Lettera ad amici e benefattori.
In questa lettera Mons. Fellay riassume e proclama in modo chiaro e ufficiale la posizione costante della Fraternità di fronte agli errori moderni
Cari amici e benefattori,
già da molto tempo questa lettera
avrebbe dovuto pervenirvi, ed è con gioia, in questo tempo pasquale, che
vorremmo fare il punto ed esporre qualche riflessione sulla situazione
della Chiesa.
Come sapete, la Fraternità si è trovata
in una posizione delicata durante una parte dell’anno 2012, in seguito
all’ultimo tentativo di Benedetto XVI di cercare di normalizzare la
nostra situazione. Le difficoltà sono venute, da una parte, dalle
esigenze che hanno accompagnato la proposta romana – le quali, come
sempre, non possiamo e non vogliamo sottoscrivere -, e d’altra parte, da
una mancanza di chiarezza da parte della Santa Sede che non permetteva
di conoscere esattamente la volontà del Santo Padre, né ciò che era
disposto a concederci. La confusione causata da queste incertezze si è
dissipata a cominciare dal 13 giugno 2012, con una conferma netta, il 30
dello stesso mese, tramite una lettera dello stesso Benedetto XVI che
esprimeva chiaramente e senza ambiguità le condizioni che ci avevano
imposto per una normalizzazione canonica.
Queste condizioni sono di ordine
dottrinale; esse portano all’accettazione totale del Concilio Vaticano
II e della messa di Paolo VI. E quindi, sul piano dottrinale, come ha
scritto Monsignor Agostino di Noia, vice-presidente della Commissione Ecclesia Dei,
in una lettera indirizzata ai membri della Fraternità San Pio X alla
fine dell’anno scorso, noi siamo sempre al punto di partenza, lo stesso
che si poneva negli anni ’70.
Noi dobbiamo purtroppo sottoscrivere
questa constatazione delle autorità romane, e riconoscere l’attualità
dell’analisi di Monsignor Marcel Lefebvre, fondatore della nostra
Fraternità, che non è mai cambiata nei decenni che hanno seguito il
Concilio, fino alla sua morte. La sua percezione molto giusta, sia
teologica sia pratica, vale ancora oggi, dopo cinquant’anni dall’inizio
del Concilio.
Noi vorremmo ricordare questa analisi che la Fraternità San Pio X ha sempre
fatto propria e che rimane il filo conduttore della sua posizione
dottrinale e della sua azione: pur riconoscendo che la crisi che scuote
la Chiesa ha anche delle cause esteriori, è proprio il Concilio stesso
l’agente principale della sua auto-distruzione.
Dopo la fine del Concilio, Monsignor
Lefebvre illustrò, in una lettera al Cardinal Alfredo Ottaviani del 20
dicembre 1966, i danni causati dal Concilio alla Chiesa tutta. Li ho già
citati nella Lettera agli Amici e Benefattori n°68, del 29 settembre
2005. È utile rileggerne oggi qualche estratto:
« Subito ne sono state tratte le conseguenze, e sono state applicate alla vita della Chiesa:
- I dubbi sulla necessità della Chiesa e dei Sacramenti, comportano la sparizione delle vocazioni sacerdotali.
- I dubbi sulla necessità e la
natura della “conversione” di tutte le anime, comportano la sparizione
delle vocazioni religiose, la rovina della spiritualità tradizionale nei
noviziati, l’inutilità delle missioni.
- I dubbi sulla legittimità
dell’autorità e sull’esigenza dell’ubbidienza, provocati
dall’esaltazione della dignità umana, dell’autonomia della coscienza,
della libertà, fanno vacillare tutte le società, a cominciare dalla
Chiesa alle società religiose, alle diocesi, alla società civile, alla
famiglia. L’orgoglio ha per normale conseguenza le
concupiscenze degli occhi e della carne. E vedere a che punto di
decadenza morale sia giunta la maggior parte delle pubblicazioni
cattoliche è forse una delle più spaventose constatazioni della nostra
epoca. Senza alcun ritegno, vi si parla della sessualità, della
limitazione delle nascite con tutti i mezzi, della legittimità del
divorzio, dell’educazione in ambienti misti, del flirt, dei balli come
mezzi necessari per l’educazione cristiana, del celibato dei preti, ecc.
- I dubbi sulla necessità della
grazia per essere salvati, provocano la disistima del battesimo,
rimandato ormai a più tardi, l’abbandono del sacramento della penitenza.
Peraltro, qui si tratta soprattutto dell’attitudine dei preti e non dei
fedeli. Lo stesso dicasi per la Presenza Reale, sono i preti che
agiscono come se non vi credessero più: nascondendo il Santissimo
Sacramento, sopprimendo tutti i segni di rispetto verso di Esso e tutte
le cerimonie in Suo onore.
- I dubbi sulla necessità della
Chiesa come unica fonte di salvezza, sulla Chiesa cattolica come la sola
vera religione, che derivano dalle dichiarazioni sull’ecumenismo e
sulla libertà religiosa, distruggono l’autorità del Magistero della
Chiesa. Infatti, Roma non è più la “Magistra Veritatis” unica e
necessaria.
« Messi con le spalle al muro dai fatti, occorre dunque concludere che il Concilio ha favorito in maniera inconcepibile la diffusione degli errori liberali.
La fede, la morale, la disciplina ecclesiastica tremano fin nelle fondamenta, secondo la predizione di tutti i Papi.
La distruzione della Chiesa avanza a passi rapidi. Il Sommo Pontefice è ridotto all’impotenza dall’autorità esagerata concessa alle conferenze episcopali. Quanti esempi dolorosi in un solo anno! E tuttavia solo il Successore di Pietro può salvare la Chiesa. »
La fede, la morale, la disciplina ecclesiastica tremano fin nelle fondamenta, secondo la predizione di tutti i Papi.
La distruzione della Chiesa avanza a passi rapidi. Il Sommo Pontefice è ridotto all’impotenza dall’autorità esagerata concessa alle conferenze episcopali. Quanti esempi dolorosi in un solo anno! E tuttavia solo il Successore di Pietro può salvare la Chiesa. »
Il 24 novembre 1974, in seguito alla
visita apostolica al seminario di Ecône, Monsignor Lefebvre ritenne
necessario riassumere la sua posizione nella celebre dichiarazione che
avrà come conseguenza, qualche mese più tardi, l’ingiusta soppressione
canonica della Fraternità San Pio X, che il nostro fondatore e i suoi
successori hanno sempre considerato nulla. Questo testo capitale si
apriva con questa professione di fede, che è quella di tutti i membri
della Fraternità:
<<Noi aderiamo con tutto il cuore,
con tutta la nostra anima alla Roma cattolica, guardiana della Fede
cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento di questa fede,
alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità.
<< Noi rifiutiamo di contro, e
abbiamo sempre rifiutato di seguire, la Roma della tendenza
neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel
Concilio Vaticano II e, dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne
sono venute.
<< Tutte queste riforme, in
effetti, hanno contribuito ancora alla demolizione della Chiesa, alla
rovina del Sacerdozio, all’annientamento del Sacrificio e dei
sacramenti, alla scomparsa della vita religiosa, ad un insegnamento
naturalista e teilhardiano nelle università, nei seminari, nelle
catechesi, insegnamenti impartiti dal liberalismo e dal protestantesimo
condannato più volte dal magistero solenne della Chiesa.>>
E la dichiarazione si concludeva con queste righe:
<< La sola condotta fedele alla
Chiesa e alla dottrina cattolica, per la nostra salvezza, è il rifiuto
categorico dell’accettazione della Riforma.
<< Ecco perché senza alcuna
ribellione, alcuna amarezza, alcun risentimento noi proseguiamo la
nostra opera di formazione sacerdotale sotto la stella del magistero di
sempre, persuasi che noi non possiamo rendere un servizio più grande
alla santa Chiesa cattolica, al sovrano Pontefice e alle generazioni
future.>>
Nel 1983, ricordando il senso della
battaglia per la Tradizione, Monsignor Lefebvre indirizzava un manifesto
episcopale a Giovanni Paolo II, co-firmato da Monsignor de Castro
Mayer, in cui denunciava, ancora una volta, le devastazioni causate
dalle riforme post-conciliari e lo spirito nefasto che si era sparso
ovunque. Egli sottolineava, in particolare, gli argomenti riguardanti il
falso ecumenismo, la collegialità, la libertà religiosa, il potere del
Papa e la nuova messa:
- Il falso ecumenismo:
<< Questo ecumenismo è ugualmente contrario agli insegnamenti di Pio XI nell’enciclica Mortalium animos:
su questo punto è opportuno esporre e rigettare una certa falsa
opinione che è alla radice di questo problema e di questo movimento
complesso per mezzo del quale i non-cattolici si sforzano di realizzare
un’unione delle chiese cristiane. Coloro che aderiscono a questa
opinione citano costantemente queste parole di Nostro Signore Gesù
Cristo: “Affinché siano tutti uno… e si farà un solo gregge e un solo
Pastore” (Giovanni 17,21 e 10,16) e pretendono che per mezzo di queste
parole Gesù esprima un desiderio o una preghiera che non è stata mai
realizzata. Essi pretendono, di fatto, che l’unità della fede e del
governo, che è una della note della vera Chiesa di Cristo, praticamente
fino ad oggi non è mai esistita e ancora oggi non esiste.
<<
Questo ecumenismo, condannato dalla morale e dal diritto cattolico,
giunge fino al punto di consentire la ricezione dei sacramenti della
penitenza, dell’ eucaristia e dell’ estrema unzione da “ministri
non-cattolici” (Canone 844 N.C.) e favorisce “l’ospitalità ecumenica”
autorizzando i ministri cattolici ad impartire il sacramento
dell’eucaristia a dei non-cattolici.>>
- La collegialità:
<< La dottrina, già suggerita dal documento Lumen Gentium
del Concilio Vaticano II, sarà ripresa esplicitamente dal nuovo Diritto
Canonico (Can. 336); dottrina secondo la quale il collegio dei vescovi
unito al Papa gode allo stesso modo del potere supremo nella Chiesa in
maniera abituale e costante.
<< Questa dottrina del doppio potere supremo è
contraria all’insegnamento e alla pratica del magistero della Chiesa,
specialmente nel Concilio Vaticano I (Dz. 3055), e nell’enciclica di
Leone XIII Satis cognitum. Solo il Papa ha questo potere
supremo che egli comunica nella misura in cui lo ritiene opportuno e in
circostanze straordinarie.
<< A
questo grave errore si collega l’orientamento democratico della Chiesa,
i poteri risiedenti nel “popolo di Dio” così come è definito nel nuovo
Codice. Questo errore giansenista è condannato dalla Bolla Auctorem Fidei di Pio VI (Dz. 2602).>>
- La libertà religiosa:
<< La dichiarazione Dignitatis Humanae del
Concilio Vaticano II afferma l’esistenza di un falso diritto naturale
dell’uomo in materia religiosa, contrariamente agli insegnamenti
pontifici, che negano formalmente una simile blasfemia.
<< Così Pio IX nella sua enciclica Quanta cura e nel Sillabo, Leone XIII nelle sue encicliche Libertas praestantissimum e Immortale Dei, Pio XII nella sua allocuzione Ci riesce, ai giuristi cattolici italiani, negano che la ragione e la rivelazione fondino un diritto simile.
<<
Il Vaticano II crede e professa, in maniera universale, che “la Verità
non può imporsi che per la forza propria della Verità”, ciò si oppone
formalmente agli insegnamenti di Pio VI contro i giansenisti del
concilio di Pistoia (Dz. 2604). Il Concilio arriva a questa assurdità
affermando il diritto di non aderire e di non seguire la Verità, di
obbligare i governi civili a non più discriminare per motivi religiosi,
stabilendo l’uguaglianza giuridica tra le false e la vera religione. (…)
<<
Le conseguenze del riconoscimento da parte del Concilio di questo falso
diritto dell’uomo minano le fondamenta del regno sociale di Nostro
Signore, scuotono l’autorità e il potere della Chiesa nella sua missione
di far regnare Nostro Signore negli spiriti e nei cuori, conducendo il
combattimento contro le forze sataniche che soggiogano le anime. Lo
spirito missionario sarà accusato di esagerato proselitismo.
<<
La neutralità degli Stati in materia religiosa è ingiuriosa per Nostro
Signore e la sua Chiesa, quando si tratta di Stati a maggioranza
cattolica.>>
- Il potere del Papa:
<< Certamente il potere del Papa
nella Chiesa è un potere supremo, ma non può essere assoluto e senza
limiti, dato che è subordinato al potere divino, che si esprime nella
Tradizione, nella Sacra Scrittura e nelle definizioni già promulgate dal
magistero ecclesiastico (Dz. 3116).
<< Il potere del Papa è
subordinato e limitato al fine per il quale gli è stato conferito.
Questo fine è chiaramente definito da papa Pio IX nella Costituzione Pastor aeternus del
concilio Vaticano I (Dz. 3070). Costituirà un intollerabile abuso di
potere modificare la costituzione della Chiesa e pretendere di
appellarsi al diritto umano contro il diritto divino, come nella libertà
religiosa, nell’ospitalità eucaristica autorizzata dal nuovo Codice,
nell’affermazione dei due poteri supremi nella Chiesa.
<< È chiaro che in questi casi e
in altri simili, è un dovere per tutto il clero e i fedeli cattolici di
resistere e di rifiutare l’obbedienza. L’obbedienza cieca è un
controsenso e nulla assolve dalla responsabilità per avere obbedito agli
uomini piuttosto che a Dio (Dz. 3115); e questa resistenza deve essere
pubblica se il male è pubblico ed è oggetto di scandalo per le anime
(Somma teologica, II, II, 33, 4).
<< Questi sono dei princìpi elementari di morale, che regolano i rapporti dei soggetti con tutte le legittime autorità.
<< Questa resistenza trova altrove
una conferma nel fatto che d’ora in avanti coloro che si attengono alla
Tradizione e alla fede cattolica siano penalizzati, e che coloro che
professino delle dottrine eterodosse o compiano dei veri sacrilegi non
se ne preoccupino in alcun modo. E’ la logica dell’abuso di potere.
>>
- La nuova messa:
<< Contrariamente agli insegnamenti del Concilio di Trento nella sessione XXII, contrariamente all’enciclica Mediator Dei
di Pio XII, si è esagerato lo spazio dei fedeli nella partecipazione
alla messa e diminuito lo spazio del sacrificio propiziatorio. Si è
esaltata la cena comunitaria laicizzandola, a spese del rispetto e della
fede nella presenza reale della transustanziazione.
<< Sopprimendo la lingua sacra,
sono stati pluralizzati all’infinito i riti rendendoli profani a causa
di apporti mondani o pagani e sono state divulgate false traduzioni, a
spese della vera fede e della vera pietà dei fedeli. >>
Nel 1986, a proposito dell’incontro
interreligioso di Assisi, che costituì un incredibile scandalo nella
Chiesa cattolica, e soprattutto una violazione del primo di tutti i
comandamenti - << adorerai un solo Dio>> - in cui si vide il
Vicario di Cristo invitare i rappresentanti di tutte le religioni a
invocare i loro falsi dei, Monsignor Lefebvre protestò con veemenza.
Dirà anche di aver visto in questo evento insopportabile per tutti i
cuori cattolici, uno dei segni che egli aveva domandato al Cielo, prima
di poter procedere ad una consacrazione episcopale.
Nella Lettera ad Amici e Benefattori n°
40 del 2 febbraio 1991, don Franz Schmidberger, secondo superiore
generale della Fraternità San Pio X, riprende l’argomento e ribadisce la
posizione cattolica in un piccolo compendio degli errori contemporanei
opposti alla fede. E noi abbiamo chiesto a qualche confratello di
riassumere in una sorta di vademecum l’insieme di questi punti in
diverse opere pubblicate da allora, tra cui il notevole Catechismo della crisi della Chiesa di don Matthias Gaudron (Edizioni Rex Regum).
Oggi, sulla stessa linea, non possiamo
che ripetere ciò che Monsignor Lefebvre e don Schmidberger dopo di lui
hanno affermato. Tutti gli errori che hanno denunciato, noi li
denunciamo. Supplichiamo il Cielo e le autorità della Chiesa, in
particolare il nuovo Sommo Pontefice, Papa Francesco, Vicario di Cristo,
Successore di Pietro, di non lasciare che le anime si perdano perché
non ricevono più la sana dottrina, il deposito rivelato, la fede, senza
la quale niente può essere salvato, niente può piacere a Dio.
A cosa serve dedicarsi agli uomini se si
nasconde loro l’essenziale, lo scopo e il senso della loro vita, e la
gravità del peccato che da ciò li allontana? La carità per i poveri, i
più indifesi, gli infermi, i malati, è sempre stata una preoccupazione
reale per la Chiesa, e non bisogna dispensarsene, ma se ciò si riducesse
a pura filantropia e ad antropocentrismo, allora la Chiesa non
compirebbe più la sua missione, non condurrebbe più le anime a Dio, cosa
che non si può fare realmente se non in virtù dei mezzi soprannaturali,
la fede, la speranza, la carità, la grazia. E quindi con la denuncia di
tutto ciò che vi si oppone: gli errori contro la fede e contro la
morale. Infatti, se, nonostante questa denuncia, gli uomini peccano,
sono dannati per l'eternità. La ragion d’essere della Chiesa è di
salvarli e di evitare il male della loro dannazione eterna.
Ovviamente, ciò non farà piacere al mondo, che si rivolta contro la Chiesa, spesso con violenza, come ci mostra la storia.
Eccoci dunque a Pasqua 2013, e la
situazione della Chiesa resta quasi invariata. Le parole di Monsignor
Lefebvre assumono un accento profetico. Tutto si è realizzato, e tutto
continua con grande danno delle anime che non ascoltano più dai loro
pastori il messaggio di salvezza.
Senza lasciarci sconfortare, sia per la
durata di questa crisi terribile, sia per il numero di sacerdoti, di
vescovi che continuano l’auto-distruzione della Chiesa, come riconobbe
Paolo VI, noi continuiamo, nella misura dei nostri mezzi, a proclamare
che la Chiesa non può cambiare né i suoi dogmi, né la sua morale. Perché
non si possono colpire le sue venerabili istituzioni senza provocare un
disastro. Se certe modifiche accidentali sulla forma esteriore devono
essere fatte – come naturalmente si produce in tutte le istituzioni
umane - esse non possono in alcun caso essere fatte in opposizione ai
princìpi che hanno guidato la Chiesa per tutti i secoli precedenti.
La consacrazione a San Giuseppe, decisa
dal Capitolo generale nel luglio 2012, arriva proprio in un momento
decisivo. Perché San Giuseppe? Perché è il patrono della Chiesa
cattolica. Egli continua ad avere per il Corpo mistico il ruolo che Dio
Padre gli aveva affidato nei confronti del suo Divin Figlio. Essendo
Gesù Cristo il Capo della Chiesa, testa del Corpo mistico, ne consegue
che colui che era incaricato di proteggere il Messia, Figlio di Dio
fatto uomo, vede la sua missione estendersi a tutto il Corpo mistico.
Così come il suo ruolo è stato molto
discreto e in gran parte nascosto – pur essendo pienamente efficace -
così il ruolo di protettore – efficacissimo anche sulla Chiesa - viene
eseguito nella massima discrezione. È solo nel corso dei secoli che si è
manifestata in modo sempre più chiaro la devozione a San Giuseppe. Uno
dei più grandi santi, uno dei più discreti. Sull’esempio di Pio IX, che
lo dichiarò patrono di tutta la Chiesa, sull’esempio di Leone XIII che
confermò questo ruolo e introdusse la magnifica Preghiera a San Giuseppe, patrono della Chiesa universale -
che noi recitiamo tutti i giorni nella Fraternità - sull’esempio di San
Pio X, che aveva una devozione specialissima per San Giuseppe, di cui
portava il nome, noi vogliamo fare nostre, in questo momento drammatico
della storia della Chiesa, questa devozione e questo patrocinio.
Cari Amici e Benefattori della
Fraternità San Pio X, vi benedico di tutto cuore, esprimendo la mia
gratitudine per le vostre preghiere e per la vostra generosità a favore
dell’opera di restaurazione della Chiesa intrapresa da Monsignor
Lefebvre. E ancora di più, domando a San Giuseppe di ottenervi le grazie
divine di cui le vostre famiglie hanno bisogno per rimanere fedeli alla
Tradizione cattolica.
+ Bernard Fellay
Marzo 2013
Nessun commento:
Posta un commento