grazie al genio di alcuni uomini ispirati, di
generazione in generazione i Pontefici e tutto il popolo di Dio, per
esprimere il loro grande amore alla Beata Vergine Maria, hanno adottato
pratiche devozionali e formule di preghiera che erano il frutto della
meditazione e della rielaborazione dell'insegnamento magisteriale,
calato nella vita, nelle aspirazioni, negli affanni e nei bisogni della
vita quotidiana, riconoscendo in Maria Santissima la via privilegiata
per incontrare Dio e per compiere la sua Volontà. Il Concilio Vaticano
II, sulla scia della tradizione ininterrotta, ha continuato a
sottolineare l'importanza del legame del culto con le fonti della
Rivelazione e ha incoraggiato a mostrare con sempre maggior luminosità i
fondamenti biblici e tradizionali delle pratiche devozionali del popolo
santo di Dio.
Il presente contributo ha lo scopo di mostrare che la consacrazione a
Maria, pratica ampiamente diffusa, è solidamente fondata sulla Sacra
Scrittura. Si tenterà di chiarire a livello terminologico in che cosa
consista la consacrazione a Maria, cercando di evitare di cadere nel
filologismo, ossia in quella tendenza che riduce l'esegesi e la teologia
a pura filologia[1], che diventa letteralismo e che, in definitiva,
asservisce il testo sacro all'ideologia.
Natura e scopo della consacrazione a Maria
La consacrazione a Maria, intesa in senso analogico[2] rispetto alla
consacrazione fondamentale rivolta a Dio e da Dio realizzata, va
concepita come l'atto con cui si dona interamente a Lei la propria anima
e la propria vita, realizzando una sorta di dipendenza da Lei, allo
scopo di raggiungere in modo più rapido e perfetto il fine della propria
esistenza, ossia la glorificazione di Dio e la propria santità. La
consacrazione a Maria conduce i cristiani alla perfetta unione con Dio
nella santità di vita e di opere. In questo senso si può ritenere che la
consacrazione a Maria, lungi dall' essere contraria o alternativa alla
consacrazione fondamentale di tutti i credenti a Dio, che si realizza
con il Battesimo, ne favorisce piuttosto lo sviluppo e
l'approfondimento.
La consacrazione a Maria ha il suo solido fondamento nella Rivelazione
divina ed è frutto dello sviluppo della comprensione teologica del
mistero dell'Incarnazione e della missione soprannaturale affidata da
Dio alla madre di Gesù. Tale solido fondamento risiede perciò
nell'esemplarità di Cristo e nella Maternità spirituale e universale di
Maria, proclamata da Cristo dall'alto della Croce[3]. La persona e la
missione di Maria sono unite e dipendenti dalla persona e dalla missione
di Gesù Cristo. Con lo stesso decreto eterno con cui fu previsto Cristo
fu predestinata anche Maria. Per questo il fondamento della
consacrazione a Maria va individuato anzitutto nell'esempio stesso di
Cristo, che, dal giorno della sua "incarnazione", instaura relazioni
filiali con Maria, dunque di una certa "dipendenza" da Lei[4]. Poi nella
missione unica della Vergine quale mediatrice materna di salvezza e di
Redenzione, in unione e in subordinazione all'unica mediazione
universale di Cristo, suo Figlio, di cui non mette minimamente in ombra
la missione[5].
a) Una pratica diffusa
Partiamo da una constatazione. La consacrazione a Maria è una pratica
diffusa nella cristianità a livello mondiale. Basti pensare ai reiterati
atti di consacrazione a Maria fatti dai Pontefici nel secolo XX,
soprattutto in risposta agli appelli della Madonna di Fatima, fino alla
recentissima consacrazione a Maria di tutti i sacerdoti e di tutti i
fedeli, fatta, separatamente, dal papa Benedetto XVI a Fatima durante il
suo viaggio apostolico in Portogallo il 12 maggio 2010 ai piedi della
statua della Vergine[6], e rinnovata a Roma dopo la Santa Messa di
chiusura dell'Anno sacerdotale (19 giugno 2009 - 11 giugno 2010)[7].
Ecco le parole della preghiera recitata dal Pontefice:
«Madre Immacolata,
in questo luogo di grazia,
convocati dall'amore del Figlio tuo Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote,
noi, figli nel Figlio e suoi sacerdoti,
ci consacriamo al tuo Cuore materno
(consagramo-nos ao vosso Coracào materno),
per compiere con fedeltà la Volontà del Padre.
Con questo atto di affidamento e di consacrazione
(Com este acto de entrega e consagracào),
vogliamo accoglierti in modo
più profondo e radicale,
per sempre e totalmente,
nella nostra esistenza umana e sacerdotale...».
Nell'udienza generale tenuta mercoledì 19 maggio a Piazza San Pietro a
tre giorni dal ritorno da Fatima, il Santo Padre, facendo il resoconto
del suo viaggio apostolico in Portogallo, tra l'altro disse: a Fatima
«non ho mancato di affidare e consacrare al Cuore
Immacolato di Maria, vero modello di discepola del Signore, i sacerdoti
di tutto il mondo». Come si può facilmente osservare, in questi
interventi del Papa vengono usati due termini: affidare e consacrare,
per esprimere l'atto di donazione di sé alla Vergine. Tutto lascia
pensare che non siano usati come sinonimi, ma che attraverso essi il
Papa voglia esprimere una realtà spirituale profonda, non più ampia
degli angusti confini del vocabolario in nostro possesso.
Prima di papa Benedetto XVI, il servo di Dio Giovanni Paolo II ha scelto come suo motto la frase: "Totus tuus" ego sum, Maria,
evidente formula di consacrazione mariana. Con questa scelta il Papa
pose tutto il suo pontificato nelle mani e nel Cuore delle Madre di Dio.
Nel suo lungo Pontificato, papa Wojtyla molte volte ha fatto
riferimento alla consacrazione a Maria, spingendo i fedeli di tutto il
mondo a vivere coscientemente e intensamente la loro dipendenza filiale
nei confronti di Maria. La pratica della consacrazione a Maria, come ci
dicono gli storici della mariologia, ha radici molto antiche, risalendo
al periodo patristico. San Giovanni Damasceno sembra il primo a parlare
in modo esplicito di consacrazione a Maria[8]. Per indicarla usa il
verbo ἀνατίθημι: «Ti consacriamo mente, anima e corpo». Questo verbo,
osserva S. De Fiores, «designa una vera consacrazione, come quella alla
divinità, salvo le debite proporzioni»[9]. I Pontefici si inseriscono in
un filone d'oro, che si è impreziosito lungo i secoli grazie ai
numerosi santi che hanno vissuto e insegnato la consacrazione mariana e
ai grandi teologi che ne hanno scritto.
Tale pratica ebbe il suo sviluppo maggiore a partire dal XVII secolo con
san Luigi Maria Grignion da Montfort, fino ai nostri giorni, con san
Massimiliano Kolbe e il Voto mariano dell'illimitata consacrazione
all'Immacolata dell'Istituto di diritto pontificio dei Francescani
dell'Immacolata (Frati, Suore, Clarisse, Terziari e membri della
Missione dell'Immacolata Mediatrice).
È utile soffermarsi su uno dei più grandi santi mariani che hanno
insegnato e propagato, con la vita e con le opere e gli scritti, la
pratica della consacrazione a Maria, san Luigi M. Grignion da Montfort,
il quale nel suo mirabile Trattato della vera devozione a Maria parla di consacrazione a Gesù mediante
Maria, riconoscendo una profonda unione tra l'atto di consacrazione a
Gesù e l'atto di consacrazione alla Madonna[10]. Il da Montfort usa la
formula «consacrazione a Gesù mediante Maria», senza rinunciare
all'espressione diretta: «consacrazione a Maria». Nella parte terza del
suo Trattato, in cui parla dei contenuti della perfetta
consacrazione a Gesù Cristo, afferma testualmente che il modo migliore
per consacrarsi perfettamente a Cristo è consacrarsi a Maria. Subito
dopo spiega poi che questa consacrazione consiste nel donarsi a. Lei
senza riserve. Ecco le sue parole: «.Tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo[11].
Perciò la più perfetta di tutte le devozioni è incontestabilmente
quella che ci conforma, unisce e consacra più perfettamente a Gesù
Cristo. Ora, essendo Maria la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne
segue che tra tutte le devozioni, quella che consacra e conforma di più
un'anima a Nostro Signore è la devozione a Maria, sua santa Madre, e che
più un'anima sarà consacrata a lei, più sarà consacrata a Gesù Cristo. La perfetta consacrazione a Gesù Cristo, quindi, altro non è che una consacrazione perfetta e totale di se stessi alla Vergine santissima
e questa è la devozione che io insegno. O, in altre parole, essa è una
perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo Battesimo»
(VD 120).
Nel paragrafo successivo il da Montfort spiega in che cosa consista
questa devozione, ossia «nel darsi interamente alla santissima Vergine
allo scopo di essere, per mezzo suo, interamente di Gesù Cristo».
Specifica poi che questa consacrazione esige che a Maria si dia:
«1. il nostro corpo, con tutti i suoi sensi e le sue membra; 2. la nostra anima, con tutte le sue facoltà; 3. i nostri beni esterni, cosiddetti di fortuna, presenti e futuri; 4. i nostri beni interni e spirituali, vale a dire i nostri meriti, le nostre virtù e le nostre buone opere passate, presenti e future. In breve, bisogna darle tutto quanto abbiamo nell'ordine della natura e della grazia e tutto quanto potremo avere nell'ordine della natura, della grazia o della gloria. E ciò senz'alcuna riserva, nemmeno di un soldo, di un capello e della minima buona azione. E ciò per tutta l'eternità e senza pretendere né sperare altra ricompensa per la nostra offerta e il nostro servizio che l'onore di appartenere a Gesù Cristo per mezzo di Maria e in Maria, quand'anche questa amabile sovrana non fosse, come lo è sempre, la più generosa e la più riconoscente delle creature» (VD 121). E poco più avanti: «Con questa forma di devozione ci si consacra nello stesso tempo alla Vergine santa e a Gesù Cristo: a Maria, come al mezzo perfetto che Gesù Cristo ha scelto per unirsi a noi e unirci a Lui; a nostro Signore, come al nostro fine ultimo, cui dobbiamo tutto ciò che siamo, perché è nostro Redentore e nostro Dio» (VD 125).
Dunque, secondo il da Montfort, le due formule formano una cosa sola.
Quando si parla di consacrazione a Maria si intende sempre una donazione
completa di sé a Lei, fino a raggiungere la quasi "transustanziazione"
in Lei, per usare una ardita formula di san Massimiliano Kolbe[12],
perché Ella ci aiuti a raggiungere la più stretta unione con Dio[13].
Ora tutto questo è in perfetta linea con la rivelazione biblica.
Infatti, la Sacra Scrittura insegna che il Signore Dio, lungo la storia
della salvezza, si è sempre servito di mediatori umani per condurre e
salvare il suo popolo, come pure la Scrittura insegna che il popolo di
Dio ha fatto ricorso a mediatori per avvicinarsi a Dio.
Non esiste contrasto, dunque, tra la consacrazione a Dio e la
consacrazione alla Madonna. Padre A. Apollonio giustamente vede
nell'esemplarità di Cristo (cf Lc 1,26-38) e nella maternità spirituale
di Maria (cf Gv 19,25-27) il fondamento della consacrazione mariana che,
proprio per questo, non si può opporre alla consacrazione fondamentale a
Dio mediante il Battesimo.
A Dio apparteniamo in quanto Lui è il nostro Creatore e Signore. A
Maria apparteniamo come figli, in forza della Maternità spirituale
universale che Ella ha su di noi, per volontà di Dio. Si parla, perciò,
di consacrazione a Maria in senso analogico[14]. Così spiega J. De
Finance:
«Costituita per mezzo della Maternità divina Madre di tutti gli uomini, Maria partecipa misteriosamente al ruolo vivificatore universale del Cristo. Noi dipendiamo da Lei in ciò che abbiamo di più profondo: il nostro essere di grazie. Per questo è possibile, in senso secondario, analogico, ma non metaforico, consacrarsi a Lei»[15].
Si deve dire che la consacrazione a Maria è, in definitiva, un mezzo non
solo possibile, ma consigliato per vivere meglio la consacrazione
battesimale e per portarla a perfezione.
«La consacrazione battesimale e il rinnovo delle promesse battesimali, dunque - scrive padre Apollonio -, non escludono la consacrazione alla Madonna, se questa viene intesa e vissuta come mezzo per perfezionare la stessa consacrazione battesimale e così progredire nel cammino di santificazione. Essendo un "modo eccellente di consacrarsi a Cristo" (san Luigi M. G. da Montfort) la consacrazione a Maria non deve essere vista come un doppione parallelo alla nostra consacrazione battesimale, bensì il modo eccellente per realizzarla»[16].
Applicando questo criterio alla «prospettiva biblica», va detto che «la
consacrazione alla Madonna deve intendersi come dinamico perfezionamento
della persona nel cammino spirituale che conduce alla piena conformità a
Cristo (cf Rm 8,29)»[17].
Per questo S. De Fiores può scrivere che «la Scrittura, riservando il
termine "consacrazione" al rapporto con Dio, non condanna l'uso
analogico di esso nel senso di un'attribuzione parziale e limitata del
suo concetto o di qualche suo elemento a una creatura santa come
Maria»[18].
In effetti, come è stato notato sopra, il termine e dunque il concetto
di consacrazione da secoli è stato pacificamente attribuito all'atto con
cui una persona fa l'offerta spontanea di se stesso alla Madre di Dio
per manifestare il proprio amore verso di Lei, per mettersi a sua
completa disposizione, donandosi interamente a Lei e per mettere se
stesso e, spesso, i propri cari sotto la sua potente protezione. Questo
atto di devozione veniva e viene fatto a vari livelli di intensità. Ciò
che differenzia la consacrazione dal semplice affidamento è l'aspetto
attivo della consacrazione. Con essa, infatti, si intende fare un atto
positivo di offerta completa di sé a Maria in modo da essere sua
proprietà assoluta, cosicché Lei possa prendere pieno possesso del
consacrato e agire con la massima libertà in lui e attraverso di lui.
L'affidamento sottolinea l'aspetto di fiducia, con cui si chiede una
speciale protezione alla Vergine, ma denota un atteggiamento passivo.
Inoltre, chi affida rimane proprietario di ciò che ha dato in custodia. È
un atto paragonabile a quello di colui che mette del denaro in banca
affinché sia custodito, magari con molti interessi, ma al momento
opportuno lo riprende e lo usa a suo piacimento. Chi consacra qualcosa o
se stesso, lo dona senza condizioni in proprietà. In fondo
nell'affidamento manca anche quell'aspetto di totalità del dono,
presente invece nel concetto di consacrazione. Non solo. Consacrare e
consacrazione hanno una valenza sacra, a differenza di affidamento,
soprattutto nel linguaggio attuale, in cui affidamento richiama spesso o
l'ambito dell'assistenza sociale o quello bancario[19]. Affidamento
rimanda, è vero, al concetto pienamente religioso di fiducia, di
abbandono fiducioso. Nel concetto di consacrazione si fa, invece,
riferimento ad una sacra consegna totale e incondizionata, dunque a un
atto di estrema fiducia e di abbandono senza riserve con un fine
soprannaturale.
Ma se si volesse privilegiare comunque il termine affidamento nel
linguaggio comune, soprattutto nelle preghiere rivolte a Maria
Santissima, come sta accadendo in più parti, bisogna ricorrere a
spiegazioni aggiuntive per esprimere ciò che il termine consacrazione,
usato in senso analogico, esprime con immediatezza e con maggiore
precisione e intensità.
b) Alcuni interventi magisteriali
Recentemente la Sacra Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti nel Direttorio su Pietà popolare e Liturgia[20]
ha dedicato un paragrafo alla consacrazione-affidamento a Maria" (n.
204), riconoscendone la vasta diffusione soprattutto lungo il corso
degli ultimi secoli: «Percorrendo la storia della pietà si incontrano
varie esperienze, personali e collettive, di "consacrazione - consegna -
affidamento alla Vergine" (oblatio, servitus, commendatio, dedicatio).
Esse si riflettono nei manuali di preghiera e negli statuti di
associazioni mariane, nei quali troviamo formule di "consacrazione" e
preghiere in vista o in ricordo di essa». Aggiunge poi che «Nei
confronti della pia pratica della "consacrazione a Maria" non sono rare
le espressioni di apprezzamento dei Romani Pontefici e sono note le
formule da essi pubblicamente recitate[21]. Un ben conosciuto maestro
della spiritualità sottesa a tale pratica è san Luigi Maria Grignion de
Montfort, "il quale proponeva ai cristiani la consacrazione a Cristo per
le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni
battesimali" (RM 48)».
Con queste parole il Direttorio riconosce dunque la validità
della pratica della consacrazione, apprezzata dai Romani Pontefici e
raccomandata dai Santi. Segue un paragrafo di importanza fondamentale,
in cui vengono elencati i presupposti teologici che spingono alla
pratica della "consacrazione" a Maria:
«Alla luce del testamento di Cristo (cf Gv 19,25-27), l'atto di "consacrazione" è infatti riconoscimento consapevole del posto singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa, del valore esemplare e universale della sua testimonianza evangelica, della fiducia nella sua intercessione e nell'efficacia del suo patrocinio, della molteplice funzione materna che essa svolge, quale vera madre nell'ordine della grazia (cf LG 61; RM 40-44), in favore di tutti e di ciascuno dei suoi figli».
Dunque la "consacrazione" presuppone l'approfondimento «del posto
singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della
Chiesa», un posto unico, in cui Maria è elevata al di sopra della
condizione del resto dell'umanità ed è posta in una condizione
«singolare» per la sua relazione unica con la Trinità Santissima, per la
sua Immacolata Concezione, per la sua Maternità divina, per la sua
testimonianza evangelica esemplare e per la sua Maternità universale. Ci
si consacra a Maria perché Lei è esempio perfetto di vita evangelica,
perché ella intercede per noi e ci protegge efficacemente, perché è
«Vera Madre nell'ordine della grazia» e per questo svolge molteplici
funzioni materne verso tutti i suoi figli[22].
È veramente importante che il Direttorio indichi il fondamento
biblico da cui la consacrazione a Maria trae la sua efficacia. Essa va
considerata, dice il Direttorio, «alla luce del testamento di Cristo»,
che dall'alto della Croce ci dona a sua Madre e a sua volta ci fa dono
di Lei: «Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che
egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al
discepolo: "Ecco tua Madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con
sé» (Gv 19,26-27).
Queste parole di Gesù rivelano il «posto singolare che occupa Maria di
Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa». Maria diviene «madre
nell'ordine della grazia». Consacrarsi a Lei significa riconoscere il
legame filiale che ci lega a Lei e che in noi è all'origine del dono
della grazia divina. La consacrazione a Maria ha dunque il suo
fondamento ultimo nella Volontà divina manifestata da Cristo dall'alto
della Croce. Secondo la divina Volontà, esplicitata dal "testamento" di
Cristo, è davvero essenziale entrare in questa relazione di figliolanza
con Maria.
Il Direttorio tocca a questo punto una questione particolare.
Recentemente è stato proposto da alcuni mariologi di sostituire il
termine "consacrazione" a Maria, il cui uso è da tempo consolidato nella
tradizione, con il termine "affidamento". Il motivo principale che
spingerebbe a tale cambiamento sarebbe il pericolo di mettere sullo
stesso livello la consacrazione a Maria con la consacrazione a Dio.
Il Direttorio mette giustamente in guardia da un uso impreciso
del termine "consacrazione", ma non lo vieta in modo definitivo. «Si
osserva - dice il Direttorio - che il termine "consacrazione" è
usato con una certa larghezza e improprietà: "si dice, per esempio,
'consacrare i bambini alla Madonna', quando in realtà si intende solo
porre i piccoli sotto la protezione della Vergine e chiedere per essi
la sua Materna benedizione"[23]».
Il Direttorio afferma che il termine è usato «con una certa
larghezza e improprietà». L'esempio citato è tratto da una Lettera della
Congregazione per il Culto con cui si danno degli orientamenti per la
celebrazione dell'anno mariano del 1987. In verità, ci si sarebbe
aspettati un esempio più consistente a sostegno della critica sull'uso
largo e improprio del termine consacrazione. Non sembra, in effetti, che
il devoto gesto delle mamme che "consacrano" i figli alla Madonna dopo
il Battesimo, possa rappresentare in modo esaustivo e probante l'errata
comprensione della "consacrazione" a Maria; né, d'altra parte si possono
tacciare tali mamme di essere antibibliche, antiliturgiche e
antidogmatiche. Anche perché se, forse, molte mamme compiono la
"consacrazione" dei loro piccoli alla Madonna solo per chiedere la
protezione della Vergine per essi, ciò non toglie la possibilità che
qualcuna faccia un vero e proprio atto di consacrazione o dedicazione
totale dei figli a Maria. A questo punto il Direttorio "suggerisce" di
usare invece del termine "consacrazione" quello di "affidamento" o
"donazione", e di riservare il primo solo all'offerta a Dio, fondando
questo suggerimento sui recenti progressi della teologia liturgica: «Si
comprende anche il suggerimento proveniente da più parti di utilizzare
al posto di "consacrazione" altri termini, quali "affidamento" o
"donazione". Infatti, nel nostro tempo, i progressi compiuti dalla
teologia liturgica e la conseguente esigenza di un uso rigoroso dei
termini suggeriscono di riservare il termine consacrazione all'offerta
di se stessi che ha come termine Dio, come caratteristiche la totalità e
la perpetuità, come garanzia l'intervento della Chiesa, come fondamento
i sacramenti del Battesimo e della Confermazione».
Come si è visto, si tratta solo di un "suggerimento". Il documento, non
annulla né condanna, però, l'uso corretto del termine "consacrazione".
Il fatto stesso che il Direttorio stesso abbia usato la formula
"consacrazione-affidamento", significa che, ponendosi in una posizione
mediana, esso lascia aperta la possibilità dell'uso del termine
consacrazione riferito a Maria. Di fatto oggigiorno i termini
"consacrazione" e "affidamento" sono usati entrambi, a volte anche come
sinonimi, in riferimento a Maria, anche in Atti Ufficiali della Chiesa
(cf Atto di consacrazione dei Sacerdoti di tutto il mondo a Maria, fatto da Benedetto XVI al termine dell'Anno Sacerdotale).
Pur non negando la validità dell'uso del termine "consacrazione",
tuttavia il Direttorio dà delle indicazioni perché i fedeli siano
istruiti sul corretto modo di concepirla: «In ogni caso, relativamente
a tale pratica è necessario istruire i fedeli sulla sua natura. Essa,
pur presentando le caratteristiche di dono totale e perenne, è solo
analogica nei confronti della "consacrazione a Dio"; deve essere frutto
non di un'emozione passeggera, ma di una decisione personale, libera,
maturata nell'ambito di una visione esatta del dinamismo della grazia;
deve essere espressa in modo corretto, in una linea, per così dire,
liturgica: al Padre per Cristo nello Spirito Santo, implorando
l'intercessione gloriosa di Maria, alla quale ci si affida totalmente,
per osservare con fedeltà gli impegni battesimali e vivere in
atteggiamento filiale nei suoi confronti»[24].
Dunque i due termini consacrazione-affidamento si possono usare
entrambi, anche se il primo va colto in senso analogico rispetto alla
consacrazione fondamentale del Battesimo[25]. Il contributo più
importante del Direttorio è l'aver individuato nel ruolo singolare di
Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, come è rivelato dal
testamento di Gesù sulla Croce (Gv 19,25-27), il fondamento di questo
atto del credente.
Va in ogni caso detto che il termine affidamento sembra meno preciso del
termine consacrazione e sembra non esprimere esattamente ciò che il
secondo fa in un senso molto più profondo. Tuttavia, i due concetti non
si escludono ma vanno presi insieme, come fanno i pontefici. Benedetto
XVI, il 12 maggio 2010, nella preghiera fatta ai piedi dell'effige della
Madonna della Cappellina delle apparizioni usa l'espressione: "affido e
consacro a te"[26].
Papa Giovanni Paolo II nel suo abbondante magistero mariano usa tutti e
due i termini. In effetti tutti e due i termini esprimono il
riconoscimento della fede nel singolare ruolo svolto da Maria Santissima
nell'Opera di salvezza, che si concretizza nella sua mediazione materna
e universale. Affidarsi e consacrarsi a Maria significa chiedere a Lei
che intervenga ancora più efficacemente nella propria vita per
realizzare la più perfetta unione con Dio. In ciò consiste la santità.
Perciò la consacrazione e l'affidamento a Maria tendono ad incrementare
l'impegno del cristiano nel cammino di santificazione per obbedire alla
volontà di Dio. San Pietro scrive: «Come il Santo che vi ha chiamati,
diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. Poiché sta
scritto: Sarete santi, perché io sono santo» (1Pt 1,15-16). E san Paolo
afferma: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1Ts
4,3). Riconoscendo che Maria, in conformità ad una "disposizione di Dio"
(LG 60), svolge una funzione, subordinata, di mediazione, la santa
Chiesa dunque spinge i fedeli ad amare intensamente Maria Vergine come
loro Madre nell'ordine della grazia, perché siano da Lei aiutati e
facilitati a essere "intimamente congiunti" con il Signore (LG 62). Poco
sopra è stato accennato al fatto che il Santo Padre Benedetto XVI, il
12 maggio 2010 abbia consacrato al Cuore Immacolato di Maria tutti i
Sacerdoti del mondo. Ebbene, in quell'atto di affidamento e
consacrazione il Papa fa esplicito accenno alla Mediazione di Maria.
Subito dopo cita anche un fatto tratto dalla Scrittura, che prova tale
funzione, ossia l'intervento di Maria alle nozze di Cana:
«Avvocata e Mediatrice della grazia, tu che sei tutta immersa nell'unica mediazione universale di Cristo, invoca da Dio, per noi, un cuore completamente rinnovato, che ami Dio con tutte le proprie forze e serva l'umanità come hai fatto tu. Ripeti al Signore l'efficace tua parola: «non hanno più vino» (Gv 2,3), affinché il Padre e il Figlio riversino su di noi, come in una nuova effusione, lo Spirito Santo»[27].La Lumen Gentium afferma anche che la missione materna di Maria non è mai cessata, e durerà sino alla fine dei tempi: «E questa Maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell'Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti» (n. 62). Ciò significa che anche l'atteggiamento di amore filiale dei fedeli deve durare per sempre, fino alla fine dei tempi.
Interessante notare come il documento conciliare faccia iniziare la
Maternità spirituale di Maria dal momento dell'Annunciazione, ossia dal
momento in cui Lei divenne Madre di Gesù. Questa Maternità spirituale è
legata, perciò, al consenso dato da Maria all'Incarnazione del Verbo.
Il vocabolario della mediazione è applicato dal Concilio in senso
proprio all' "unico mediatore", il Cristo, e in senso analogico alla
Vergine Maria, che è «generosamente associata alla sua opera a un
titolo assolutamente unico» (LG n. 61). La consacrazione a Maria va
compresa con le stesse categorie di LG (nn. 61- 62), in senso cioè
analogico rispetto all'unica e fondamentale consacrazione a Dio. La
consacrazione a Maria nulla toglie a questa, anzi la facilita e la porta
a compimento. La distinzione tra le due consacrazioni è reale e va
chiarita ai fedeli. La possibilità di confusione, circa il valore da
dare alle due consacrazioni, sembra però molto remota e probabilmente
così rara da non costituire affatto un pericolo per la retta fede, né da
obbligare ad una sostituzione del termine consacrazione in riferimento
alla Madonna[28]. La fede ha bisogno di essere annunciata, ma anche
spiegata. In ogni suo aspetto. Necessariamente la fede è espressa
mediante il linguaggio comune, cui viene dato, dalla Tradizione e dal
Magistero, un senso più profondo, che richiede chiarimenti[29].
Come si vedrà, la Bibbia - chiamata in causa da alcuni teologi -, come
tutta la rivelazione, non si oppone affatto all'uso del termine
consacrazione riferito a Maria perché non si oppone al linguaggio
analogico. Anzi, a partire dalla rivelazione biblica si è incoraggiati,
sull'esempio stesso di Gesù, a instaurare un rapporto di unione filiale
con Maria, che Gesù stesso ci ha comandato di accogliere come Madre (cf
Gv 19,25 -27). Di fatto, la storia della mariologia dimostra che, a
partire dalla rivelazione (Scrittura e Tradizione), l'amore fiducioso
alla Vergine è andato crescendo nel popolo di Dio, sia tra i grandi
dottori e teologi che tra la gente semplice[30]. E questo amore è andato
crescendo man mano che la riflessione teologica, guidata dal magistero
della Chiesa, ha messo in sempre maggiore rilievo lungo i secoli la
singolare santità di Maria e il suo ruolo nell'opera di salvezza e di
Redenzione[31].
Il nostro studio esaminerà anzitutto il linguaggio della consacrazione nella Scrittura. Poi esaminerà ciò che la Bibbia dice circa l'intervento di Maria nella storia della salvezza e nella vita di ciascun credente. Il Vangelo mostra, infatti, che tutti coloro che entrano in contatto con Maria sono santificati, vengono a trovarsi sotto l'influsso dello Spirito Santo e ricevono i doni messianici.
Il nostro studio esaminerà anzitutto il linguaggio della consacrazione nella Scrittura. Poi esaminerà ciò che la Bibbia dice circa l'intervento di Maria nella storia della salvezza e nella vita di ciascun credente. Il Vangelo mostra, infatti, che tutti coloro che entrano in contatto con Maria sono santificati, vengono a trovarsi sotto l'influsso dello Spirito Santo e ricevono i doni messianici.
L'uso dei termini consacrazione-consacrare nella Bibbia
Nell'Antico Testamento viene insegnato che l'uomo deve essere consacrato
a Dio. Non solo l'uomo, ma anche le cose, i luoghi, gli animali sono
consacrati a Dio; il popolo di Israele è un popolo consacrato[32].
Esiste una gradazione nella consacrazione, perché evidentemente tutte
queste realtà non sono consacrate a Dio nel medesimo rispetto.
Nel Nuovo Testamento avviene la consacrazione di tutto in Cristo, che è
il consacrato e l'Unto per eccellenza (cf Gv 10,36; At 10,38). Il Messia
consacra se stesso perché i suoi siano consacrati nella verità (Gv
17,19; cf anche At 4,27: Dio ha consacrato il Messia). Questa
consacrazione «raggiunge ogni uomo per mezzo del Battesimo (cf 2Cor
1,21; lGv 2,20.27) ed è garantita e perenne nel sigillo dello Spirito
Santo (cf 2Cor 1,22; Ef 1,13). Anzi, tutta la comunità cristiana è, in
Cristo, "stirpe eletta, Sacerdozio regale, nazione santa, popolo di
acquisto" (lPt 2,IO)»[33].
Nel linguaggio cristiano i termini consacrazione-consacrare derivano dal
latino "sacro". Per questo, per comprenderne il giusto significato
nella teologia e nella spiritualità cristiana, faremo riferimento al
loro uso nella Bibbia latina, secondo l'edizione detta Vulgata, divenuta
la Bibbia della Chiesa, della sua liturgia e del suo magistero[34].
Vedremo allo stesso tempo quali vocaboli ebraici e greci - le lingue
originali della Bibbia - la Vulgata traduca con la radice consecr-,
così da risalire al senso biblico originario di essa. Va però detto che
il termine consacrazione in italiano comprende sfumature espresse nel
latino sacro non solo con la radice consecr-, ma anche con altri termini, come oblatio, dedicatio o con i verbi devovere, mancipare[35]. Per motivi di tempo, noi ci soffermeremo ad esaminare più estesamente solo l'uso del termine consecrare-consecratio.
Il termine consacrare nell'italiano corrente significa in senso esteso
riconoscere solennemente oppure dedicare, destinare interamente e
solennemente; in senso religioso significa rendere sacro con un solenne
rito religioso o, nella Messa, consacrare il pane e il vino cioè
transustanziare le sacre Specie nel Corpo e nel Sangue di Cristo[36].
In latino cum-secrare è composto di cum cioè con, che indica il mezzo dell'azione e secrare, da sacer, sacro. Dunque significa rendere sacro solennemente mediante riti religiosi, da cui dedicare a Dio o al culto. In senso figurato può significare destinare, dedicare, convalidare.
La parola sacro deriva probabilmente dalla radice indoeuropea sac- o sak- o sag- che ha il senso di attaccare, aderire, avvincere, da cui assume il senso di cosa avvinta alla divinità[37].
In latino cum-secrare è composto di cum cioè con, che indica il mezzo dell'azione e secrare, da sacer, sacro. Dunque significa rendere sacro solennemente mediante riti religiosi, da cui dedicare a Dio o al culto. In senso figurato può significare destinare, dedicare, convalidare.
La parola sacro deriva probabilmente dalla radice indoeuropea sac- o sak- o sag- che ha il senso di attaccare, aderire, avvincere, da cui assume il senso di cosa avvinta alla divinità[37].
a) Consecrare-consecratio
La radice consecr- (verbo e sostantivo) ricorre insieme 77 volte
nella Vulgata: 48 volte il verbo e 29 il sostantivo. La Bibbia di San
Girolamo non segue un uso uniforme del verbo consecrare e del sostantivo consecratio,
nel senso che non traduce sempre gli stessi termini ebraici o greci.
Nell'AT ebraico il concetto di consacrazione è espresso con vari verbi,
ad esempio חֲנך (hanach) (Dt 20,5*2; 1Re 8,63; 2Cr 7,5; da cui il
corrispondente sostantivo חֲנֻכָּה (hanuchah) dedicazione, 7 volte),
מְשִיחָא (mashah) ungere, חֵרֶם (haram)votare allo sterminio e קָדַש
(qadash) santificare.
A titolo esemplificativo riportiamo alcuni passi che illustrano la varietà dei termini che traduce la radice latina consecr- e che può essere utile per comprendere in che senso oggi noi parliamo di consacrazione all'Immacolata.
Questa radice può indicare:
- L'atto di offerta a Dio di qualche oggetto, come l'oro, l'altare e gli oggetti per il culto. Spesso consecrare nella Vulgata AT traduce il verbo קָדַש che nella forma qal
(che è la forma verbale che dà il senso base del verbo) denota lo stato
di ciò che appartiene alla sfera del sacro, che è distinto dunque da
ciò che è d'uso comune o profano. Nel perfetto della forma base, qal, «designa la condizione presente (Nm 17,2) o futura (Es 29,21) dell'esser santo... L'imperfetto (qal)
è ingressivo ("divenir santo"), e atemporale (Es 29,37; 30,29; Lv
6,11.20; Ag 2,12), riferito al presente (1Sam 21,6) oppure al futuro (Dt
22,9).
La forma Piel spesso ha il significato fattitivo, ossia indica l'azione con cui si viene a produrre la condizione significata dal qal perfetto ("render santo, santificare"...); si ha inoltre, come in Es 20,8; Dt 32,51, il significato estimativo "ritenere santo" e per esempio in Es 19,23 il significato dichiarativo "proclamare santo"»[38]. «Il pual è il passivo del fattitivo: "essere reso santo", l'hitpael ne è il riflessivo: "santificarsi, consacrarsi (dell'uomo), "dimostrarsi santo" (Es 38,23 di Dio)... Nell'hifil domina il senso causativo "dedicare, offrire" con il dativo di Dio quale ricevente; si trova però anche il significato fattitivo "render santo, consacrare" (per esempio Gs 20,7; lCr 23,13; 2Cr 29,19; 30,17)»[39].
Da un punto di vista filologico si può dire che la radice קּﬢשׁ indica già nel protosemitico (nelle due forme fondamentali *qadis e *qadus) la condizione o la qualità della santità[40]. Il significato fondamentale di "santo" non sarebbe "separato". Questo significato «è solo una derivazione: il santo viene separato dal profano, a propria protezione e a protezione da esso, e viene collocato in un temenos o simile, solo quando viene avvertita la corrispondente necessita di protezione»[41] .
In Gdc 17,3: «consecravi et vovi argentum hoc Domino». Traduce l'espressione ebraica וַֽיְהִי־אִ֥ישׁ מֵֽהַר־אֶפְרָ֖יִם וּשְׁמ֥וֹ מִיכָֽיְהוּ׃ וַיָּ֛שֶׁב il primo è infinito assoluto hifil di קָדַש, il secondo un perfetto hifil di קָדַש la LXX ha due traduzioni: il codice A ha il sostantivo αγιασμός, con l'indicativo aoristo di αγιάζω: αγιάσμω ηγίασα το αργύριον τω Κυρίω ; l'altro codice ha il participio presente e l'indicativo perfetto di αγιάζω: αγιάζουσα ηγίασα το αργύριον τω Κυρίω (cf 2Re 12,18; Gc 6,19; Gdc 17,3; ICr 18,11; 26,27; 2Cr 2,3). Mentre dunque il greco traduce con la stessa radice tutt'e due le volte, la Vulgata traduce una volta con consecrare l'altra con vovere.
Es 40,11 usa il termine consecrabis riportando l'ordine di Dio a Mosè di consacrare l'altare e gli oggetti sacri. II v. 11 va letto però con il 9 e il 10: «et adsumpto unctionis oleo ungues tabernaculum cum vasis suis ut sanctificentur (v. 10) altare holocausti et omnia vasa eius (v. 11) labrum cum basi sua omnia unctionis oleo consecrabis ut sint sancta sanctorum».
[...]
b) Sanctificare-sanctificatio
È davvero sorprendente il fatto che la radice latina consecr-, sia come verbo che come sostantivo, non compaia mai nel NT della Vulgata. L'AT della Vulgata traduce con la radice consecr-, i termini greci ἁγιάζω - ἁγιασμός, che spesso, ma non sempre, traducono la radice קּﬢשׁ qds del TM. Nel NT invece ἁγιάζω - ἁγιασμός. sono tradotti dalla Vulgata con i termini sanctificare-sanctificatio[45].
Nel NT αγιάζω è usato appena 28 volte e ἁγιασμός 10. Si ritiene che il
verbo αγιάζω sia un verbo denominativo, ossia che abbia origine dal
sostantivo ayioc, e quindi dall'ebraico qodes o qados. Nella LXX αγιάζω traduce normalmente la radice קּﬢשׁ qds,
e «indica perciò un modo di essere relativo al culto»[46] (cf. Gen 2,3;
Es 13,2; 28,34; 29,21,43; 30,29; Lev 10,3, passim). A seconda delle
radicali ebraiche che traduce, קּﬢשׁ qds assume un significato particolare. Nella forma hifil, causativa, ha spesso il significato di consacrare; quando invece rende la forma enfatica piel significa santificare.
La santificazione avviene o attraverso cerimonie cultuali o attraverso
feste (Es 20,8; Dt 5,12). Il soggetto è sempre una persona (Dio, il
giudice, il popolo), eccetto nella forma qal, in cui può essere
anche una cosa (un tabù, per esempio; cf. Nm 17,2.3). L'oggetto del
verbo in genere sono i sacerdoti, il popolo, i luoghi e gli oggetti per
il culto, «che attraverso la santificazione vengono sottratti alla sfera
profana e trasferiti in quella del sacro. Chi commette un sacrilegio,
ossia lede le persone e gli oggetti sacri, non soggiace al giudizio
degli uomini, ma alla condanna, quasi sempre capitale, di Dio»[47].
Quasi mai il complemento oggetto è Dio (Nm 20,12; 27,14).
Nel NT αγιάζω è usato 17 volte al passivo e 11 volte all'attivo. Sono
santificati «il nome di Dio (Mt 6,9 // Lc 11,2), i credenti (Gv 17,19b;
At 20,32; 26,18; 1Cor 1,2; 6,11; 7,14; 2Tim 2,21), tutti sono
santificati mediante l'unico Figlio (Ebr 2,1 lb; cf. 10,10.14), tutto
ciò che Dio ha fatto (1Tim 4,5) e infine Cristo stesso, che è
santificato mediante il sangue del patto (Ebr 10,29, citazione di Es
24,8). Soggetto sottinteso della santificazione nella formulazione al
passivo è molto spesso Dio (passivum divinum). Solo in Ap 22,11
il passivo va tradotto come medio: "chi è santo, continui a mantenersi
santo"»[48]. Nell'attivo abbiamo Dio che santifica Cristo (Gv 10,26) o i
credenti (Gv 17,17; 1Tes 5,23); Cristo santifica se stesso (Gv 17,19a),
i credenti (Eb 2,1 la), la Chiesa (Ef 5,26).
Di particolare rilievo è la frase del Pater noster riportata da Mt (6,9) e Lc (11,2): ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου, sanctificetur nomen tuum.
Dato il contesto, si deduce che il soggetto della santificazione è lo
stesso Dio. Solo Lui può santificare infatti il suo nome, attuare il suo
regno, realizzare la sua volontà. L'espressione è una richiesta che la
santità di Dio sia resa manifesta[49].
Va detto, con Padre A. Apollonio, che il senso di αγιάζω nel NT è «su un
livello superiore» rispetto a quello che ha nell'AT, «poiché in esso
(nel NT) si manifesta pienamente la consacrazione di Cristo, l'unto del
Signore per antonomasia. Infatti, tutte le consacrazioni antico
testamentarie erano prefigurazioni dell'unica vera consacrazione
realizzatasi pienamente in Cristo, dalla quale e in vista della quale
tutte le altre consacrazioni prendono consistenza»[50].
Cristo è stato santificato/consacrato dal Padre e partecipa, a sua
volta, la sua consacrazione ai discepoli. In Gv 10,36 si dice: ὃν ὁ
πατὴρ ἡγίασεν καὶ ἀπέστειλεν εἰς τὸν κόσμον «colui che il Padre ha
santificato e ha mandato nel mondo»: così traduce l'edizione italiana
delle Paoline (IEP), mentre la CEI 2008 ha: «colui che il Padre ha
consacrato e mandato nel mondo». Questa santificazione del Cristo
«dimostra la sua divinità, e lo stesso vale per lo Spirito Santo (Rm
15,16)»[51]. Perciò Gesù può santificare, ossia riconciliare con Dio, i
suoi discepoli, perché è il "Santo di Dio", altra espressione che indica
la sua divinità[52]. Il noto brano della "preghiera sacerdotale" di
Gesù di Gv 17,15-19 è reso così dalla CEI 2008: «15Non prego che tu li
tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono
del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua
parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato
loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano
anch'essi consacrati nella verità». La Vulgata ha: «15 non rogo ut tollas eos de mundo sed ut serves eos ex malo 16de mundo non sunt sicut et ego non sum de mundo 17sanctifica eos in veritate sermo tuus veritas est 18sicut me misisti in mundum et ego misi eos in mundum 19et pro eis ego sanctifico me ipsum ut sint et ipsi sanctificati in veritate».
Il testo greco ha: οὐκ ἐρωτῶ ἵνα ἄρῃς αὐτοὺς ἐκ τοῦ κόσμου ἀλλ’ ἵνα
τηρήσῃς αὐτοὺς ἐκ τοῦ πονηροῦ. 16ἐκ τοῦ κόσμου οὐκ εἰσὶν καθὼς ἐγὼ οὐκ
εἰμὶ ἐκ τοῦ κόσμου . 17ἁγίασον αὐτοὺς ἐν τῇ ἀληθείᾳ· ὁ λόγος ὁ σὸς
ἀλήθειά ἐστιν. 18καθὼς ἐμὲ ἀπέστειλας εἰς τὸν κόσμον, κἀγὼ ἀπέστειλα
αὐτοὺς εἰς τὸν κόσμον· 19καὶ ὑπὲρ αὐτῶν ἐγὼ ἁγιάζω ἐμαυτόν, ἵνα ὦσιν καὶ
αὐτοὶ ἡγιασμένοι ἐν ἀληθείᾳ.
Gesù santifica i suoi mediante il sacrificio espiatorio di se stesso. Il
suo Sangue diventa lo strumento di riconciliazione dei santificati (cf.
Eb 2,11; 10,29; 13,12). Dunque espiazione e santificazione sono in
stretto rapporto[53].
In san Paolo il verbo ἁγιάζω è usato soprattutto in senso passivo, ed è
più evidente il collegamento della santificazione con la
giustificazione, piuttosto che come atto divino, avvicinandosi ancora al
concetto di sacrificio. Perciò si parla spesso di coloro che sono stati
santificati. Il fondamento della santificazione e della giustificazione
va individuato nella «comunione battesimale con il Cristo (Rm 6,4; Col
2,12)»[54]. La santificazione è uno stato. Ciò si vede bene in 1Cor
7,14, dove leggiamo che il coniuge santo santifica l'altro coniuge
pagano.
In altri testi paolini, più tardivi, il concetto di santità è vicino a
quello di purità (Ef 1,4; 5,26; Col 1,22; lTm 4,5; 2Tm 2,21).
In 1Pt 3,15 l'apostolo invita i cristiani a santificare Cristo «in
quanto essi come ἅγιοι. (1,16) costituiscono il Tempio immacolato in cui
dimora il Signore. Anche qui la purezza di cuore è vista come la
condizione necessaria della santificazione»[55].
Dunque la Vulgata non traduce mai ἁγιάζω con consecro ma con sanctifico. Riserva il termine consecro
all'AT. Ciò potrebbe essere indizio di una scelta mirata. Se per
consacrazione si intende l'azione di riservare qualcosa all'uso divino
escludendola dall'uso profano, allora si potrebbe supporre che, secondo
il NT della Vulgata, i cristiani non sono più solo consacrati a Dio,
cioè tolti dal mondo profano e inseriti in una condizione "sacra", ma
santificati nell'intimo da Dio in Cristo, mediante l'effusione dello
Spirito santificatore.
Gesù è definito "Santo" dall'Angelo («Colui che nascerà sarà dunque
Santo»); dagli indemoniati (che ho a che fare con te? Io so chi tu sei,
il Santo di Dio). Da Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai
parole di vita eterna, 69e noi abbiamo creduto e abbiamo riconosciuto
che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69). Proprio perché Gesù è Santo,
santifica anche coloro che credono in Lui. Sempre in Gv è detto che Gesù
santifica se stesso e santifica nella verità i suoi. Questo potrebbe
stare a significare che secondo la Vulgata i cristiani sono santificati
da Dio (con il Battesimo) e che tale partecipazione è più profonda di
quella che avveniva nell'AT con la consacrazione a Dio. Con la
santificazione operata da Cristo mediante la sua Incarnazione (lettera
agli Ebrei) e la sua offerta sacrificale l'uomo è condotto a vivere ad
un livello di unione con Dio che non era possibile raggiungere prima
(nell'AT).
San Paolo scrivendo ai Corinti li saluta così: ἡγιασμένοις ἐν Χριστῷ
Ἰησοῦ, τῇ οὔσῃ ἐν Κορίνθῳ, κλητοῖς ἁγίοις, «ai santificati in Cristo
Gesù, chiamati [ad essere] santi» (ICor 1,2). Poco più avanti nella
medesima Lettera san Paolo ricorda ai Corinti che da pagani sono
diventati cristiani e dunque sono stati santificati: καὶ ταῦτά τινες
ἦτε· ἀλλὰ ἀπελούσασθε, ἀλλὰ ἡγιάσθητε, ἀλλὰ ἐδικαιώθητε ἐν τῷ ὀνόματι
τοῦ κυρίου Ἰησοῦ καὶ ἐν τῷ πνεύματι τοῦ θεοῦ ἡμῶν. 12Πάντα μοι ἔξεστιν·
ἀλλ’ οὐ πάντα συμφέρει. πάντα μοι ἔξεστιν· ἀλλ’ οὐκ ἐγὼ ἐξουσιασθήσομαι
ὑπό τινος, «E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete
stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù
Cristo e nello Spirito del nostro Dio!».
Per questo nel cap. 7 san Paolo insegnerà che i cristiani diventano
fonte loro stessi di santificazione per quelli della loro famiglia:
ἡγίασται γὰρ ὁ ἀνὴρ ὁ ἄπιστος ἐν τῇ γυναικί, καὶ ἡγίασται ἡ γυνὴ ἡ
ἄπιστος ἐν τῷ ἀδελφῷ· ἐπεὶ ἄρα τὰ τέκνα ὑμῶν ἀκάθαρτά ἐστιν, νῦν δὲ ἅγιά
ἐστιν., «sanctificatus est enim vir infidelis in muliere fideli et
sanctificata est mulier infidelis per virum fidelem alioquin filii
vestri immundi essent nunc autem sancti sunt». In questo senso si inserisce l'attività di Maria nella nostra santificazione.
Il sostantivo ἁγιασμός, è un nomen actionis derivante da ἁγιάζω.
Nell'AT LXX è raro. Ricorre 9 volte, con il senso di santità o
santificazione, quasi sempre in relazione al culto. Assume il senso di
consacrazione nel codice "A" di Gdc 17,3: la madre di un certo Mica
decide di consacrare al Signore una somma ingente di denaro presagli di
nascosto dal figlio e da lui stesso restituitagli dopo la maledizione
lanciata dalla madre contro il ladro. Interessante notare che in 17,5 la
vulgata non traduce, come spesso nell'AT, la formula tecnica che indica
la consacrazione dei sacerdoti ("riempire le mani") con il verbo consecrare, ma traduce alla lettera: Mica «implevitque unius filiorum suorum», e riempì le mani di un suo figlio, perché gli facesse da sacerdote. In Am 2,11 εἰς ἁγιασμόν traduce לִנְזִרִ֑ים, a nazirei, tradotto nazarenos dalla Vulgata.
All'interno del NT ἁγιασμός, non compare mai nei Vangeli e negli Atti.
Compare 9 volte nel corpus paulinum e in lPt 1,2. Non ha alcuna
corrispondenza con il sostantivo consacrazione. In tutti i casi
significa santificazione o, a volte, santità. In esso assume un forte rilievo il momento etico. È usato spesso con le preposizioni evij e evn.
«L'azione espressa ἁγιασμός; e dal verbo ἁγιάζειν può partire soltanto
da una persona santa, sicché può santificare se stesso soltanto chi,
avendo acquistato con l'espiazione l'amicizia di Dio, si trova nello
stato di santità secondo il principio formulato in Ap 22,11: ὁ ἅγιος
ἁγιασθήτω ἔτι. L' ἁγιασμός. presuppone tutto un processo interiore,
all'origine del quale sta il dato eminentemente religioso della
riconciliazione con Dio»[56].
Possiamo ritenere, perciò, che la radice terminologica italiana consacrare corrisponda, anche se solo in parte, al concetto di ἁγιάζω - ἁγιασμός, del NT.
Riassumendo tutta questa analisi, con S. De Fiores possiamo dire che nel
cristianesimo il sacro è «imperniato sulla persona di Gesù Cristo, il
"Nato-santo" (Lc 1,35: τὸ γεννώμενον ἅγιον), il "Santo di Dio" (Lc
4,3-4; Mc 1,24; Gv 6,69; lGv 2,20), che rende vicino il Dio santo e fa
entrare in comunione con lui. Egli è il Tempio vivo del Dio vivo (Gv
2,19.21), l'unico mediatore dell'accesso al Padre nello Spirito (1Tm
2,5; Ef 2,18). È il consacrato dallo Spirito (Lc 4,18), che si consacra
al "Padre santo" (Gv 17,2) perché a loro volta i fedeli siano
consacrati (Gv 17,19)... La Chiesa è il popolo santo, consacrato e
partecipe alla santità di Cristo (lPt 2,9; Ef 5,26). Tempio di Dio è
ormai l'assemblea dei battezzati e ogni singolo fedele (1Cor 3,16; 6,19;
2Cor6,16; Ef2,21)»[57].
[...] (continua)
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1 Il Santo Padre Benedetto XVI lo ha ricordato al Sinodo sulla Parola di
Dio, in un suo memorabile intervento in cui esorta gli esegeti a non
separare mai l'esegesi dalla teologia perché l'esegesi vera e utile alla
salvezza è quella teologica (cf. L'Osservatore Romano del 19
ottobre 2008, p. 1). Il padre A. Apollonio, nel suo studio sulla
consacrazione mariana da parte sua scrive in proposito: «La Vergine
Maria occupa un posto centrale nella Storia della Salvezza. Tuttavia, la
singolarità e l'eccellenza della Vergine non si desume né dalla
quantità dei riferimenti biblico- mariologici espliciti, né da
un'analisi puramente filologica dei testi, bensì da una lettura
teologica delle fonti, la quale rilevi la singolarità della funzione che
Maria di Nazareth svolse nell'Opera della Redenzione, al fianco del suo
Figlio Gesù» (A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, in Immaculata Mediatrix 1 (2001/3) 60).
2 La legittimità dell'uso di questo termine in senso analogico viene
confermata dal frequente uso fattone dai Sommi pontefici. Ricordiamo
l'atto di consacrazione di tutti i sacerdoti al Cuore Immacolato di
Maria fatto dal papa Benedetto XVI il 12 maggio 2010 a Fatima.
3 Cf. A. APOLLONIO La consacrazione a Maria, passim.
4 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, pp. 60-62.
3 Cf. A. APOLLONIO La consacrazione a Maria, passim.
4 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, pp. 60-62.
5 S. M. Perrella nota che Pio XII volle che la consacrazione a Maria, da
lui fatta il 31 ottobre 1942, «fosse ripetuta in occasione della festa
di "Maria Regina", da lui istituita e fissata al 31 maggio, confermando
con questo gesto che la consacrazione mariana è legata alla sua Regalità
e alla sua Mediazione» (La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea. Saggi di Teologia (Studi Mariologici 4) PAMI, Città del Vaticano 2005, p. 283, nota 477, che cita: cf. G. M. MORREALE, La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria nella dottrina di Pio XII, Desclée, Roma 1964).
La Lumen Gentium afferma infatti: «La funzione Materna di Maria
verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica
mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Ogni salutare influsso
della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità
oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga
dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla
mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la
sua efficacia, e non impedisce minimamente l'unione immediata dei
credenti con Cristo, anzi la facilita» (n. 60). E ancora: «Ciò però va
inteso in modo che nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla
efficacia di Cristo, unico Mediatore. Nessuna creatura infatti può mai
essere paragonata col Verbo Incarnato e Redentore. Ma come il sacerdozio
di Cristo è in vari modi partecipato, tanto dai sacri ministri, quanto
dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in
vari modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore
non esclude, bensì suscita nelle creature una varia cooperazione
partecipata da un'unica fonte. La Chiesa non dubita di riconoscerla
apertamente; essa non cessa di farne l'esperienza e la raccomanda
all'amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano
più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore» (n. 62).
6 In quest'atto il Santo Padre usa una volta il verbo consacrare e una volta il sostantivo affidamento e una volta consacrazione.
7 Così ne dava notizia l'Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo
Pontefice: «Al termine della celebrazione, prima della benedizione
conclusiva, il Santo Padre rinnoverà l'atto di affidamento e di
consacrazione dei sacerdoti alla Santissima Vergine, secondo la formula
usata in occasione del recente pellegrinaggio a Fatima. Tale atto
avverrà davanti all'immagine originale della Madonna "Salus populi romani» (tratto da http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2010/documents /ns_lit_doc_20100610_conclusione-anno-sac_it.html).
8 San Giovanni DAMASCENO (|749 ca.), Omelia I sulla Dormizione, I, 14, in TMPM, II, p. 519, citato da S. De FlORES, Consacrazione, in Maria. Nuovissimo Dizionario, vol. I, EDB, Bologna 2006, p. 361. Cf. anche PG 96, 719.
9 S. DE FlORES, Consacrazione, p. 400, citato da A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 75.
10 S. De Fiores a proposito riconosce che il Montfort giunge a
dichiarare la consacrazione a Maria «non solo inseparabile dalla
consacrazione a Cristo ma addirittura a considerarla ad modum unius e a identificarla con essa» (S. De FlORES, Consacrazione, p. 373).
11 Cf. San Luigi M. Grignion da Montfort, Trattato della vera devozione a Maria [=VD], nn. 61-62.
12 Scritti Kolbiani n. 508. In una lettera a padre Antonio
Vivoda, scritta da san Massimiliano sulla nave che lo portava da Shangai
ad Hong Kong, leggiamo queste parole infuocate d'amore per
l'Immacolata: «Noi vogliamo essere cosi e più ancora illimitatamente
ossessi da Essa, che Essa stessa pensi, parli, agisca per mezzo di
noialtri. Vogliamo essere fino a quel punto dell'Immacolata che non
soltanto non rimanga niente in noi che non sia di Essa, ma che
diventiamo quasi annientati in Essa, cambiati in Essa, transustanziati in Essa, che rimanga Essa stessa. Che siamo così di Essa, come Essa è di Dio» (Scritti di Massimiliano Kolbe, Centro Nazionale Milizia dell'Immacolata, ENMI Editrice Nazionale M.I., Roma 1997).
13 Scrive padre A. Apollonio: «Nella prospettiva di san Massimiliano,
Gesù è l'esemplare della consacrazione a Maria: "Rivolgiamo lo sguardo
verso Gesù, il nostro modello più perfetto. Egli, Dio, la santità
stessa, si dona all'Immacolata senza alcuna riserva, diviene suo figlio,
vuole che Ella lo guidi a proprio piacere per ben trent'anni della sua
vita terrena. Abbiamo forse bisogno di un incoraggiamento migliore?»
(San Massimiliano M. KOLBE, Volontà di Dio e volontà dell'Immacolata, in Informator Rycerstwa Niepokalanej, IX 1938, p. 34).
14 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
15 J. De FlNANCE, La consécration à la Sainte Vierge, Ed. Unions mariales, Paris 1946.
16 A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
17 Ivi, v. 68.
14 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
15 J. De FlNANCE, La consécration à la Sainte Vierge, Ed. Unions mariales, Paris 1946.
16 A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
17 Ivi, v. 68.
18 S. DE FlORES, Maria nella teologia contemporanea, Centro di Cultura Mariana "Maria Madre della Chiesa", Roma 1991, p. 330.
19 Affidamento, secondo lo Zingarelli 2010 (s.v.), significa: «1) L'affidare. 2) Fiducia, garanzia: una persona non dà nessun affidamento. Fare affidamento su qlcu. o su qlco., contarci.
Sinonimo di Assegnamento. 3) Opinione che si basa sull'apparenza di una
determinata situazione di fatto o di diritto. 4) Consegna di un minore a
una famiglia, a una singola persona o a un ente di assistenza che ne
diventano i responsabili. 5) Concessione di credito da parte di una
banca a un cliente». Affidare significa: «Dare, consegnare alla cura,
alla custodia, alla capacità di una persona fidata: affidare le chiavi
ad un amico; affidare la propria salute ad un bravo medico; Assegnare:
gli hanno affidato un alto incarico. 2) Rendere fiducioso, sicuro.
3) Concedere fido a una persona» (idem, s.v.). Affidarsi significa:
«Mettersi con fiducia nelle mani di qualcuno o confidare in qualcuno: affidarsi a un buon medico; affidarsi all'altrui discrezione, alla sorte» (idem).
20 Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2002. Cf.
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc
_con_ccdds_doc_200-20513_vers-direttorio_it.html.
21 Vedi l'Atto di affidamento alla Beata Vergine Maria pronunciato da GIOVANNI PAOLO II la domenica 8 ottobre 2000, in comunione con i Vescovi raccolti a Roma per il Grande Giubileo.
22 S.M. Perrella, valutando l’intervento del Direttorio sulla “consacrazione a Maria”, stranamente salta a piè pari questo paragrafo. In realtà esso è fondamentale, come abbiamo visto, perché spiega l’alto valore teologico di questa pratica. Il nostro autore passa invece direttamente al paragrafo successivo, che mette in guardia dal reale pericolo di scambiare la consacrazione con un semplice sentimento di fiducia nella Vergine. Per questo egli crede di poter accusare di mancanza di senso ecclesiale e di arretratezza teologica coloro che ancora propongono la pratica della consacrazione, secondo lui, con «forme ed espressioni obsolete», di cui però non dà alcuna esemplificazione (Maria nel post-concilio, 291).
22 S.M. Perrella, valutando l’intervento del Direttorio sulla “consacrazione a Maria”, stranamente salta a piè pari questo paragrafo. In realtà esso è fondamentale, come abbiamo visto, perché spiega l’alto valore teologico di questa pratica. Il nostro autore passa invece direttamente al paragrafo successivo, che mette in guardia dal reale pericolo di scambiare la consacrazione con un semplice sentimento di fiducia nella Vergine. Per questo egli crede di poter accusare di mancanza di senso ecclesiale e di arretratezza teologica coloro che ancora propongono la pratica della consacrazione, secondo lui, con «forme ed espressioni obsolete», di cui però non dà alcuna esemplificazione (Maria nel post-concilio, 291).
23 Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Lettera circolare Orientamenti e proposte per la celebrazione dell'Anno mariano, p. 86.
24 Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su Pietà popolare e Liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano 2002.
25 II Direttorio però tace la differenza reale e sostanziale tra i
termini consacrazione e affidamento. In effetti, il secondo dice molto
di meno rispetto al primo.
26 Cf. L'Osservatore Romano del 14-15 maggio 2010, p. 7: «Madre
amabilissima, tu conosci ciascuno per il suo nome, con il suo volto e la
sua storia, e a tutti vuoi bene con la benevolenza materna che sgorga
dal cuore stesso di Dio Amore. Tutti affido e consacro a te, Maria
Santissima, Madre di Dio e nostra Madre» (tratto il 1 luglio 2010 dal
sito:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/prayers/documents/M_benxvi_20100512_prayer-fatìma_
it.html).
27 Atto di affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria.
Preghiera del papa Benedetto XVI. Chiesa Santissima Trinità - Fatima
Mercoledì, 12 maggio 2010. Cf.
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/prayers/documents/hf_benxvi_20l00512_affidamento-
fatima_it.html.
28 Nelle comunità di fedeli, sia tra le persone più dotte come tra
quelle dalla fede semplice e spontanea, dove vi sia una solida
formazione dogmatica, biblica, mariologica e liturgica non si vede
assolutamente il pericolo di una perdita del sommo valore del sacramento
del Battesimo e dei suoi effetti nella vita, a causa di devoti atti di
consacrazione alla Madonna. Il pericolo esiste dove non vi sia questa
solida formazione cattolica, che sicuramente deve essere colmata.
29 C'è invece chi propone di sostituire il termine consacrazione con
affidamento non tanto in nome di una maggiore aderenza al dato biblico,
quanto in nome della mutata mentalità e sensibilità dell'uomo moderno
(?!). Secondo S. M. Perrella si deve evitare di parlare di consacrazione
a Maria. Il termine consacrazione va riservato solo a Dio. Questa
sarebbe una esigenza scaturita dalla riforma liturgica, che viene da una
rinnovata teologia (ci domandiamo: cosa significa "rinnovata teologia"?
Una Teologia "rinnovata" deve necessariamente essere "in rotta" con la
Tradizione?). Perrella alla fine però ammette che il popolo di Dio che
si vuole consacrare a Maria deve essere ben istruito, in particolare
deve saper che la consacrazione a Maria è in analogia con quella
fondamentale a Dio (cf. Id., La consacrazione alla Madre del Signore: un atto martiriale per il Regno. La testimonianza di San Massimiliano M. Kolbe, in Miles Immaculatae
35 (1999/1) 147-228, citazione a p. 206). A noi basti pensare invece
che il Papa di recente ha consacrato tutti i sacerdoti del mondo al
Cuore Immacolato di Maria. Inoltre, il Direttorio, come abbiamo appena
visto, fa, sì, quell'osservazione sull'improprietà con cui a volte è
usato il termine consacrazione, tuttavia dà solo un'indicazione
pastorale, senza dare una direttiva definitiva sull'abolizione del
termine consacrazione in riferimento a Maria. Anzi, dà delle indicazioni
pratiche per coloro che hanno cura pastorale, esortando a «istruire i
fedeli sulla sua natura...» (Direttorio, n. 204).
30 Cf. opere specifiche: articoli di padre Stefano M. Manelli su Maria nella storia della salvezza, pubblicati in vari numeri di Immaculata Mediatrix;
S. M. RAGAZZINI, Maria vita dell'anima. Itinerario mariano alla
Santissima Trinità, Casa Mariana Editrice, Frigento 1984; S. De FlORES,
Storia della Mariologia.
31 Cf. articolo di A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, in cui l'Autore fa una sintetica ma densa storia della consacrazione alla Madonna.
32 Scrive perciò bene B. MORlCONI: «La consacrazione è un concetto
comune a tutte le espressioni religiose e può riguardare cose, luoghi e
persone che hanno una relazione speciale con la divinità (con il sacro),
nel senso di "separate" per essa o ad essa "dedicate". Nell'Antico
Testamento riguarda, di fatto, oggetti, luoghi e persone scelti e
dedicati a Yahweh per mezzo di un rito di unzione»: Maria modello di consacrazione nel Nuovo Testamento, in La Vergine Maria e la vita consacrata (Convegni mariani, n° 15), Centro di Cultura Mariana, Roma 1995, p. 30.
33 B. MORICONI, Maria modello di consacrazione, p. 31.
34 Curata da san Girolamo alla fine del IV secolo e agli inizi del V per
ordine di papa san Damaso allo scopo di evitare la confusione creata
dalle numerose versioni latine esistenti. Fu un vero punto di
riferimento per la Chiesa. Durante il Concilio di Trento venne
proclamata testo giuridicamente autentico (8 aprile 1856), e da Pio XII
nella Divino afflante Spiritu testo da usare nelle catechesi e
nelle dispute teologiche: «Questa preminente autorità, ovvero, come suol
dirsi, autenticità della Volgata fu dal Concilio decretata non già
principalmente per motivi di critica, ma piuttosto per l'uso legittimo
che se ne fece nelle Chiese lungo il corso di tanti secoli: il quale uso
dimostra che essa, nel senso in cui la intese e intende la Chiesa, va
affatto immune da errore in tutto ciò che tocca la fede ed i costumi. Da
questa immunità, di cui la Chiesa fa testimonianza e dà conferma,
proviene che nelle dispute, lezioni e prediche si possa citare la
Volgata in tutta sicurezza e senza pericolo di sbagliare. Perciò
quell'autenticità va detta non critica, in prima linea, ma piuttosto giuridica» (Pio XII, Divino afflante Spiritu, cap. II, § 1).
35 Scrive F. Ciardi: «I Padri e i teologi conciliari hanno utilizzato il
verbo "consacrare" per indicare l’azione di Dio e il verbo "devovere" o
"mancipare" per indicare l’azione o la risposta dell’uomo. Il testo
chiave è Lumen Gentium 44: il religioso con la professione dei consigli
evangelici "divino obsequio intimius consecratur". Ad un Padre che
chiedeva di esplicitare ulteriormente quel "consecratur" la Commissione
teologica rispondeva – dando così una interpretazione autorevole al
testo – che "consecratur" è "sub forma passiva. subintelligendo ‘a Dio’…
consacrare indicat actionem divinam; pro actione umana dicendum est
devovere vel mancipare". Per altri testi cf. Perfectae Caritatis 5 e
11». Tratto il 9 maggio 2011 da: http://www.christusrex.org/www1
/omi/qdv4.htm.
36 Cf. N. Zingarelli, Lo Zingarelli 2010. Vocabolario della lingua italiana, Ed. Zanichelli 2009, s.v. Cf. anche A. Apollonio, La consacrazione a Maria,
49-51, dove cita 8 significati su 16 che vengono dati al termine
consacrare da S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana,
vol. III, UTET, Torino 1971, s.v., 580.
37 Secondo altri potrebbe derivare dalla radice sanscrita sac-ate, che significa seguire, accompagnare e a volte adorare, dunque servire, onorare la divinità (cf. http://www.etimo.it/?term=sacro&find=Cerca).
38 Mueller, col. 532.
39 Mueller, col. 533.
40 H.-P. Mueller, קּﬢשׁ, in E. JENNI-C. Westermann, Dizionario Teologico dell'Antico Testamento, Marietti, Casale Monferrato 1982, col. 532.
41 Mueller, col. 531.
[...]
45 Non sembra tuttavia corretto assimilare sic et simpliciter il termine consecro con sanctifico.
Non sempre i due termini vanno considerati sinonimi. Infatti, nell'AT
sono, sì, presenti tutte e due le terminologie, ma non sempre hanno lo
stesso significato e non sempre traducono gli stessi termini ebraici o
greci.
46 O. PROCKSCH, ἁγιάζω, in GLNT, Paideia, Brescia 1965, col. 299.
47 Ivi, col. 300.
48 H. BALZ, ἅγιος;, in H. BALZ-G. SCHNEIDER (a curadi), Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, vol. I, Paideia, Brescia 1995, col. 45.
49 Cf. Idem.
50 A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 53.
51 H. BALZ, ἅγιος, p. 45.
52 Cf. O. PROCKSCH, ἅγιος, pp. 272-273.
53 Cf. O. PROCKSCH, ἁγιάζω, pp. 301-302.
54 Ivi, p. 303.
55 Ivi, p. 304.
56 O. PROCKSCH, ἁγιασμός, p. 305.
57 S. De FlORES, Consacrazione, p. 382.
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