In pratica, le anime perfette vanno direttamente in Paradiso; le anime imperfette invece
(cioè le anime buone, ma con delle macchie non ancora pienamente
purificate) vanno in Purgatorio, per essere purificate e rese perfette.
Anche in Purgatorio ci sono infiniti livelli, come per il Paradiso e
l’Inferno: si va da un Purgatorio relativamente lieve e che dura
pochissimo o poco tempo, a un Purgatorio più severo e lungo (vari
decenni o secoli, per dirlo nel nostro linguaggio legato al tempo), fino
all’ultimo stadio del Purgatorio, che è praticamente indistinguibile
dall’Inferno quanto alla gravità dei tormenti e inoltre, in certi casi
estremi, potrà durare persino fino alla fine del mondo.
Ad ogni modo va detto che le pene del Purgatorio sono comunque molto, molto, molto dolorose, anche nei livelli più elevati, dove vengono purificate anime già quasi sante. A giudizio di parecchi teologi, persino la più piccolapena
del Purgatorio è più dolorosa della più grande sofferenza che sia
possibile patire mentre siamo ancora sulla terra. Se noi sapessimo
veramente quanto sono dolorose le pene del Purgatorio, di certo staremmo
più attenti a non commettere peccati veniali e tantomeno mortali, anche
se poi corressimo subito a confessarci. Infatti anche i peccati che
adesso ci sembrano bazzecole e di cui quasi non ci accorgiamo, come ad
esempio la mormorazione verso gli altri, un risentimento coltivato più o
meno a lungo nel nostro animo, i giudizi, le piccole vanità o
permalosità o pigrizie o impazienze, potremmo doverli pagare a caro
prezzo in Purgatorio, così come le nostre omissioni o la nostra poca
preghiera. Ci conviene davvero purificarci il più possibile quaggiù
sulla terra: qui, tra l’altro, le sofferenze che patiamo hanno un valore
meritorio e soddisfattorio che le rende particolarmente preziose, in
quanto le possiamo accettare liberamente, offrendole a Dio perché le accolga.
I
castighi del Purgatorio (come anche quelli dell’Inferno) sono per così
dire duplici, in quanto si distinguono in pena del senso e pena del
danno. La pena del senso consiste nelle diverse afflizioni
positive con cui l’anima viene tormentata, afflizioni che sono di
diverso genere secondo una logica di contrappasso per le diverse
categorie di peccati commessi in vita. Benché si tratti di afflizioni
atroci, la pena del senso è poca cosa se messa a confronto con la pena del danno,
che è la vera essenza del Purgatorio. La pena del danno consiste nel
fatto di non poter ancora vedere e possedere Dio, quel Dio che tutte le
anime purganti ora amano con intensità struggente. Esse, infatti, sono
rese consapevoli della vanità di ogni cosa creata e della propria totale
dipendenza dal Creatore, al di fuori del quale nulla è degno di essere
desiderato. Il vuoto e il dolore causato in loro dal mancato possesso di
Dio, anche se temporaneo, è quindi lancinante e indicibile.
In
compenso, tutte le anime del Purgatorio, anche quelle che stanno più
“in basso” e dunque soffrono di più, sono pienamente rassegnate alla
volontà di Dio e anzi si sottomettono volentieri alle loro sofferenze,
perché vedono bene che le hanno meritate e che, grazie ad esse, si
rendono sempre più degne dell’ingresso definitivo in Paradiso. Le anime
del Purgatorio hanno la grandissima gioia di essere assolutamente certe
della loro salvezza eterna, e anche di sapere che non potranno mai più
offendere Dio nemmeno con il più piccolo peccato veniale. Almeno in
questo dovremmo invidiarle!
“Ogni minima pena del Purgatorio è più grave della massima pena nel mondo. Tanto differisce la pena del fuoco del Purgatorio dal nostro fuoco, quanto il nostro fuoco differisce da quello dipinto.”.
(San Tommaso d’Aquino).
“La
mia vocazione religiosa e sacerdotale è una grazia immensa che
attribuisco alla mia quotidiana preghiera per le anime del Purgatorio,
che ancor bambino imparai da mia madre”.
(Beato Angelo D’Acri).
“
Dopo la morte, sono rare le anime che vanno direttamente in Paradiso:
la moltitudine delle altre che muoiono in grazia di Dio deve essere
purificata dalle pene acerbissime del Purgatorio”.
(San Roberto Bellarmino)
“Per
la strada, nei ritagli di tempo prego sempre per le anime del
Purgatorio. Queste sante anime con la loro intercessione mi hanno
salvato da tanti pericoli dell’anima e del corpo”.
(San Leonardo da Porto Maurizio).
“Quando
voglio ottenere qualche grazia da Dio ricorro alle anime del Purgatorio
e sento di essere esaudita per la loro intercessione”.
(Santa Caterina da Bologna).
“Il
Signore dispone che tante anime facciano il loro Purgatorio in terra e
fra noi, sia per istruzione dei vivi, sia a suffragio dei defunti”.
(San Tommaso d’Aquino)
�Il
dogma cattolico del Purgatorio suppone l’immortalità dell’anima umana e
l’esistenza, per quest’anima, d’un'altra vita, dopo che la morte l’ha
separata dal suo corpo. (Quella dell’immortalità dell’anima) è una
verità d’ordine razionale, confermata dalla rivelazione cristiana:
verità fondamentale, base dell’ordine morale, che il materialismo cerca
invano di oscurare con i suoi sofismi”.
(Marti Jugie, Le Purgatoire, I,1,1).
“Non
ho mai chiesto grazie alle anime del Purgatorio senza essere esaudita.
Anzi, quelle che non ho potuto ottenere dagli spiriti celesti le ho
ottenute per intercessione delle anime del Purgatorio”.
(Santa Teresa d’Avila).
“Ogni
giorno ascolto la Santa Messa per le anime sante del Purgatorio; a
questa pia consuetudine debbo tante grazie che continuamente ricevo per
me e per i miei amici”.
(Santa Contardo Ferrni).
“Un
giorno, mentre andavo a comunicarmi, vidi, con gli occhi dell’anima, ma
più chiaramente che con quelli del corpo, due demoni di aspetto
abominevole, che sembravano stringere fra le corna la gola del povero
sacerdote. Mentre questi veniva a porgermi l’Ostia che teneva in mano,
vidi in essa il mio Signore con (immensa) maestà. Compresi che
quell’anima era in peccato mortale: le sue mani erano quelle di un
peccatore. Che orrore, Signore mio, vedere la tua ineffabile bellezza in
mezzo a Figure così abominevoli! I demoni stavano innanzi a te come
impauriti e tremanti; e ben si vedeva che, se tu l’avessi permesso,
sarebbero fuggiti volentieri. Ne ebbi tale turbamento, che non so come
sia riuscita a comunicarmi, senza dire del timore che poi mi prese circa
l’origine della visione, per credere che Dio, se era da lui, non mi
avrebbe permesso di vedere la condizione di quel suo ministro. Ma egli
mi disse di pregare per lui, aggiungendo che l’aveva permesso per farmi
conoscere la verità delle parole della consacrazione, per le quali egli
non lascia di farsi presente nell’Ostia, nonostante l’indegnità del
sacerdote che le pronuncia. Volle, insieme, mostrarmi la sua grande
bontà nel mettersi anche nelle mani di un suo nemico, pur di essere in
mio bene ed in bene di tutti. Compresi quanto i sacerdoti siano
obbligati ad essere migliori degli altri, come sia orribile ricevere
indegnamente questo santissimo Sacramento, e quanto il demonio la sappia
fare da padrone sopra un’anima in peccato mortale. Rimasi con grandi
vantaggi e con una conoscenza più chiara di quanto dovevo a Dio. Sia
egli per sempre benedetto”.
(Vita di S. Teresa, 38,23 scritta da lei stessa).
“La
devozione delle anime purganti è la migliore scuola di vita cristiana:
ci spinge alle opere di misericordia, ci insegna la preghiera, ci fa
ascoltare la Santa Messa, abitua alla meditazione e alla penitenza,
sprona a compiere buone opere ed a fare l’elemosina, fa evitare il
peccato mortale e temere il peccato veniale, causa unica della
permanenza delle anime nel Purgatorio”.
(San Leonardo da Porto Maurizio).
“Per quattro motivi dobbiamo meditare sul Purgatorio e pregare per le anime purganti.
- Le pene del Purgatorio sono più acerbe di tutte le pene di questa vita.
- Le pene del Purgatorio sono lunghissime.
- Le anime purganti non possono aiutarsi da sé, ma solo noi possiamo suffragarle.
- Le anime del Purgatorio sono moltissime, vi rimangono lunghissimamente, soffrono pene innumerevoli.”
(San Roberto Bellarmino).
“La
preghiera per i defunti è più accetta a Dio di quella per i vivi perché
i defunti ne hanno bisogno e non possono aiutarsi da sé, come possono
invece fare i vivi”.
(San Tommaso d’Aquino)
“Per
i vostri defunti, per dimostrare ad essi il vostro amore, non offrire
solo viole, ma soprattutto preghiere; non curate soltanto la pompa
funebre, ma suffragateli con elemosine, indulgenze, ed opere di carità;
non preoccupatevi solo per la costruzione di tombe sontuose, ma
specialmente per la celebrazione del santo Sacrificio della Messa. Le
manifestazioni esterne sono un sollievo per voi, le opere spirituali
sono un suffragio per essi, da essi tanto atteso e desiderato”.
(San Giovanni Crisostomo).
“E’
certo che nulla è più efficace per il suffragio e la liberazione delle
anime dal fuoco del Purgatorio, dell’offerta a Dio per esse del
Sacrificio della Messa”.
(San Roberto Bellarmino).
“Durante
la celebrazione della Santa Messa quante anime vengono liberate dal
Purgatorio! Quelle per cui si celebra non soffrono, accelerano la loro
espiazione o volano subito in Cielo, perché la Santa Messa è la chiave
che apre due porte: quella del Purgatorio per uscirne, quella del
Paradiso per entrarvi per sempre”.
(San Girolamo).
“Non può essere ozioso che la Chiesa universale sia solita supplicare per i defunti”.
(Aug., De cura pro mortuis gerenda, 1).
“Prega
sempre la Santissima Vergine per le anime del Purgatorio. La Madonna
attende la tua preghiera per portarle al trono di Dio e liberare subito
le anime per cui tu preghi”.
(San Leonardo da Porto Maurizio).
“I mezzi principali con cui possiamo soccorrere e liberare le anime del Purgatorio sono:
- La preghiera e l’elemosina.
- La Santa Messa e la santa Comunione.
- Le indulgenze e le opere buone.
- L’atto eroico di carità”.
(Jugie).
“Dopo
la morte saremo esaminati da Gesù Cristo in giudizio particolare: se
l’anima è senza peccato e senza dubbio di pena, va in paradiso; se ha
qualche peccato veniale va in Purgatorio fino a che non abbia
soddisfatto, se è in pericolo mortale, quale ribelle inconvertibile a
Dio, va all’Inferno”
(cfr. Catechismo della dottrina cristiana, S. Pio X, 99).
“Figuriamoci
un’anima che, uscendo da questo mondo, entra nell’eternità in grazia di
Dio. Ella si presenta tutta piena d’umiltà e di confidenza innanzi a
Gesù, suo Giudice e Salvatore. Gesù l’abbraccia, la benedice e le fa
sentire quelle dolci parole: “Vieni, mia sposa, dal Libano. Vieni: sarai
coronata”. (Cant., 4,8). Se l’anima ha bisogno di purificarsi, la manda
in Purgatorio; ed ella, tutta rassegnata, abbraccia il castigo, poiché
essa stessa non vuole entrare in cielo, in quella patria di purità, se
non tutta purificata. Viene l’angelo custode per condurla al Purgatorio.
L’anima, prima lo ringrazia dell’assistenza fattale in vita, e poi
ubbidiente lo segue”.
(S. Alfonso de Liguori, Via della Salute. Prima meditazione sul Paradiso,1).
“Poco
tempo dopo mi ammalai. La cara Madre Superiora mi mandò, insieme ad
altre due suore, a passare le vacanze a Skolimòw, un po’ fuori Varsavia.
In quel tempo domandai al Signore Gesù: “ Per chi ancora devo
pregare?”. Gesù mi rispose che la notte seguente m’avrebbe fatto
conoscere per chi dovevo pregare. Vidi l’Angelo Custode, che mi ordinò
di seguirlo. In un momento mi trovai in un luogo nebbioso, invaso dal
fuoco e, in esso, una folla enorme di anime sofferenti. Queste anime
pregano con grande fervore, ma senza efficacia per se stesse: soltanto
noi le possiamo aiutare. Le fiamme che bruciavano loro, non mi
toccavano. Il mio Angelo Custode non mi abbandonò un solo istante. E
chiesi a quelle anime quale fosse il loro maggior tormento. Ed
unanimemente mi risposero che il loro maggiore tormento è l’ardente
desiderio di Dio. Scorsi la Madonna che visitava le anime del
Purgatorio. Le anime chiamano Maria “Stella del Mare”. Ella reca loro
refrigerio. Avrei voluto parlare più a lungo con loro, ma il mio Angelo
Custode mi fece cenno d’uscire. Ed uscimmo dalla porta di quella
prigione di dolore. Udii nel mio intimo una voce che disse: “ La mia
Misericordia non vuole questo, ma lo esige la giustizia”. Da allora sono
in rapporti più stretti con le anime sofferenti del Purgatorio”.
( Santa Maria Faustina Kowalska, dal Diario del 1925)
“Ebbi
un breve rapimento, nel quale capii che Dio voleva farmi la grazia
speciale di liberare (dal Purgatorio) quante anime volevo. Mi sembra che
gliene chiedessi trentatré per ognuno dei trentatré anni della sua vita
sulla terra. Ma in questo punto stesso Dio esigeva da me il consenso a
patire maggiormente. Se ciò avessi fatto, la grazia l’avrei ricevuta
subito. Diedi il consenso a tutto quello che mi chiedeva Dio. In questo
mentre mi pare che Dio mi facesse vedere un numero grande di anime.
Tutte andavano i n Paradiso; e pareva che mi ring razziassero con
giubilio grande. Tutto capivo, per via di comunicazione; ed apprendevo
che Dio mi aveva fatto tal grazia, per i meriti della Passione di Gesù e
per la partecipazione delle pene e dei dolori che sentivo in me. In
questo, mi confermò la grazia di farmi sentire molti dolori. L’anima mia
diede il consenso a tutto, secondo la volontà di Dio”.
(Santa Veronica Giuliani, Diario, 23 marzo 1703).
“La
Chiesa cattolica, illuminata dallo Spirito Santo, e deducendo la sua
dottrina dalla Sacra Scrittura e dall’antica tradizione dei Padri, ha
insegnato nei sacri Concili e, ultimamente, in questo Sinodo ecumenico,
che il Purgatorio esiste, e che le anime ivi trattenute vengono aiutate
coi suffragi dei fedeli e, in modo particolare, con l’accentevolissimo
(a Dio) sacrificio dell’altare. (Perciò) il santo Sinodo comanda ai
vescovi di darsi premura che la santa dottrina del Purgatorio, trasmessa
dai santi Padri e dai sacri Concili, sia creduta dai fedeli cristiani,
praticata, insegna e predicata dovunque”.
(Concilio di Trento, Decreto sul Purgatorio, del 3 dicembre 1563).
“Era
morto monsignor Marengo, vescovo di Carrara. Tutti lo stimavano un
santo, ma sette anni dopo una suora di Maria Ausiliatrice lo vide
camminare sotto i portici dell’istituto di Nizza. Sorpresa, si avvicinò:
“Eccellenza, lei qui? Come mai?”. “Mi avete lasciato in Purgatorio”,
rispose il vescovo. “Ho lavorato tanto in questo istituto e non si prega
più per me”. “In Purgatorio un vescovo così santo…” “Non basta essere
santi davanti agli uomini, ma bisogna esserlo anche davanti a Dio.
Pregate per me!” Furono indetti pubblici suffragi e una settimana dopo,
riapparendo, il vescovo disse riconoscente: “Sono uscito dal Purgatorio.
Ringrazio delle carità. Prego per voi”.
(Dal mensile Il ricordo dei nostri morti, aprile 1956. p. 11, Ed. Dehoniane, Bologna).
“La
sera del 12 settembre 1906, Giuseppina Berettoni fu inviata ad
assistere una giovane che da otto o dieci mesi si trovava malata in casa
ed era ormai vicina a morire. Era rassegnata alla malattia, ma non a
finire la vita. Giuseppina andò sollecita e le parlò del Paradiso, dove
la Madonna l’avrebbe portata subito dopo la morte se si conformava alla
volontà di Dio. E le disse che le restava solo mezz’ora di vita, non tre
giorni come il medico pensava. La ragazza ricevette i sacramenti e si
dispose serenamente. Levando gli occhi in alto ed esclamando: “Oh, la
Madonna!”, spirò. Giuseppina chiese ai presenti di rimanere sola con la
defunta; e tutti uscirono dalla stanza. “Mi misi a pregare - narrò poi -
e subito vennero molti che io vidi come trasparenti, tali e quali li
avevo visti altre volte; sennonché c’era qualcosa di speciale: tutti
vestivano tonache bianche e nelle mani portavano palme che terminavano
in giglio… e cantavano! – Che fate voi?. Chiesi al primo. – Noi delle
vergini onoriamo anche la spoglia. – Ma è già tra voialtri? – E che ne
dubiti?- E così dicendo me la mostrò tra di loro. – Stai già in
Paradiso?- le chiesi. – Sono solo passata per il Purgatorio – rispose-
accompagnata dalla Madonna. Dirai al mio fidanzato Attilio che si
consacri a Gesù e così starà insieme a me; altrimenti non potrà starvi.
E’ un giovane molto buono”.
(P. Antico Giuseppina Berettoni, Centro G. B., Roma 1978).
“Una
pena che molto affligge le anime benedette del Purgatorio è il pensiero
del tempo che hanno perduto in vita, durante la quale potevano
acquistarsi più meriti per il Paradiso, e che a tale perdita non possono
più rimediare, perché, finito il tempo della vita, è finito anche il
tempo di meritare”.
(S. Alfonso de Liguori, Novena de’morti,2).
“Verso
l’autunno del 1917 si trovava in quel tempo a San Giovanni Rotondo
(Foggia) Assunta di Tommaso (1894-1953), sorella di padre Paolino,
superiore del convento dei Cappuccini, che era venuta a visitare il
fratello e dormiva nella foresteria. Una sera, dopo cena, padre Paolino,
insieme a padre Pio andò a salutare la sorella, che si tratteneva
vicino al focolare. Quando furono colà padre Paolino disse: “Padre Pio,
tu puoi restare qua vicino al fuoco, mentre noi andiamo un po’ a fare le
preghiere. Padre Pio, che era stanco, si mise a sedere sul lettino con
la solita corona in mano, quando viene preso da una sonnolenza che
subito gli passa, apre gli occhi e vede un vecchio avvolto in un piccolo
cappotto che stava seduto vicino al fuoco. Padre Pio al vedere costui
dice: “Oh, tu chi sei? E che cosa fai?? Il vecchio risponde: “Io sono
tali dei tali, sono morto bruciato in questo convento e sto qua per
scontare il mio Purgatorio per questa mia colpa…(nel testo non si dice
quale). Padre Pio promise che il giorno dopo avrebbe applicato la Messa
per lui e poi l’accompagnò fino all’albero (l’olmo che fu poi abbattuto)
e là lo licenziò. Al ritorno trovò chiuso il portone e dovette bussare
per rientrare, dicendo che era uscito per un bisogno qualsiasi. Così’
raccontò la prima volta; mentre le altre volte, interrogato, diceva che
la porta era aperta, casi che notò lo stesso padre provinciale; ma forse
lo faceva per non far sapere che era uscito con il morto a porta
chiusa. Padre Paolino lo vide un po’ timoroso per più di un giorno, e
gli domandava che cosa gli fosse accaduto quella sera; ma diceva che si
sentiva poco bene. Finalmente un giorno confessò tutto. Allora padre
Paolino andò al Comune (anagrafe) ed effettivamente trovò nei registri
che nel convento era morto bruciato nell’anno X un vecchio di nome…Tutto
come aveva raccontato padre Pio. Da allora il morto non comparve più.
Dai registri del Comune risultava che il vecchio era Di Mauro Pietro
(1831-1908)”.
(P. Alessandro da Ripabottoni, Padre Pio da Pietralcina, Foggia, pp. 588-589).
“Secondo
la legislazione religiosa dell’Antico Testamento, cioè che è destinato a
Dio deve essere perfetto. Inconseguenza, l’integrità anche fisica è
particolarmente richiesta per le realtà che vengono a contatto con Dio
sul piano sacrificale, come per esempio gli animali da immolare (cfr. Lv
22,22) o sullo quello istituzionale, come nel caso dei sacerdoti,
ministri del culto (cfr. Lv 21,17-23). A questa integrità fisica deve
corrispondere una dedizione totale, dei singoli e della collettività
(cfr. 1 Re 8,61), al Dio dell’Alleanza nella linea dei grandi
insegnamenti del Deuteronomio (cfr. 6,5). Si tratta di amare Dio con
tutto il proprio essere, con purezza di cuore e con testimonianza di
opere (cfr. Dt 10,12s). L’esigenza di integrità si impone evidentemente
dopo la morte, per l’ingresso nella comunione perfetta e definitiva con
Dio. Chi non ha questa integrità deve passare per la purificazione. Un
testo di San Paolo lo suggerisce. L’Apostolo parla del valore dell’opera
di ciascuno, che sarà rivelata nel giorno del giudizio, e dice: “Se
l’opera che uno ha costruito sul fondamento [che è Cristo], resisterà,
costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà
punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1 Cor
3,14-15).”
(Giovanni Paolo II Catechesi del mercoledì 4 agosto 1999).
“Il
Santo curato d’Ars, mentre stava facendo il catechismo ai suoi
parrocchiani, raccontò il seguente episodio: “ Miei cari, un buon prete
aveva avuto la disgrazia di perdere un vero amico che amava teneramente.
Così pregava molto per il riposo della sua anima. Un giorno, Dio gli
fece capire che il suo amico era in Purgatorio e che soffriva
intensamente. Quel santo prete offrì la celebrazione Eucaristica in
suffragio di quel suo caro defunto. Quando venne il momento della
consacrazione quel sacerdote, prese l’Ostia tra le dita e disse: Padre
Santo e Eterno, facciamo uno scambio: Voi tenete l’anima del mio amico
che è in Purgatorio ed io tengo il corpo del Vostro Figlio tra le mie
mani. Ebbene Padre buono e misericordioso liberate il mio amico dal
Purgatorio e io vi offro Vostro Figlio con tutti i meriti della sua
Passione e Morte”. La sua richiesta fu esaudita. In effetti, al momento
dell’elevazione della Santa Ostia, quel prete vide l’anima del suo
carissimo amico, tutta raggiante di gloria salire in cielo! Dio aveva
accettato lo scambio. “Ebbene, figli miei, aggiungeva il curato d’Ars,
quando vogliamo liberare dal Purgatorio un’anima che ci è cara, facciamo
allo stesso modo: offriamo a Dio, con il santo sacrificio Eucaristico,
il suo diletto Figlio, con tutti i meriti della sua Passione e Morte e
Dio non ci rifiuterà la nostra richiesta”.
( Jeans- Marie Girardine, Le mios des ames du Purgatoire,)
“Non
credo esista una gioia paragonabile a quella di un’anima del
Purgatorio, eccetto quella dei santi del Paradiso. E questa gioia cresce
di giorno in giorno per l’influsso di Dio in quelle anime, perché ciò
consuma sempre più quanto impedisce l’accoglienza di quell’influsso.
L’impedimento è la ruggine del peccato: il fuoco dell’Amore Divino va
consumando la ruggine e così l’anima si apre sempre più all’influsso di
Dio. E’ come un oggetto coperto davanti al sole, che non può ricevere i
suoi raggi, non per un imperfezione del sole che splende di continuo ma a
causa della sua copertura: quando si elimina questa copertura,
l’oggetto si apre al sole, la sua capacità di rifletterne i raggi
aumenta quanto più si va assottigliando ciò che lo copre. Allo stesso
modo la ruggine del peccato, che ricopre le anime nel purgatorio, si va
consumando per il fuoco dell’Amore Divino e quanto più si distrugge
tanto più cresce la corrispondenza col vero sole che è Dio. Perciò
quanto più diminuisce la ruggine, tanto più cresce la gioia e l’anima si
apre all’influsso divino; così questa cresce e l’altra diminuisce
finché non sia tutto compiuto. Non che venga meno la pena, va solo
diminuendo il tempo di stare in quella pena. Le anime non possono
volontariamente riconoscere che le loro pene sono davvero tali, perché
gioiscono della disposizione di Dio con la cui volontà sono unite in
pura carità”.
(Santa Caterina da Genova, Trattato del Purgatorio, 4).
“Nel
giorno dei morti (1711) applicai tutto il bene alle anime del
Purgatorio. E questa mattina, nella Comunione, mi pare che vi sia stato
il raccoglimento con la vista di tre anime, che da molto tempo avevo
avuto obbedienza di raccomandare. Mentre mi esibivo a qualsiasi pena
affinché esse venissero liberate, ne vidi un’altra che penava assai più.
Chiesi allora tutte le pene e i tormenti, se così fosse la volontà di
Dio, per liberarle”.
(Santa Veronica Giuliani, Diario, 2 novembre 1711).
“Poiché
nel divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e si
immola incruentamente quello stesso Cristo che sull’altare della croce
“cruentemente offrì se stesso, per una volta” (Ebr., 9,27): il santo
Sinodo insegna che questo sacrificio è veramente impetratorio; e che per
esso, se non cuore sincero e retta fede, con timore e riverenza,
contriti e penitenti “ci accostiamo” a Dio, “conseguiamo la misericordia
e troviamo la grazia per essere aiutati nel momento opportuno” (Ebr.,
4,16). Il Signore , placato per l’oblazione di questo (sacrificio),
concedendo la grazia e il dono della penitenza, rimette delitti e
peccati anche grandissimi. Una, infatti, e medesima è l’ostia, lo
stesso, mediante il ministero dei sacerdoti, è ora l’offerente, che
allora offrì se stesso in croce. Soltanto la maniera di offrire è
diversa. Di questa oblazione cruenta, mediante l’oblazione incruenta si
raccolgono frutti ubertosissimi. Perciò (questa oblazione apostolica,
non solo per i peccati, per le pene, soddisfazioni ed altre necessità
dei fedeli vivi, ma anche per i defunti in Cristo, non ancora purificati
pienamente”.
(Concilio di Trento, Dottrina sul sacrifico della Messa,2).
“
Nella biografia della famosa stigmatizzata e mistica tedesca Teresa
Neumann (1898-1962) si legge: “I rapporti (di lei) con la Chiesa
purgante non si limitavano alle visioni del giudizio particolare; Teresa
vedeva anche apparire delle anime che chiedevano aiuto. Così vide una
volta il parroco della sua infanzia, Ebel, che le disse: “Prega anche
per me: ti ho battezzata, ti ho impartito la Prima Comunione. Se ti ho
punita credendoti distratta, non è colpa mia; io non sapevo ancora che
il tuo contegno era dovuto a una visione straordinaria”. Teresa pregò
molto per lui e ben presto ebbe la gioia di vederlo trasfigurato. In
relazione a questa apparizione, lei raccontò, per la prima volta, a
padre Naber che durante la prima Comunione vide il Salvatore venire
verso di lei. Questo avvenimento la sconvolse tanto, che si comportò in
modo strano, sì da meritare i rimproveri di padre Ebel, che la punì
davanti a tutti gli altri bambini […]. Si potrebbero enumerare molti
altri casi in cui le anime purganti le chiesero di intercedere per la
loro beatitudine e in seguito le apparvero ringraziandola. Si trattava
spesso di persone morte già da molto tempo che Teresa non aveva mai
conosciuto. Allo stato di rapimento infantile, lei chiamava le anime dei
defunti i micini questuanti […]. 2 novembre 1928. Oggi Teresa è
completamente sfinita; si sente abbandonata e misera. Due volte al
giorno, mattino e sera, le è concesso di visitare il Purgatorio e guarda
le anime lì riunite con infinita tristezza. Esse hanno figura luminosa,
ma non sono ancora pure. Anche qui scorge parecchi conoscenti, alcuni
dei quali le chiedono aiuto […]. 9 novembre 1928. Estasi della Passione
del venerdì e pene per la liberazione di un’anima purgante che, dopo la
liberazione, Parla con Teresa e, davanti ai suoi occhi, sale al cielo
[…]. 23 novembre 1928. La solita estasi della Passione del venerdì.
Teresa oggi può liberare dal Purgatorio colui che fu l’ultimo parroco
cattolico di Arzberg, prima che fosse definitivamente introdotto il
protestantesimo. Dice che ha dovuto penare così a lungo nel Purgatorio
per la sua immoderazione nel bene e per la sua trascuratezza nel
celebrare la santa Messa. Ora però ella poteva liberarlo perché aveva
conservato un animo infantile […]. La notte dopo il Corpus Domini (1931)
le apparve, allo stato normale, la sua madrina Forster, morta di
recente, dicendo che si sentiva completamente abbandonata, per cui il
Salvatore le aveva concesso di venire da Teresa, affinché ricordasse la
promessa fatta di pregare per lei e di aiutarla. Teresa notò che
nell’apparizione essa non aveva l’aspetto imbronciato che aveva avuto da
viva, ma molto più tranquillo e sereno. La figura era poco luminosa”.
(J. Steiner, Teresa Neumann di Konnersreuth, Edizione Paoline, 1965, pp. 59-60, 205-206).
“Altro
episodio che riguarda un personaggio importante. Nel diario Edvige lo
narra così: “Mentre pregavo davanti al crocifisso, d’un tratto mi si
presentò una persona tutta in fiamme. Sentivo l’orrore di quelle fiamme
accese con violenza alle vesti della persona che mi era apparsa. Piansi
tanto. Da quelle fiamme sentii una voce, appenata, ma distinta: “Io sono
N. N.; il Signore mi ha permesso di venire a te affinché trovi un poco
di sollievo per le pene che soffro in Purgatorio. Ti domando per carità
di applicare in mio suffragio tutte le tue orazioni, patimenti,
umiliazioni e abbandoni, e questo farai per due anni, se chi guida la
tua coscienza te ne darà il permesso. La misericordia di Dio è infinita,
ma altrettanto infinita è la sua giustizia; e nella gloria del Paradiso
non si può entrare, se non si ha pagato fino all’ultimo spicciolo il
debito contratto con la giustizia divina. Il Purgatorio per me è pesante
perché ho atteso l’ultimo istante per raccogliere la voce di Dio che mi
chiamato a penitenza”.
(B. Rosati, Giglio sulla Croce, Edvige Carboni, Soriano al Cimino 1955,pp.71-76).
“Coloro
che muoiono per la grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono
inperfettamente purificasti, sebbene siano certi della loro salvezza
eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una
purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare
nella gioia del cielo”.
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1030)
“So
di una certa donna abituale in Chiesa, morta all’età bella e fiorente,
che, affinché dormisse in pace dopo un unico e breve matrimonio, è stata
accompagnata dalla preghiera del presbitero nel tempo intercorrente tra
la morte e la sepoltura”.
(Tertulliano, De anima, 51,6).
“La
morte è per l’anima umana l’inizio d’una vita nuova, vita misteriosa,
su cui la religione cattolica ci fornisce quei dati previsti che, senza
dubbio, son lontani dal soddisfare tutta la nostra curiosità
sull’aldilà, ma che hanno il vantaggio di essere al sicuro da ogni
errore, garantiti come sono dal magistero in fallibile della Chiesa”.
(Martin Jugie, Le Purgatoire, I,1,1).
“Dopo
ricordiamo anche coloro che si addormentavano, dapprima i Patriarchi, i
profeti, gli Apostoli, i martiri affinché Dio accolga insieme alle loro
preghiere e intercessioni la nostra orazione. Quindi preghiamo per i
santi padri, i vescovi ed in generale per tutti coloro che sono morti
tra noi; ritenendo che questo sia di massimo aiuto per le loro anime,
per le quali è offerta la preghiera, che sia fatta davanti alla vittima
santa e terribile. Al medesimo modo anche per i defunti, sebbene
peccatori, offrendo preghiere a Dio non intrecciamo la corona; ma
offriamo Cristo immolato per i nostri peccati, preoccupandoci che Dio
clemente sia propizio e conciliante tanto verso quelli che verso il
noi”.
(Cirillo di Gerusalemme, Mystagogyca, 5: 9.10).
“Affinché
non ci dia fastidio offrire soccorso a coloro che si dipartirono, e per
loro innalzare preghiere che questo è l’unico mezzo di comune
espiazione di tutta la terra. Per questo preghiamo allora per tutta la
terra e li ricordiamo per nome insieme ai martiri, ai confessori, ai
sacerdoti. Infatti siamo tutti un solo corpo, sebbene siano alcuni
membra più splendide di altre; e può accadere che otteniamo a loro il
perdono con ogni mezzo con preghiere, con doni offerti in loro
suffragio, da coloro che insieme ad essi sono ricordati”.
(San Giovanni Crisostomo, Hom. Espist, 1 Cor. 41,4,5).
“Di
gran terrore mi fu questo fatto che mi accadde una volta in un certo
luogo. Era morta una persona che, come poi seppi, era vissuta assai male
per molto tempo. Negli ultimo due anni era stata inferma, e in certe
cose sembrava emendata. Morì senza confessarsi. Tuttavia mi pareva che
non avesse dovuto dannarsi. Ma mentre la preparavano per la sepoltura,
vidi una quantità di demoni che prendevano quel corpo, quasi volessero
giocarci. Lo malmenavano, lo scagliavano in qua e in là con dei grandi
forconi. Io ero piena di spavento; e vedendolo portare alla sepoltura
con i soliti onori e cerimonie, pensavo alla bontà di Dio che,
nascondendo lo stato di quell’anima, impediva che venisse infamata.
Quello spettacolo mi aveva atterrita. Per tutto il tempo
dell’ufficiatura non vidi alcun demonio; ma quando il cadavere venne
calato nel sepolcro, ne vidi un’infinità che stavano dentro a riceverlo.
Ero come fuori di me, ed ebbi bisogno di non poco coraggio per non
lasciar nulla trasparire. Intanto pensavo cosa avrebbero fatto
dell’anima, se tanto ne maltrattavano il corpo. Piacesse a Dio che le
anime in peccato mortale vedessero la scena orribile che io ho veduto!
Credo che si ridurrebbero subito a miglior vita. Da ciò appresi a
conoscere meglio quanto io devo a Dio e da quali mali mi abbia egli
liberata. Mi rimase la paura fino a quando non ne parlai con il mio
confessore, temendo che fosse una illusione del demonio per infamare
quell’anima, sebbene non sia stata molto pia. Illusione o no, fatto sta
che, quando me ne ricordo, tremo di spavento”.
(Vita di Santa Teresa, 38,24-25)
“Nel
lasso di tempo che trascorre tra la morte dell’uomo e la risurrezione
suprema, le anime sono trattenute in depositi segreti, nei quali esse
conoscono il riposo o la pena di cui sono degne, in base al destino che
si sono preparate mentre vivevano nella carne. Non vi è motivo tuttavia
di dubitare che le anime dei defunti non traggano sollievo dalle
preghiere dei parenti ancora in vita, quando viene offerto per loro il
sacrificio del Mediatore o vengono distribuite elemosine in chiesa.
Queste opere però servono soltanto a coloro che, da vivi, hanno meritato
che esse possano loro servire più tardi. In effetti, esistono uomini la
cui vita non è né abbastanza buona per non aver bisogno di tali
suffragi postumi, né abbastanza cattiva perché essi non possano servire
loro. Al contrario, ve ne sono che vissero abbastanza bene per poterne
fare a meno, e altri che vissero abbastanza male per non poterne
profittare dopo la morte. Dunque, è sempre quaggiù che si acquistano i
meriti che possono assicurare a ciascuno, dopo questa vita, sollievo o
sventura. Nessuno speri di ottenere da Dio, quando sarà morto, ciò che
avrà trascurato in questo mondo. Di conseguenza le pratiche osservate
dalla Chiesa con lo scopo di raccomandare a Dio le anime dei defunti non
sono contrarie alla dottrina dell’Apostolato che diceva: “Tutti dovremo
comparire davanti al tribunale di Dio (Rm 14,10), per ricevere ognuno
la ricompensa di quel che avrà fatto mentre era nel corpo, sia bene che
in male” (2 Cor 5,10). E’ infatti durante la vita terrestre che ciascuno
ha meritato l’eventuale beneficio delle preghiere in questione. Non
tutti ne fruiscono, e perché il frutto non dovrebbe essere uguale per
tutto, se non a causa della diversa vita condotta quaggiù? Dunque,
quando i sacrifici dell’altare o dell’elemosina vengono offerti a
beneficio di tutti i defunti battezzati, per coloro che non furono del
tutto cattivi di mezzi di propiziazione, mentre nel caso dei totalmente
malvagi servono, non potendo dare sollievo ai morti, a consolare bene o
male i vivi. A coloro che ne fruiscono essi assicurano la completa
amnistia, o almeno una forma più sopportabile di dannazione” .
(Sant’Agostino, Enchiridon, 109-110).
“Coloro
che comprendono male questo testo si lasciano ingannare da una falsa
sicurezza. Essi credono che, edificando sul fondamento di Cristo crimini
capitali, potranno poi pervenire alla vita eterna. Correggete,
fratelli, questo modo di intendere: lusingarsi di un simile esito
significa ingannarsi gravemente. In tale fuoco di passaggio, del quale
l’Apostolo ha detto: anch’egli si salverà, ma come attraverso il fuoco,
non saranno i peccati capitali, ma i peccati minori ad essere
purificati… Anche se tali peccati secondo la nostra credenza, non
uccidono l’anima, essi però la sfigurano… e non le consentono di unirsi
allo sposo celeste se non a prezzo di un’enorme confusione… Cosi dunque,
finché viviamo in questo mondo mortifichiamoci… e così quei peccati
saranno purificati in questa vita, in modo che nell’altra il fuoco del
purgatorio non trovi nulla o trovi in noi soltanto poco da divorare. Ma,
se non rendiamo grazie a Dio nelle nostre afflizioni e se non
riscattiamo le nostre colpe con buone opere, dovremo rimanere nel fuoco
del purgatorio tanto a lungo quanto sarà necessario perché i nostri
peccati minori siano consumati come legno, fieno e paglia. Nessuno
dica: Che m’importa se dovrò soggiornare in purgatorio, se dovrò in
seguito pervenire alla vita eterna! Ah! Non parlate così, fratelli
carissimi, poiché il fuoco del purgatorio sarà più doloroso di qualsiasi
pena che noi possiamo concepire, provare e sentire in questo mondo…”.
(San Cesario D’Arles, Sermone 179).
“ E’
un pensiero santo e salutare quello di pregare per i defunti , perché
siano liberati dai loro peccati ( Sap 5,5 ). Così afferma Giuda nel
secondo libro dei Maccabei. E’ uno dei migliori e più santi insegnamenti
che possiamo ricevere, perché le anime del Purgatorio che non riescono
da sole a liberarsi dalle loro pene e che, hanno bisogno di essere
soccorse dalle preghiere e dalle buone opere di chi è ancora in vita. E’
una situazione davvero dura quella di essere detenute tra fiamme
divoranti, perché durante la vita non hanno pensato a far penitenza,
ovvero per qualche peccato non grave, o perché non hanno espiato
sufficientemente quelli che avevano fatto perdere loro la grazia
santificante. E’ per questo motivo che le sante anime, benché sottomesse
alla divina volontà, implorano insistentemente le preghiere dei vivi
che possano ottenere con facilità ciò che per loro è impossibile. Dio,
infatti, a motivo dei loro peccati, non è disposto a ricevere esse avuto
il tempo finché erano su questa terra. Considerate compassionevolmente
la situazione di queste anime sante che, anche se non sono inquiete,
sospirano però la loro liberazione, per poter godere presto la visione
beatifica : è questo che esse aspettano dalla bontà infinità di Dio con
speranza ferma e decisa, non appena avranno la fortuna di essere
liberate dalle loro pene”.
( san Giovanni Battista de la Salle, omelia di commemorazione delle anime del Purgatorio, 1 punto)
“La
purificazione dell’anima nel Purgatorio ha molteplici aspetti e momenti
diversi. Prima di tutto: i peccati veniali, se ci fossero vengono
cancellati da quell’ardente amore che l’anima, ormai sicura della sua
salvezza, nutre verso Dio. E’ una purificazione istantanea che proviene
dallo stesso atto di amore. Secondariamente: le cuncubiscenze
disordinate, le passioni e le inclinazioni al peccato che l’anima non ha
combattuto durante la vita e che forse ha coltivato e radicato con i
peccati commessi, esigono una più lunga e laboriosa purificazione. IL
terzo caso riguarda la purificazione dei peccati gravi e mortali già
perdonati mediante la confessione o, nell’impossibilità di questa, con
l’Atto di Dolore Perfetto. Il peccato mortale, anche perdonato come
colpa e come castigo eterno, lascia un debito o una penalità per il
disordine che ha portato nell’individuo e, spesso, nella stessa società.
Ebbene questi disordini devono essere scontati durante la vita con la
penitenza volontaria o nel Purgatorio. Solo l’infinita rettitudine di
Dio e la sua infinita giustizia può determinare il tempo e i modi di
questa purificazione.”
(Pasquale Lorenzin, I nostri morti, Editrice Sat, Verona)
Maria
Giuseppa Kumi, in un tempo in cui era preda a prove spaventevoli, udii
queste profonde parole: “L’uomo deve piuttosto desiderare di restare
sopra la terra con tutte le calamità, al fine di purificarsi, anziché
passare un sol giorno nelle fiamme del Purgatorio”.
(dal Libro “Le divine parole” di P. Augusto Saudreau O. P.)
“
Oggi ci crediamo tutti così buoni da non poter meritare altro che il
Paradiso. Questo deriva da una cultura che tende a cancellare dall’uomo
ogni sentimento di colpa e di peccato. Taluno ha osservato che le
ideologie che predominano attualmente coincidono tutte in una cosa
fondamentale: L’ostinata negazione del peccato, dell’inferno e del
Purgatorio… Io dico che se il Purgatorio non esistesse, bisognerebbe
inventarlo, perché vi sono poche cose così spontanee, così umane, così
universalmente diffuse in ogni tempo e in ogni cultura, come la
preghiera per i propri parenti defunti. La Riforma Protestante, in
teoria, non ammette il Purgatorio e di conseguenza neppure le preghiere
per i defunti. Ma in pratica, almeno i Luterani Tedeschi sono tornati a
tali orazioni, giustificandole con diverse considerazioni teologiche. Le
preghiere per i propri cari sono un’impulso troppo spontaneo per poter
essere soffocato, e una bellissima testimonianza di solidarietà, di
amore e di aiuto che va oltre le barriere della morte. Dalla mia
dimenticanza o dal mio ricordo dipende un po’ la felicità o l’infelicità
di colui che mi fu caro e che ora è passato sull’altra sponda, ma che
non cessa di aver bisogno del mio amore”.
( Cardinale Joseph Ratzinger in “Rapporto sulla Fede. Intervista a Vittorio Messori”).
“
Vivendo in una certa maniera, mentre sono uniti al corpo, possono, gli
uomini, meritare certe cose li aiutino alquanto quando sono morti,
perciò esse che, dopo la morte, vengono fatte pietosamente in onore col
corpo stesso. Infatti, vi sono di quelli ai quali queste cose non
giovano affatto: sia che si tratti di coloro i cui meriti sono così
cattivi da non esser degni di venire aiutati da quelle; sia che si
tratti di coloro i cui meriti sono talmente buoni, da non aver bisogno
di altri aiuti. A seconda, quindi, del genere di vita che ciascuno ha
menato col corpo, giovano o non giovano quelle cose che si fanno per lui
quando ha abbandonato il corpo; poiché il merito, per cui esse possono
giovare, se non s’acquista in questa vita, invano si cerca nell’altra”.
(Aug., De cura pro mortuis, 1).
“Era
morto un nostro provinciale, mentre facevo del mio meglio per
supplicare il Signore mi sembrò di vederlo uscire dalla terra, alla mia
destra, ed elevarsi verso il cielo con indicibile allegrezza. Benché
fosse molto vecchio lo vidi sull’età di trent’anni o forse meno , con un
viso molto risplendente”.
(Santa Teresa d’Avila, Vita 38,26).
“Quando
vidi per la prima volta la sorella J. F. dopo la sua morte, mi chiese
Messe e varie altre cose. Le offrii sei mesi delle mie opere e delle mie
sofferenze e non mi sono mancati i patimenti. Mi disse: Ci sono tre
cose che mi fanno soffrire più di tutto il resto. La prima è il voto di
obbedienza, a cui ho temperato molto male, dal momento che obbedivo solo
a quello che mi era gradito. La seconda è il voto di povertà, poiché
volevo che non mi mancasse niente, procurando al mio corpo vari
conforti… Ah, quante odiose sono agli occhi di Dio le religiose che
vogliono avere più di quello che è davvero necessario, e che non sono
completamente povere. La terza è la mancanza di carità, sia per essere
stata in discordia con le altre che per averla causata”.
(Santa Margherita Maria de Alacoche, Lettera XXXI a Madre Sumaise del 20 aprile 1685).
“Che
cos’è il Purgatorio? E’ il pentimento temporaneo della privazione della
visione di Dio, e di altre pene, che tolgono all’anima ogni resto di
peccato per renderla degna di veder Dio.
(cfr. Catechismo della dottrina cristiana, 101).
“Ah,
mio Dio! Quando sarà quel giorno che mi vedrò fuori da questa terra di
pericoli, sicuro di non poterti pi� perdere? Si, volentieri andrò al
Purgatorio, che mi aspetta. Lieto abbraccerò ogni pena. Mi basterà
amarti in quel fuoco con tutto il mio cuore, giacché ivi non amerò altri
che te”.
(S. Alfonso de Liguori, Via della Salute. Prima meditazione sul Paradiso,1).
“
Una volta di notte venne a trovarmi una delle nostre suore, che era
morta due mesi prima. Era una suora del primo coro. La vidi in uno stato
spaventoso. Tutta avvolta dalle fiamme, con la faccia dolorosamente
stavolta. L’apparizione durò un breve momento e scomparve. I brividi
trapassarono la mia anima, ma pur non sapendo dove soffrisse, se in
Purgatorio o all’Inferno, raddoppiai in ogni caso le mie preghiere per
lei. La notte seguente venne di nuovo ed era in uno stato ancora più
spaventoso, tra le fiamme più fitte, sul suo volto era evidente la
disperazione. Rimasi molto sorpresa di vederla in condizioni più
orribili, dopo le preghiere che avevo offerto per lei e le chiesi: “ non
ti hanno giovato per nulla le mie preghiere?”. Mi rispose che le mie
preghiere non le erano servite a nulla e che niente poteva aiutarla.
Domandai: “ E le preghiere fatte per te da tutta la Congregazione, anche
quelle non ti hanno giovato niente?”. Mi rispose: “ Niente. Quelle
preghiere sono andate a profitto di altre anime”. E io le dissi: “ Se le
mie preghiere non le giovano per niente, la prego di non venire da me”.
E scomparve immediatamente. Io però non cessai di pregare. Dopo un
certo tempo venne di nuovo da me di notte, ma in uno stato diverso. Non
era tra le fiamme come prima ed il suo volto era raggiante, gli occhi
brillavano di gioia e mi disse che avevo il vero amore per il prossimo,
che molte altre anime avevano avuto giovamento dalle mie preghiere e mi
esortò a non cessare di pregare per le anime sofferenti nel Purgatorio e
mi disse che essa non sarebbe rimasta a lungo in Purgatorio. I giudizi
di Dio sono veramente misteriosi!”.
(Santa Maria Faustina Kowalska, dal Diario del 1933)
“
Un giorno, all’inizio delle preghiere della sera, Gesù mi presentò
un’anima morta da 18 anni. Era Madre di diverse religiose. In quello
stesso giorno avevo avuto un forte desiderio di pregare per lei. Si
presentò e mi parlò della bontà di Dio e di come era molto importante
compiere in tutto la volontà di Dio. Il Signore la liberò in quello
istante e si mostrò splendente e gloriosa con Lui nel Cielo”.
(Madre Susanna Maria de Riants (1639-1724), Scritti Spirituali).
“Il
17 giugno 1814 mi apparve Papa Pio VI ( morto nel 1799) e mi chiese che
pregassi per lui, perché era ancora in Purgatorio… Mi disse: va dal tuo
Padre spirituale e lui ti svelerà quello che devi fare per ottenermi
questa grazia. Ti prometto di non abbandonarti mai e di essere il tuo
protettore dal cielo… Il mio padre spirituale mi chiese di andare cinque
volte alla Chiesa di Santa Maria Maggiore a visitare l’altare di san
Pio V e pregarlo per la liberazione del suo successore… Il giorno
seguente allora dei Vespri, mi venne assicurato che entrava in Paradiso…
Il 19 giugno, nella Comunione, vidi questo santo pontefice davanti al
trono di Dio”.
(Beata Isabella, Canori Mora, Diario).
“Anche
se alcuni saranno salvati per mezzo del fuoco, tale fuoco sarà più
terribile di tutto quanto un uomo possa patire in questa vita”.
(Sant’Agostino, Commento al Salmo 37).
“Povero
me, Signore, che da tanti anni vivo su questa terra, e non mi sono
acquistato altri meriti che l’inferno! Ti ringrazio che mi dai ancora
tempo di rimediare al male fatto. Mi pento , Dio mio così buono,
d’averti tanto disgustato. Dammi il tuo aiuto, acciocché la vita che mi
resta la spenda soltanto a servirti e ad amarti. Abbi pietà di me. Ed
abbi pietà anche di quelle anime sante, che ardono nel fuoco del
Purgatorio. Madre di Dio, Maria, soccorrile tu con le tue potenti
preghiere”.
(S. Alfonso de Liguori, Novena de’morti,2).
“Per
raggiungere uno stato di perfetta integrità è necessaria talvolta
l’intercessione o la mediazione di una persona. Ad esempio, Mosè ottiene
il perdono del popolo con una preghiera, nella quale evoca l’opera
salvifica compiuta da Dio in passato e invoca la sua fedeltà al
giuramento fatto ai padri (cfr. Es 32,30 e vv. 11,13). La figura del
Servo del Signore, delineata dal libro di Isaia, si caratterizza anche
per la funzione di intercedere e di espiare a favore di molti; al
termine delle sue sofferenze egli “vedrà la luce” e “giustificherà
molti”, addossandosi le loro iniquità (cfr. Is 52,13 – 53,12, spec.
53,11). Il Salmo 51 può essere considerato, secondo la visuale
dell’Antico testamento, una sintesi del processo di reintegrazione: il
peccatore confessa e riconosce la propria colpa (v.6), chiede
insistentemente di venire purificato o “lavato” (vv. 4.9.12.16) per
poter proclamare la lode divina (v. 17)”.
(Giovanni Paolo II, Catechesi del mercoledì 4 agosto 1999).
“Come
gli spiriti si purgano nell’altra vita con fuoco tenebroso e materiale,
così nella presente si purificano con fuoco amoroso, oscuro e
spirituale. V’è, però, una differenza; ed è che di là col fuoco, e di
qua sono mondati e illuminati soltanto con l’amore”.
(S. Giovanni della Croce, Notte oscura, 12,1).
“Le
anime che si trovano nel Purgatorio, dato che sono senza peccato, non
hanno barrire tra Dio e loro, salvo quella pena che le ha fatte
attardare a realizzare quell’istinto che non ha potuto trovare ancora la
sua realizzazione. Vedendo allora chiaramente quanto sia grave di
fronte a Dio anche solo un impedimento e che per un’esigenza di
giustizia il loro istinto viene frenato, proprio per questo nasce in
l,oro un fuoco straziante, simile a quello dell’Inferno eccetto che
nella colpa. E’ infatti la colpa a rendere malvagia la volontà dei
dannati nell’Inferno, dove la bontà di Dio non è corrisposta, perciò
essi perseverano nella loro volontà disperata e malvagia contraria alla
volontà divina”.
(Santa Caterina da Genova, Trattato del Purgatorio, 7)
“Questa
sera è venuta da me una delle suore defunte: mi ha chiesto un giorno di
digiuno e di offrire per lei in quel giorno tutte le pratiche di pietà.
Le ho risposto che ero d’accordo. Il giorno dopo fin dal mattino ho
espresso l’intenzione di offrire tutto a favore di quella suora. Durante
la santa Messa per un momento, ho provato nell’anima una fame così
grande di dio che mi sembrava di morire per il desiderio di unirmi a
lui. La cosa è durata un breve momento, ma ho capito che cos’è la
nostalgia delle anime del Purgatorio. Subito dopo la santa Messa ho
chiesto alla madre superiora il permesso per il digiuno, ma non l’ho
ottenuto perché sono ammalata. Quando sono entrata in cappella, ho
sentito queste parole: “ Se lei, sorella, avesse digiunato, avrei
ottenuto il sollievo soltanto questa sera, ma per l’obbedienza, che le
ha proibito di digiunare, ho ottenuto il sollievo immediatamente.
L’obbedienza ha un grande potere”. Dopo tali parole udii: “ Dio gliene
renda merito”.
( Santa Maria Faustina Kowalska, dal Diario del 9 luglio 1937).
“Questa
notte vi è stato questo di particolare: Dio mi ha fatto vedere un’anima
del Purgatorio, che, ieri notte, passò da questa vita. Dio, che
spavento mi ha dato! Ho pensato che fosse all’inferno. Ma poi ho capito
che era salva. Quanto durerà questo Purgatorio, non lo so; ma penso che
sarà per anni ed anni. Ed ho conosciuto, per via di comunicazione, che
dovevo esibirmi a qualche pena. Così ho fatto, e mi sono rimessa in
tutto alla volontà di Dio”.
(S. Veronica Giuliani, Diario, 13 dicembre 1712).
“
Chiunque dirà, che, ricevuta la grazia della giustificazione, a
qualsiasi peccatore il reato della pena eterna, in maniera che non
rimane alcun reato della pena temporale, da scontrarsi o in questo
secolo (nel tempo presente) o nel futuro in Purgatorio, prima che (gli)
possa essere aperto l’ingresso al regno dei cieli: sia anatema
(scomunicato)!”.
(Concilio di Trento, Canoni della giustificazione,30). (8).
“Mentre
Edvige era ancora a Pozzomaggiore (Sardegna), una conoscente le chiese
in prestito del denaro. Passò del tempo e un giorno Edvige e N. N. erano
in chiesa. La prima si avvicinò e chiese: “Potresti restituirmi la
somma?”. L’altra la guardò con occhio torvo ed esclamò: “Ti colga un
fulmine!”. L’imprecazione pronunciata nella casa di Dio spaventò la
dolce e timida Edvige, che si dileguò silenziosamente. Nessuno seppe la
cosa e gli anni passarono. Il pensiero di Edvige (mentre era già a Roma)
tornò a N. N. e ne chiese notizie al Signore. La risposta fu: “E’in
Purgatorio e ne avrà ancora per otto anni”. Ne fu addolorata. Offrì
suffragi per quell’anima come pure per la sorella Paolina; le
applicarono i benefici del Giubileo. Il Signore le diede una consolante
risposta: “Domani N. N. sarà in cielo”. Erano le prime ore del mattino
seguente quando la debitrice comparve a Edvige, bella, vestita di bianco
e disse: “Grazie delle vostre preghiere, per le vostre offerte al
Signore io salgo alla gloria del cielo. Grazie”.
(B. Rosati, Giglio sulla croce, Edvige Carboni, Soriano al Cimino 1955,pp. 71-76).
“La
Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è
tutt’altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la
dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di
Firenze e di Trento. La tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi
passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore. Per quanto
riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del
giudizio, un fuoco purificatore; infatti, Colui che è la Verità afferma
che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non
gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,3-1).
Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse
in questa vita, ma certe altre solo nella vita futura”.
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n 1031)
“Tutti
siamo peccatori; tutti conduciamo una vita nella quale si può peccare;
da questa vita tutti noi ce ne dovremo andare. Giacché Dio sarà tanto
misericordioso con te quanto tu sarai stato misericordioso con il
prossimo; tanto riceverai nell’altra vita, quanto dai nella presente.
Prega dunque per i defunti, affinché quando saranno nella vita eterna
non dimentichino di pregare per te…”.
(Sant’Agostino, Sermone 44).
“(il
magistero infallibile della Chiesa) c’insegna che alla morte l’anima
nostra va o in cielo o nell’inferno o nel Purgatorio, secondo la natura
delle sue relazioni con Dio nell’istante che si separa dal suo corpo”.
(M. Jugie, Le Purgatoire, I, 1,1)
“Disse
un giorno il Salvatore a Santa Margherita da Cortona: “Fai sapere ai
Frati Minori che si ricordino delle anime del Purgatorio! Sono esse così
numerose che appena si può crederlo; e, purtroppo, sono esse assai poco
soccorso dai loro amici e di ai tuoi confratelli che i religiosi che
s’immischiano negli affari del secolo in Purgatorio soffriranno dei
grandi supplizi”.
(Dal Libro “Le Divine Parole” di P. Augusto Saudreau O. P.)
“
Era morta in questa casa, da poco più di un giorno e mezzo, una monaca
grande serva di Dio, per la quale si recitava in coro l’Ufficio dei
Defunti… a metà della lectio vidi l’anima della defunta andarsene in
cielo”.
(Santa Teresa d’Avila, Vita, 38,28)
“Mi
annunziarono la morte di un religioso che era stato nostro Provinciale,
e che al momento del decesso governava un’altra Provincia. Io lo avevo
conosciuto, e gli ero debitrice di alcuni buoni servizi. Era un ottimo
religioso; ma siccome era stato superiore per vent’anni, temevo molto
della sua salvezza, perché la cura delle anime mi sembra assai
pericolosa, e la temo molto. Afflitta com’ero, mi ritirai in un
oratorio, ed offersi in suo suffragio il bene che avevo fatto nella mia
vita. Non era che poca cosa, ma supplicavo il Signore a supplire con i
suoi meriti a ciò che mancava a quell’anima per uscire dal Purgatorio.
Mentre facevo del mio meglio per supplicare il Signore, mi sembrò di
vederlo uscire dalla terra alla mia destra ed elevarsi verso il cielo
con indicibile allegrezza. Benché fosse molto vecchio, lo vidi sull’età
di trent’anni e forse meno, con un viso risplendendissimo. Questa
visione non durò molto, ma ne rimasi così contenta che, malgrado il
dolore di alcune persone che lo stimavano assai, non fu possibile
affliggermi. Era tanta la gioia, che nulla più m’importava, e nemmeno mi
veniva da dubitare se la visione fosse stata buona o un’illusione. Era
morto da quindici giorni. Tuttavia raccomandai che si pregasse per lui; e
lo feci pure io, benché non con l’ardore che ci avrei messo se non
avessi avuto quella visione. Quando il Signore mi mostra un’anima salire
al cielo, non posso impedirmi di pensare che pregare per lei sia come
fare elemosina ad un ricco. Egli era morto molto lontano; e solo più
tardi seppi della morte edificantissima che il Signore gli aveva dato.
Ne erano tutti meravigliati, tanto per la lucidità di mente che per le
lacrime e l’umiltà con cui era spirato”.
(Vita di Santa Teresa, 38,26-27).
“Ho
visto un sacerdote molto pio e caritatevole che morì di notte, verso le
nove. Ha trascorso tre ore in purgatorio per aver perso tempo a far
scherzi. Questo sacerdote avrebbe dovuto restare in purgatorio diversi
anni, ma è stato aiutato da molte messe e preghiere. Ho riconosciuto
molto bene questo sacerdote”.
(Beata Anna Caterina Emmerick, Diario del 31 dicembre 1820).
“Il
2 novembre 1822 mi sono ricordata che cominciava l’ottavario per i
defunti, e pregai con fervore il Signore per loro. Gli dissi: Dammi la
chiave di questo terribile carcere, come ti sei degnato di darmela altre
volte, perché sento un grande desiderio di tirar fuori dal purgatorio
quelle anime sante. Ti supplico questa grazia per i meriti infiniti
della tua Passione e Morte… Il Signore mi disse: Presentati in quel
carcere e porta loro la consolante notizia che presto saranno con me in
paradiso. In quel momento apparvero tre Angeli che mi accompagnarono nel
carcere del purgatorio… Non mi è possibile far contare la gioia e il
sollievo ti quelle anime e quanto grande fu la loro gratitudine e la
loro lode all’infinita misericordia di Dio. Il giorno dopo andai in
Chiesa e vi stetti per oltre tre ore pregando per le anime del
purgatorio e il Signore si degnò di mostrarmi il trionfo della sua
misericordia e vidi quelle anime che, in fila, accompagnate dai loro
Angeli Custodi, entravano gloriose e trionfanti in cielo. Tutti i giorni
dell’ottavario accadde lo stesso per nove giorni… Si può dire che con
nove enormi file (una al giorno) il purgatorio si spopolò: non vi può
essere visione più bella di questa, che sta a dimostrare l’infinita
misericordia di Dio e il grande trionfo degli infiniti meriti del
preziosissimo sangue di Gesù Cristo.”.
(Beata Isabella Canori Mori, Diario).
“Il
16 marzo 1686, durante la preghiera della sera, vidi dentro me Gesù
Cristo che, molto contento i presentava l’anima di una delle mie
parenti morta da nove o dieci anni. Era vissuta vedova per trent’anni e
mi disse che la maggior sofferenza che avevano le anime del purgatorio
era quella di aver perduto molte occasioni di soffrire per Dio… Se
un’anima avesse potuto tornare di nuovo sulla terra, avrebbe accettato
con amore tutte le sofferenze che il Signore le avesse inviato. Mi
disse: Non perdere alcuna occasione di soffrire per Dio… E tornò al
cielo splendente di gloria”.
(Madre Susanna Maria de Riants (1639-1724), Scritti Spirituali).
“Non
sono trascorsi neppure dieci minuti da quando tuo nipote Felice De
Filippi è stato in questa casa da dove ti scrivo. Ho parlato con lui per
mezz’ora, per mia gioia e consolazione. Sapevo che stavo parlando con
un morto e sono rimasto in grande pace. Lui pregherà per noi, ma noi
dobbiamo pregare per lui. Ho, sono molto contento di averlo visto. Aveva
gli occhi belli come gli occhi di un’innocente. Preghiamo per lui”.
(San Luigi Orione, Lettera a Don De Filippi del 25 settembre 1897).
“Oggi
l’Angelo Custode mi ha detto che Gesù voleva soffrissi questa notte per
alcune ore… Per un’anima del purgatorio. Soffrii, infatti per due ore
come voleva Gesù per Madre Teresa”.
(Santa Gemma Galgani, Diario del 9 agosto 1900).
“Un
religioso francescano apparve ad un confratello lamentandosi perché da
molto tempo più non faceva preghiere in suo suffragio. Si scusò questi
dicendo che lo pensava in Cielo da molto tempo. Un grido lamentevole
diede allora il defunto e disse tre volte: nessuno può credere, nessuno
può credere, nessuno può credere quanto minuzioso sia il giudizio di Dio
e quanta severa la punizione della Sua Giustizia”.
( dal libro “ Il peccato veniale” di don Andrea Beltrami)
“Non
indarno la Chiesa, anche per la premura dei suoi figli, usa quanto può
della sua pietà verso i defunti, benché ciascuno porti con sé ciò che
fece per mezzo del corpo, sia in bene che in male, perché il Signore
rimunera ciascuno secondo le proprie opere. Affinché, dunque, ciò che si
fa, possa giovare a lui dopo la morte, bisogna che se lo sia meritato
in vita”.
( sant’Agostino, De cura pro mortuis, 1).
“Le
anime sante del purgatorio. – Per dovere di carità, di giustizia, e
anche per giustificabile egoismo – sono così potenti davanti a Dio! –
tienile molto presenti nei tuoi sacrifici e nella tua orazione. Potessi
tu dirle, nel nominarle: “ le mie buone amiche, le anime del
purgatorio…”.
( San Josemaria Escrivà, Cammino 571)
“Il
fuoco del Purgatorio nulla potrebbe nelle anime, se esse non avessero
imperfezioni in cui patire. Queste sono la materia a cui si appiglia il
fuoco, consumata la quale, non rimane altro da ardere”.
(S. Giovanni della Croce, Notte oscura, 10,5).
“Possiamo
noi soccorrere le anime del Purgatorio e anche liberarle dalle pene?
Possiamo soccorrere e liberare le anime dalle pene del Purgatorio con i
suffragi ossia con le preghiere, indulgenze, elemosine ed altre opere
buone, e soprattutto con la santa Messa”.
(Catechismo della dottrina cristiana, 102).
“Dopo
che l’anima avrà compiuto la purificazione in Purgatorio, tornerà da
lei l’angelo custode, e le dirà : “Via, su, anima bella! E’ finita la
pena. Vieni a godere la faccia del tuo Dio, che t’aspetta in Paradiso”. E
l’anima già passa tra le nubi, passa le sfere, le stelle, ed entra nel
cielo. Oh, Dio! Che dirà l’anima nell’entrare in quella patria beata, e
nel gettare il suo primo sguardo a quella patria beata, e nel gettare il
suo primo sguardo a quella città di delizie? Gli angeli ed i santi, e
specialmente i suoi santi avvocati, le verranno incontro e la
saluteranno. Gesù mio, fatemene degno!”.
(S. Alfonso de Liguori, Via della Salute. Prima meditazione sul paradiso,2).
“Che meraviglioso deve essere il cielo, se Dio chiede una purificazione totale così dolorosa per l’anima” .
(Santa Caterina da Siena).
“Il Purgatorio è Dio che purifica, il Dio perduto e l’inferno e Dio posseduto è il cielo”.
(Hans URSS von Baltharsar).
“Anche
se tutti gli uomini saranno presenti al giudizio universale per essere
giudicati, tutto si svolgerà in brevissimo tempo. Cristo pronuncerà ad
alta voce e pubblicamente la sentenza agli eletti e ai dannati: Gli uni
andranno in cielo, gli altri all’inferno. Il Purgatorio cesserà di
esistere. Coloro che in quel giorno non avranno ancora interamente
soddisfatto per i loro peccati, lo faranno subito, soffrendo in poco
tempo le pene che sarebbero loro spettate in Purgatorio per essere
perfettamente purificati dai loro peccati”.
(San Giovanni Battista de La Salle, I doveri di un cristiano verso Dio)
“Ho incontrato molti protestanti che pregano per i loro defunti, anche se la loro fede non dice nulla su questo”.
(Jean Guitton).
“Il
Signore disse a Santa Matilde : “Chiunque per compassione o per carità,
intercede per un defunto, a parte a tutti i beni che si compiono in
tutta la Chiesa per quel morto, è nel giorno della sua partenza dal
mondo, egli li troverà tutti preparati per il sollievo e per la salute
dell’anima sua”.
(Dal Libro “Le Divine Parole” di P. Augusto Saudreau O. P.)
“Una
grande pena che tormenta le anime benedette del Purgatorio è la vista
spaventosa dei loro peccati, per i quali stanno pagando. Al presente, in
questa vita, non si conosce la bruttezza dei peccati. Ma ben si
conoscerà nell’altra vita: questa conoscenza causa una delle maggiori
pene che patiscono le anime del Purgatorio”.
(S. Alfonso de Liguori, Novena de’morti,3).
“Una
volta venni citata al giudizio di Dio. Stetti davanti al Signore faccia
a faccia. Gesù era tale e quale è durante la Passione. Dopo un momento
scomparvero le sette Piaghe e ne rimasero solo cinque: alle mani, ai
piedi ed al costato. Vidi immediatamente tutto lo stato della mia anima,
così come la vede Iddio. Vidi chiaramente tutto quello che a Dio non
piace. Non sapevo che bisogna rendere conto al Signore do ombre tanto
piccole. Che momento! Chi potrà descriverlo? Trovarsi al di fronte al
tre volte Santo! Gesù mi domandò: “ Chi sei?”. Risposi “ Io sono una tua
serva, Signore”. “Devi scontare un giorno di fuoco nel Purgatorio”.
Avrei voluto gettarmi immediatamente fra le fiamme del Purgatorio, ma
Gesù mi trattenne e disse: “ che cosa preferisci: soffrire adesso per un
giorno oppure per un breve tempo sulla terra?”. Risposi “ Gesù, voglio
soffrire in Purgatorio e voglio soffrire sulla terra sia pure i più
grandi tormenti fino alla fine del mondo”. Gesù disse: “ E’ sufficiente
una cosa sola. Scenderai in terra e soffrirai molto”. Ma non per molto
tempo ed eseguirai la Mia volontà ed i Miei desideri ed un Mio servo
fedele ti aiuterà ad eseguirla. Ora posa il capo sul Mio petto, sul Mio
Cuore ed attingi forza e vigore per tutte le sofferenze, dato che
altrove non troverai sollievo, né aiuto né conforto: Sappi che avrai
molto, molto da soffrire, ma questo non ti spaventi. Io sono con te”.
Poco dopo mi ammalai. I disturbi fisici furono una scuola di pazienza
per me. Solo Gesù sa quanti sforzi di volontà dovetti fare per adempiere
i miei doveri. Gesù quando intende purificare un’anima, usa gli
strumenti che vuole”.
( Santa Maria Faustina Kowalska, dal Diario del 29 aprile 1926)
“Nel
Nuovo Testamento Cristo è presentato come l’intercessore, che assume in
sé le funzioni del sommo sacerdote nel giorno dell’espiazione (cfr. Eb
3,7; 7,25). Ma in Lui il sacerdozio presenta una configurazione nuova e
definitiva. Egli entra una sola volta nel santuario celeste allo scopo
di intercedere al cospetto di Dio in nostro favore (cfr. Eb 9,23-26,
specialmente 24). Egli è Sacerdote e insieme (vittima di espiazione) per
i peccati di tutto il mondo (cfr. 1 Gv 2,2). Gesù, come il grande
intercessore che espia per noi, si rivelerà pienamente alla fine della
nostra vita, quando si esprimerà con l’offerta di misericordia ma anche
con l’inevitabile giudizio per chi rifiuta l’amore e il perdono del
Padre. L’offerta della misericordia non esclude il dovere di
presentarci puri e integri al cospetto di Dio, ricchi di quella carità,
che Paolo chiama “vincolo di perfezione” (Col 3,14).”
(Giovanni Paolo II, Catechesi del mercoledì 4 agosto 1999).
“Un’anima
, liberata dalle pene del Purgatorio, trovandosi nella patria beata,
gode Dio per tutta l’eternità. Essa non ha pensieri per le cose di
questa vita. Il suo volere non è altro che quello di Dio. Tornata,
quindi al suo centro (che altro non è se no Dio), non può avere altro”.
(S. Veronica Giuliani, Diario, 9 maggio 1701).
“Di
Teresa Musco (1943-1976), la “crocifissa col Crocifisso”, si narra: “il
2 novembre 1962, Teresa, non potendo portarsi al cimitero, si unì
spiritualmente alle anime del Purgatorio. E’ veramente bello – diceva –
offrire non fiori mondani ma preghiere e sofferenze per le anime del
purgatorio”. Nelle prime ore pomeridiane, mentre era assorta in
preghiere di suffragio, vede la sua cameretta gremita di persone…
dinanzi a un tale spettacolo le uscì spontanea la domanda: “Cosa
volete?”. E loro, con grido di gioia, la salutarono dicendo: “Ci hai
liberato dalle pene del Purgatorio!...”. Dopo pochi attimi tutte quelle
persone scompaiono…”.
(G. Roschini, Teresa Musco, Castel Volturno 1797,p.131).
“Siamo
ben convinti che i morti ai quali vanno le nostre cure traggono
beneficio soltanto dalle suppliche solenni fatte per loro nel sacrificio
offerto all’altare e in quello delle nostre preghiere e delle nostre
elemosine. Facciamo però questa riserva, che tali suppliche non sono
utili a tutti, ma soltanto a coloro che hanno meritato, in vita, di
approfittarne. Poiché però non possiamo distinguere coloro che hanno
acquisito tale merito, dobbiamo supplicare per tutti i rigenerati, al
fine di non omettere alcuno di coloro che possono e debbono riceverne il
beneficio. E’ meglio infatti che le nostre opere buone siano fatte
invano, per coloro ai quali non sono né di utilità né di danno,
piuttosto che manchino a quanti possono trarne profitto. Ciascuno
tuttavia si impegna con maggiore zelo a farle per i propri parenti,
nella speranza di essere da questi ricambiati”.
(Sant’Agostino, De cura pro Mortius Gerenda).
“
Era morta una monaca di circa 18 o 20 anni, la quale, benché sempre
malaticcia, era stata assidua al coro, virtuosa e grande serva di Dio.
Mentre si recitavano le Ore prima di seppellirla, circa quattro ore dopo
la sua morte, la vidi uscire dallo stesso luogo ed andarsene in cielo”.
(Santa Teresa d’Avila, Vita, 38,29).
“L’8
novembre 1819, dopo la Comunione mi apparve l’anima del Cardinal Scotti
che mi disse: La divina giustizia mi aveva condannato in purgatorio per
30 anni e il Signore ora i libera… Le tue penitenze, digiuni e
preghiere, hanno soddisfatto la giustizia divina, per i meriti infiniti
del divino Redentore, ai cui meriti hai unito la tua penitenza, i
digiuni e le preghiere al mio suffragio. Ora vado in cielo a godere
l’immenso bene per tutta l’interminabile eternità”.
(Beata Isabella Canori Mora, Diario).
“E’
una specie di obbligo per noi pregare spesso Dio per le anime che
soffrono in Purgatorio. Dapprima perché Dio, che le ha abbandonate alla
sua divina giustizia per tutto il tempo che gli piacerà, a seconda della
gravità dei loro peccati e della scarsa premura che esse hanno avuto di
farne penitenza in questo mondo non ha lasciato loro altri mezzi, dopo
la loro morte, che i suffragi dei fedeli che sono ancora in vita e che
possono applicare loro : preghiere, digiuni e altre penitenze,
elemosine, sacrificio della Santa Messa o qualsiasi altra soddisfazione.
In secondo luogo, noi siamo uniti con queste sante anime da un legame
esteriore perché, come lo furono esse, anche noi siamo membri della
Chiesa e di Gesù stesso ( Ef 5,30 ) , siamo uniti ad esse , in Gesù
Cristo , dalla grazia santificante che abbiamo in comune con loro.
Queste due unioni debbono ispirarci sentimenti di compassione nei
confronti di queste anime sofferenti”.
(san Giovanni Battista de la Salle, omelia sulla commemorazione delle anime del Purgatorio, punto 2)
“Quest’insegnamento
(sul Purgatorio) poggia anche sulla pratica della preghiera per i
defunti, di cui la Sacra Scrittura già parla “perciò (Giuda Maccabeo)
fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero
assolti dal peccato” (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi , la Chiesa ha
onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in
particolare il Sacrificio Eucaristico, affinché, purificati, possano
giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le
elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti”.
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1032)
“(riguardo
a madre Maria Teresa) Finalmente ieri mattina, dopo la santa comunione,
Gesù mi disse che oggi, dopo mezzanotte, sarebbe volata al cielo… ed
effettivamente accadde così… Vidi giungere la vergine accompagnata
dall’angelo custode della madre. Mi disse che il suo purgatorio era
terminato e che andava in cielo… Era molto contenta. Se l’avesse vista!
Vennero a prenderla Gesù e il suo angelo custode. E Gesù
nell’accoglierla le disse: Vieni, o anima mia, che mi sei stata tanto
cara. E la portò con sé”.
( Santa Gemma Galgani, lettera a mons. Volpi del 10 agosto 1900)
“Se
l’anima (nell’istante che si separa dal corpo) è in stato d’amicizia
perfetta con Dio, cioè se non solo è esente da ogni peccato, mortale o
veniale, ma ha fatto anche una penitenza sufficiente per i peccati che
ha commesso dopo il Battesimo, è ammessa subito alla visione della
Trinità santa”.
(M. Jugie, Le Purgatoire, I, 1,1).
“Le
anime purganti hanno la loro volontà del tutto conforme a quella di
Dio, perciò proprio a questa loro conforme volontà Dio corrisponde con
la sua bontà, allora esse rimangono contente, perché la loro volontà
viene purificata dal peccato originale e attuale. Riguardo poi alla
colpa, esse diventano talmente pure come quando Dio le creò, essendo
passate da questa vita pentite di tutti i loro peccati e col proposito
di non commetterne più. Per tale pentimento Dio subito perdona la colpa,
così rimane soltanto la ruggine e la deformità del peccato che viene
poi purificata nel fuoco per mezzo della pena. Così tali anime,
completamente purificate da ogni colpa e unite a Dio con la volontà
(corrispondente alla sua) lo vedono chiaramente nella misura in cui egli
concede loro di conoscerlo. E scoprono poi quanto sia essenziale godere
di Dio e che l’anima è stata creata proprio per questo fine e che c’è
una grande affinità che le porta a unirsi a lui. Tale affinità sospinge
tanto verso Dio per un istinto naturale di Dio con l’anima, che non c’è
ragionamento né figura né esempio capaci di spiegare questa cosa, cioè
come la mente lo sente effettivamente e lo comprende per una luce
interiore”.
(Santa Caterina da Genova, Trattato del Purgatorio,10).
“Il
Papa San Gregorio III rispondendo nel 741 a San Bonifacio, Apostolo
della Germania, scriveva a proposito delle offerte per le intenzioni
delle Sante Messe: “La Santa Chiesa ritiene che chiunque può dare
offerte per i defunti che furono cristiani, perché il sacerdote ne
faccia memoria. Da momento che tutti commettiamo peccati, e opportuno
che il sacerdote faccia memoria dei cristiani morti e interceda per
loro. Tuttavia questa disposizione non vale per gli empi, anche se erano
cristiani”.
(Denzinger Schoenmetzer 586).
“Era
morta nel mio monastero, da poco più di un giorno e mezzo, una monaca,
grande serva di Dio, per la quale si recitava in coro l’ufficio dei
defunti. Una religiosa leggeva una lezione, ed io ero in piedi per
aiutarla a dire il responsorio. A Metà della lezione vidi l’anima della
defunta uscire (dalla mia destra) e andarsene in cielo, però non in
visione immaginaria, ma in visione reale, da non lasciare alcun dubbio”.
(Vita di S. Teresa, 38,28).
“La
preghiera terrena non può giovare ai defunti entrati direttamente nel
cielo, poiché la gioia perfetta nel possesso di Dio, né può essere utile
per i dannati, poiché la,loro pena non può essere tolta né attenuata.
La preghiera è efficace solo per le anime che soffrono nel Purgatorio
sia alleviando le loro sofferenze, sia accelerando le loro introduzione
nel cielo. Dal Purgatorio viene dunque una chiamata. Coloro che
desiderano entrare nella felicità celeste chiedono l’aiuto di preghiere
per ottenere questo favore divino. Cristo ha instaurato nell’umanità una
comunione di fraternità spirituale. Questa solidarietà varca le
frontiere della morte in favore dei defunti. I cristiani non dimenticano
l’affermazione di Cristo che tutto ciò che viene fatto agli altri viene
fatto a lui stesso. La carità evangelica si esprime nella preghiera per
i defunti, più precisamente per le anime che sperano l’aiuto di questa
preghiera. Si tratta di una preghiera particolarmente efficace per
aprire le porte del cielo”.
(Jean Galot).
“Mi
scandalizza il modo con cui i cristiani parlano dei loro defunti. Li
chiamano morti; non sono stati capaci di rinnovare il loro povero
vocabolario umano su un punto che tuttavia tocca i doni essenziali della
fede. Morti! Si va ad assistere ad una messa per morti! Si va al
cimitero a portare fiori ai morti, si prega per i morti! Come se la
verità fondamentale annunciata nel Prefazio della messa dei defunti “La
vita è cambiata, non è tolta”, fosse una verità morta, incapace di
trasformare il modo comune di parlare. Si può usare il termine morto sui
registri di stato civile o della polizia il cui vocabolario non è
quello della verità, ma delle apparenze. Per i cristiani coloro che
hanno lasciato questa terra, non sono morti poiché se sono in cielo
vedono Dio e sono vivi per eccellenza; se sono in Purgatorio hanno la
certezza che vedranno Dio e per l’amore purissimo e ardente con il quale
accettano e benedicono le sofferenze, sono molto più vivi di noi e se
sono all’Inferno, cioè nel baratro della seconda morte, sono dei vivi
perversi e puniti, non sono dei morti”.
(Jacques Maritain).
“Ieri
mattina dopo la Santa Comunione, mi sentii toccare la spalla ed una
voce triste all’orecchio mi disse: “Io sono un’anima morta poche ore
sotto le macerie e sono poche ore che soffro nel Purgatorio; mi sembra
un secolo; Dio è severo, Dio è giusto, Dio punisce; prega per me e fa
pregare mons. Massimi, come pure Paola e anche Vitalia; pregate,
pregate, liberatemi da tante tremende pene”.
(Edvige Carboni, Diario Spirituale luglio 1941).
“Nel
Concilio di Firenze del 1439 la Chiesa Cattolica d ifronte
all’opposizione della Chiesa Greca, ribadì l’esistenza del Purgatorio
per i suoi fedeli, dichiarando: “Se, i fedeli avendo fatto veramente
penitenza, moriranno nella carità di Dio prima d’aver soddisfatto con
frutti degni di penitenza per i peccati…, le loro anime, dopo la morte,
vengono purificate con “pene purgatorie”; e per essere liberate da
queste pene, giovano loro i suffragi dei fedeli viventi, cioè il
Sacrificio della Messa, le preghiere e le elemosine e le altre pratiche
di pietà che si usano fare…” .
(Denzinger Schoenmetezer 693).
“Il Purgatorio è una misericordia di Dio, per purificare i difetti di quanti vogliono identificarsi con Lui”.
(San Josè Maria Escrivà, Solco 889).
“Altri
forse dirà: “Se io cedo alla Santissima Vergine tutto il valore delle
mie azioni perché ella lo applichi a chi vuole, forse mi toccherà
soffrire a lungo in Purgatorio”. Questa obbiezione, che proviene
dall’amor proprio e dall’ignoranza riguardo alla generosità di Dio e
della sua santa Madre, si distrugge da se stessa. E’ mai possibile,
infatti, che un’anima fervente e generosa, più attenta agli interessi di
Dio che ai propri; che dà a Dio tutto quanto ha, senza riserva, al
punto da non potergli dare di più, non plus ultra; che desidera solo la
gloria e il regno di Gesù Cristo per mezzo della sua santa Madre e se
sacrifica interamente per conseguirlo; e mai possibile, dico, che una
persona tanto nobile e generosa sia più punita nell’altro mondo per
essere stata, quaggiù, più generosa e più disinteressata delle altre? Al
contrario. Con questa persona , Nostro Signore e sua Madre saranno
generosissimi in questo mondo e nell’altro, nell’ordine della natura,
della grazia e della gloria”.
(San Luigi Maria Grignon da Montfort, Trattato della Vera Devozione, 133).
“Non
è certamente piccola l’autorità della Chiesa universale, che risplende
in questa consuetudine: quando, cioè, tra le preghiere, che il sacerdote
innalza al Signore Dio dinanzi al suo altare, mette anche la
raccomandazione dei morti”.
(Aug., De cura pro mortuis,1).
“Mi
fu visibile come il bene e il male possa trasmettersi dai progenitori
ai bambini e come la loro azione, e la loro volontà, possa essere causa
di salvezza o di perdizione. Vidi dai tesori della Chiesa e dai membri
della stessa provenire soccorso alle anime. Molti preti soffrivano,
erano quelli che in vita avevano sempre aspirato ad un piccolo posto in
Paradiso solo perché distribuivano la Comunione e celebravano Messe. Li
vidi adesso in indicibile pentimento per le mancate opere d’amore e il
mancato aiuto verso le povere anime. Adesso aspiravano, silenziosamente,
desiderando con bramosia di poter aiutare ed operare. Tutta la loro
pigrizia si cambia in una pena dell’anima, la loro tranquillità in
un’impazienza, la loro inazione in un ceppo, tutte queste punizioni sono
la conseguenza del male”.
(Beata Anna Caterina Emmerick, Visione del 27 settembre 1820)
“Pregavo
per le anime del Purgatorio e avevo un desiderio grande di liberare con
le mie preghiere unite ai meriti infiniti di Cristo, le anime che sono
più care alò Suo Cuore, quelle che Egli desidera di vedere presto nella
gloria. Mi pare che una voce interiore mi dicesse: “Prega dunque per le
anime dei preti”. Non avevo ancora pensato a queste anime trattenute nel
Purgatorio. Vidi che c’è n’erano molte in quel luogo di espiazione e
purificazione, e seppi che il maggior numero di esse era là per aver
mancato di dedizione alla Chiesa e di amore per le anime. Questi
privilegiati del Signore si trovavano in Purgatorio non tanto per le
negligenze avute nel diretto servizio di Dio, quanto piuttosto, e molto
di più, per la mancanza di zelo e di amore per la Chiesa e le anime. Ma
il Signore ha un desiderio immenso di vederle uscire da quel luogo. Alla
mia domanda perché Dio rimproverasse così spesso ai preti questa
mancanza di zelo e di amore, mi fu data questa spiegazione: se un uomo
abbandona la sua sposa fedele e casta, se rifiuta ai suoi figli il
nutrimento che è loro necessario, forse che non è colpevole? Il prete è
unito alla Chiesa come uno sposo è unito alla sua sposa, sposa
fedelissima e sommamente pura; se quindi egli non si occupa dei suoi
interessi, se è in differente alle sue sofferenze e alle sue gioie; se,
pur senza rivoltarglisi contro non si preoccupa né della sua gloria, né
del suo mantenimento, né del suo sviluppo; se lascia le anime di cui è
stato costituito padre, senza dar loro il nutrimento spirituale di
verità e di amore di cui hanno bisogno per vivere, per svilupparsi e per
crescere non commette forse una grande mancanza?”.
(Suor Luisa Margherita Claret, Diario del 3 novembre 1904).
“E’
certo che esistono il Paradiso e l’Inferno? Lo ha rivelato Dio, spesse
volte promettendo ai buoni l’eterna vita ed il suo gaudio, e minacciando
ai cattivi la perdizione e il fuoco eterno”. (Catechismo della dottrina
cristiana, 103).
“Procuriamo
di aiutare le anime del Purgatorio facendo celebrare Messe, oppure con
udirle in loro suffragio, o con fare elemosine, o almeno pregando, o
lucrando indulgenze per esse. Esse poi, ci saranno ben grate con
l’ottenerci da Dio grazie grandi, e non soltanto dal Paradiso (se per
nostro mezzo vi giungeranno più presto), ma anche dal Purgatorio”.
(S. Alfonso de Liguori, Via della Salute. Pratica delle virtù cristiane, 3, in fine).
“Questa
sera è venuta da me una delle suore defunte: mi ha chiesto un giorno di
digiuno e di offrire per lei in quel giorno tutte le pratiche di pietà.
Le ho risposto che ero d’accordo. Il giorno dopo fin dal mattino ho
espresso l’intenzione di offrire tutto a favore di quella suora. Durante
la santa Messa per un momento, ho provato nell’anima una fame così
grande di dio che mi sembrava di morire per il desiderio di unirmi a
lui. La cosa è durata un breve momento, ma ho capito che cos’è la
nostalgia delle anime del Purgatorio. Subito dopo la santa Messa ho
chiesto alla madre superiora il permesso per il digiuno, ma non l’ho
ottenuto perché sono ammalata. Quando sono entrata in cappella, ho
sentito queste parole: “ Se lei, sorella, avesse digiunato, avrei
ottenuto il sollievo soltanto questa sera, ma per l’obbedienza, che le
ha proibito di digiunare, ho ottenuto il sollievo immediatamente.
L’obbedienza ha un grande potere”. Dopo tali parole udii: “ Dio gliene
renda merito”.
( Santa Maria Faustina Kowalska, dal Diario del 9 luglio 1937)
“San
Bernardo, celebrando una volta la Santa Messa nella Chiesa che sorge
presso le Tre Fontane di San Paolo a Roma, vide una scala che dalla
terra andava fino al cielo, e su per essa gli Angeli che andavano e
venivano dal Purgatorio, togliendo di là le anime purganti e
conducendole tutte belle al Paradiso”.
(Beato Giacomo Alberione, Per i nostri cari defunti, Cinisello Balsamo (Milano), 2010 pp. 31-32)
“La
parola Purgatorio può essere tradotta come: luogo di purificazione o
stato di purificazione. Nessun accenno di “fuoco” ha in se il vocabolo,
né la Chiesa ha detto qualche cosa di definitivo in proposito.
Sant’Agostino talora parlò di fuoco metaforico, tal’altra ammette la
possibilità del fuoco reale. Solo nel Medio Evo i teologi scolastici
furono concordi nel ritenere reale il fuoco del Purgatorio, mentre la
Chiesa Orientale lo negava. Ad ogni modo è certo che il Purgatorio
consiste in un “non essere del tutto presso Dio”, in un “bisogno di
ulteriore purificazione”, perciò nell’essere ancora esclusi dalla
possibilità di vedere Dio, in un essere salvi, ma non ancora
completamente felici”.
(Ferdinad Klenzer, Compendio della fede cattolica, Milano, 1972 pag.277).
“Cos’è
il Purgatorio? E’ la temporanea condizione di pena necessaria ai giusti
per liberarsi da ogni residuo di peccato e disporsi a godere la visione
beatifica. La nozione si concilia con lo stato di separazione
dell’anima, non più soggetta alle leggi dello spazio e del tempo: esso è
una “condizione”, non un luogo; - comporta una sofferenza
essenzialmente interna, provocata soprattutto dalla coscienza delle
colpe commesse; - suppone l’esistenza umana più comunemente vissuta,
dalla quale pochissimi escono del tutto immuni dal suo contagio; -
sottende la più nobile idea della partecipazione alla vita di Dio,
incompatibile con qualsiasi affetto disordinato, che inevitabilmente
impedisce il libero slancio e la più intima unione dell’anima con Dio”.
(Enrico Zoffoli, Catechismo della fede cattolica, Udine 1993 pp. 374-75).
“La
mattina dell’8 settembre mi sentii inondata da un fiume di pace e in
questa pace che superava ogni sentimento pronunciai i miei santi voti…
Mi sentivo veramente la regina, profittavo del mio titolo per liberare i
prigionieri, ottenere i favori del re, verso i suoi sudditi ingrati,
infine volevo liberare tutte le anime del Purgatorio e convertire i
peccatori.”.
(Santa Teresa del Bambin Gesù, Autobiografia, 218)
“O
mio Gesù, giacché tu sei la bontà infinita, io ti amo sopra ogni cosa, e
mi pento con tutto il cuore d’averti offeso. Ti prometto di prima
morire che mai più offenderti. Dammi tu la santa perseveranza. Abbi
pietà di me. Ed abbi pietà anche di quelle anime sante, che ardono nel
fuoco del Purgatorio. E tu, Madre di Dio, soccorrile, con le tue potenti
preghiere”.
(S. Alfonso de Liguori, Novena de’morti,3).
“Durante
la nostra vita terrena seguendo l’esortazione evangelica ad essere
perfetti come il Padre celeste (cfr. Mt 5,48) siamo chiamati a crescere
nell’amore per trovarci saldi e irreprensibili davanti a Dio Padre, “al
momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi” (1
Ts 3,12s). D’altra parte, siamo invitati a “purificarci da ogni macchia
della carne e dello spirito” (2 Cor 7,1; cfr. 1 Gv 3,3), perché
l’incontro con Dio richiede una purezza assoluta. Ogni traccia di
attaccamento al male deve essere eliminata; ogni deformità dell’anima
corretta. La purificazione deve essere completa, e questo è appunto ciò
che è inteso dalla dottrina della Chiesa sul purgatorio. Questo termine
non indica un luogo, ma una condizione di vita. Coloro che dopo la
morte vivono in uno stato di purificazione sono già nell’amore di Dio,
il quale li solleva dai residui dell’imperfezione (cfr. Concilio
Ecumenico di Firenze, Decretum pro Graecis, DS 1304; Concilio Ecumenico
di Trento, Deretum de iustificatione, DS 1580; Decretum de purgatorio,
DS 1820).
( Giovanni Paolo II, Catechesi del mercoledì 4 agosto 1999).
“Stando
io, questa notte, molto travagliata da ogni sorta di tentazioni, e non
potendomi applicare a cosa alcuna, ho pensato di spenderla tutta a far
del bene per le anime del Purgatorio, affinché esse preghino per tutti i
peccatori”.
(S. Veronica Giuliani, Diario, 24 novembre 1696).
“ Una
forma particolare di aiuti ai defunti è l’indulgenza. Il suo valore non
dipende dalle preghiere o dalle altre opere buone indicate dalla Chiesa
per acquistarla, ma in quanto la Chiesa stessa mette a disposizione dei
fedeli defunti i meriti e le opere sante di Cristo e dei suoi figli
migliori: la Vergine Maria , i Santi, i Martiri e gli innumerevoli
cristiani, vissuti lungo i secoli, che nel nascondimento, nella
penitenza e nella preghiera hanno cercato Dio giorno e notte. In merito
espiatorio o soddisfa ttorio dell’indulgenza è proprio di chi
l’acquista, ma la Chiesa può disporre che sia applicato anche per i
defunti. L’indulgenza infatti è un tesoro che la Chiesa apre quando
vuole e distribuisce secondo le sue intenzioni, essendone la depositaria
. Anche per indulgenza come per i suffragi in genere, è difficile
stabilire quanto giovi all’anima per la quale viene applicata. Infatti
la Chiesa e la Tradizione, non hanno direttive sicure da parte di Dio.
Una cosa, però, è certa: la somma giustizia di Dio e la sua infinita
rettitudine non possono disattendere l’intenzione di chi acquista
l’indulgenza. Le rilevazioni private a questo proposito non sono sempre
affidabili e non vanno prese come norma generale”.
(Pasquale Lorenzin, I nostri morti, Editrice Sat, Verona).
“Era
morto un fratello della Compagnia di Gesù; mentre facevo del mio meglio
per raccomandarlo a Dio e ascoltavo la Messa che un Padre Gesuita
celebrava per lui, mi venne un grande raccoglimento e lo vidi salire al
cielo con molta gloria, accompagnato da Nostro Signore”.
(Santa Teresa d’Avila, Vita, 38,30).
“Non
posso esprimere la compassione che mi suscita il vedere le a anime del
purgatorio. Però non vi è nulla di più consolante che contemplare la
loro pazienza e vedere come le une si rallegrano della salvezza delle
altre. Ho visto anche bambini in questo luogo”.
(Beata Anna Caterina Emmerick, Diario del 2 novembre 1822).
“Poniamo
che nel mondo esista un solo pane che debba sfamare tutte le creature e
che esse possano saziarsi solo vedendolo. Ora la creatura, cioè l’uomo,
quando è sano, sente l’istinto naturale di mangiare e se non lo fa,
qualora non si ammali o non muoia, la fame crescerà sempre proprio
perché quello stimolo non viene meno: è contento perché sa che quel pane
soltanto la può saziare, ma non avendolo egli resta affamato. Questo è
l’Inferno che provano quanti hanno una grande fame: quanto più l’uomo si
avvicina a quel pane senza poterlo vedere, tanto più accesso diventa il
suo desiderio che, per istinto naturale è completamente rivolto verso
quel pane, nel quale risiede tutta la sua felicità. Nel momento in cui
avesse la certezza di non poter mai vedere quel pane, si inizierebbe per
lui l’esatto Inferno: questo preciso Inferno provano le anime dannate
perché prive completamente della speranza di contemplare il pane vero
che è Dio Salvatore. Invece le anime del Purgatorio soffrono la fame
perché non è concesso loro di vedere quel pane che le può nutrire, ma
hanno la speranza di vederlo e di saziarsene completamente; perciò
stanno in pena solo per il tempo in cui non possono sfamarsi di quel
pane”.
(Santa Caterina da Genova, Trattato del Purgatorio, 11)
“Il
peccato grave ci priva della comunione con Dio e, perciò, ci rende
incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la
“pena eterna” del peccato. D’altra parte, ogni peccato, anche veniale,
provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di
purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato
Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosi detta “pena temporale”
del peccato. Queste due pene non devono essere concepite come una specie
di vendetta che Dio infligge dall’esterno, bensì come derivanti dalla
natura stessa del peccato. Una conversione, che procede da una fervente
carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che
non sussista più alcuna pena”.
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1472).
“Dopo
la Santa Comunione, Gesù mi disse: “Con quella tribolazione che il
mondo ti chiede, tu non sai quante anime hai liberato dal Purgatorio,
perché , mentre le hai ricevute tutte le hai offerte a Me per suffragio
delle anime del Purgatorio più abbandonate”.
(Edvige Carboni, Diario Spirituale settembre 1941)
“Il
Concilio di Trento del 1562, in opposizione ai protestanti, così
decreta: “Poiché la Chiesa Cattolica, istruita dallo Spirito Santo
attraverso la Sacra Scrittura e l’Antica Tradizione dei Padri, ha
insegnato nei Sacri Concili e recentissimamente, in questo Sinodo
Ecumenico, che vi è il Purgatorio e che le anime in esso trattenute sono
aiutate dai suffragi dei fedeli, ma principalmente dal Sacrificio
dell’Altare. Il Santo Sinodo ordina ai vescovi che procurino con ogni
diligenza che la Santa Dottrina circa il Purgatorio, fin qui trasmessa…
sia creduta dai fedeli cristiani, conservata, insegnata e predicata
dappertutto. I vescovi, inoltre, abbiano cura che i suffragi dei fedeli
viventi e cioè i sacrifici delle Messe, le preghiere, le elemosine e
altre opere pie, che sogliano fare dai fedeli per altri fedeli defunti,
siano fatti con pietà e devozione secondo l’uso della Chiesa e che quei
suffragi che secondo le fondazioni dei testatori o per altro motivo
devono essere fatti per essi, vengano soddisfatti dai sacerdoti, dai
ministri della Chiesa e dagli altri che ne avessero l’obbligo, non
sommariamente e distrattamente, ma diligentemente e con accuratezza”.
(Denzingen Schoenmetzer 983).
“Se
l’anima, alla morte, è costituita in stato d’inimicizia con Dio, cioè
se colpevole di uno o più peccati gravi, ai quali è restata attaccata
sino all’ultimo momento senza domandare perdono a Dio con sincero
pentimento, senza tornare verso di lui con un atto d’amore perfetto, si
trova in uno stato di dannazione eterna” (che è l’inferno).
(M. Jugie, Le Purgatoire, I, 1,1).
“Non
fare cosa alcuna per acquistare meriti, e nemmeno per paura delle pene
del Purgatorio: impegnati, da ora e per sempre, a fare tutto, anche la
cosa più piccola, per piacere a Gesù”.
(San Josè Maria Escrivà ,Forgia 1041).
“Possono
ancora invogliarci ad abbracciare questa forma di devozione (verso le
anime del Purgatorio) i grandi beni che ne verranno al nostro prossimo.
Con essa, infatti, si esercita in modo eminente la carità verso il
prossimo, poiché gli si offre per le mani di Maria, quanto si ha di più
caro e cioè il valore soddisfatto rio e impetatrorio di tutte le proprie
buone opere, non eccettuati il minimo buon pensiero e la minima lieve
sofferenza. Si accetta che tutte le soddisfazioni che si sono acquistate
e si acquisteranno fino alla morte, siano utilizzate secondo la volontà
della Santa Vergine, o per la conversione dei peccatori, o per la
liberazione delle anime del Purgatorio. Non è, questo amare
perfettamente il prossimo? Non è, questo essere del numero dei veri
discepoli di Gesù Cristo, che si riconoscono dalla carità? Non è,
questo, il mezzo di convertire i peccatori senza pericolo di vanità e di
liberare le anime del Purgatorio non compiendo niente altro che il
dovere del proprio stato?”.
(San Luigi Maria Grignon da Montfort, Trattato della Vera Devozione, 171).
“Nel
mio monastero era morta una monaca di circa diciotto o vent’anni, la
quale, benché sempre malaticcia, era stata assidua al coro, virtuosa e
grande serva di Dio. Avendo sofferto moltissimo, pensavo che avesse
meritato più del necessario, pensavo che avesse meritato più del
necessario per non andare in Purgatorio. Ma circa quattro ore dopo la
sua morte, e mentre si recitavano le Ore prima di seppellirla, la vidi
uscire (dalla mia destra) e andarsene al cielo”.
(Vita di S, Teresa,38,29).
“Quando
entrai per un momento in cappella, il Signore mi fece conoscere che fra
le anime che sceglie ne ha alcune elette in modo particolare, che
chiama ad una santità superiore, ad una santità superiore, ad un’unione
eccezionale con Sé. Sono anime serafiche, dalle quali Iddio esige che lo
amino più delle altre anime, benché, vivano tutte nello stesso
convento; talvolta però questo amore più intenso lo esige da una sola
anima. Quest’anima comprende la chiamata, poiché Iddio gliela fa
conoscere interiormente, però può seguirla e può anche non seguirla.
Dipende dall’anima rispondere alla chiamata dello Spirito Santo oppure
opporsi allo stesso Spirito Santo. Ho saputo che c’è un luogo in
Purgatorio, dove le anime espiano di fronte a Dio per colpe di questo
genere. Questa fra le varie pene è la più dura. L’anima segnata in modo
particolare da Dio si distinguerà ovunque, in Paradiso, in Purgatorio e
all’inferno. In Paradiso si distingue dalle altre anime per una gloria
maggiore, per lo splendore e per una più profonda conoscenza di Dio. In
Purgatorio per una sofferenza più acuta, poiché conosce più a fondo e
desidera più violentemente Iddio. All’Inferno soffrirà più delle altre
anime perché conosce meglio Colui che ha perduto. Il sigillo dell’amore
esclusivo di Dio è in lei non si cancella. O Gesù, mantienimi nel Tuo
santo timore, in modo che non sprechi le grazie. Aiutami ad essere
fedele alle ispirazioni dello Spirito Santo, permetti che mi spezzi il
cuore per amore verso di Te, piuttosto che tralasci un solo atto di
quest��amore”.
( Santa Maria Faustina Kowalska, dal Diario del 1 febbraio 1938).
“Ma
ciò che ci fa più particolarmente conoscere l’obbligo che abbiamo di
prendere parte alle pene di questi giusti afflitti e ciò che deve
maggiormente impegnarci a soccorrerle con tutti i mezzi è che la Chiesa,
nostra madre comune, non dimentica nulla per ispirarci questo zelo in
favore dei suoi figli sofferenti, per i quali esse è piena di tenerezza.
Essendo tutti sue membra (Cfr. Rm 12.5 ), dobbiamo unirci a lei per
offrire a Dio le nostre preghiere e il sacrificio della Santa messa, per
ottenere più facilmente da Dio, in nome di questa intima unione e delle
insistenti preghiere e suffragi, la pronta liberazione di queste anime
sofferenti, che potranno a loro volta – quando saranno in Cielo-
ottenerci con le loro preghiere molte grazie e farci godere le gioie
celesti. Entrate oggi stesso nello spirito della Chiesa e unitevi a lei
nelle preghiere e nei sacrifici che offrirà a Dio per il sollievo delle
anime purganti. Implorate per loro il soccorso divino, col maggior
fervore e insistenza di cui siete capaci, per avere l’onore di essere
le degne membra della Chiesa e i cooperatori di Gesù Cristo ( 2 Cor 6,1 )
nella redenzione di queste anime prigioniere”.
( San Giovanni Battista de la Salle, omelia sulla commemorazione delle anime del Purgatorio, punto 3”.
“Si
racconta di un religioso chiamato “Angelico” dei Frati Minori di
Parigi, che passò all’altra vita in età molto avanzata. La sua vita
intera è specialmente gli ultimi anni erano stati di grande edificazione
nel convento: tanto che un confratello credette inutile celebrargli le
solite tre Messe di suffragio. Ma ecco che mentre una sera questi era
nel giardino passeggiando, si vede innanzi il defunto frate Angelico:
era di aspetto estremamente mesto e sofferente: “Ma, come, voi qui? E
così triste?”. E frate Angelico: “Sono in Purgatorio, dove aspetto le
vostre tre Messe per uscirne!”. “Ma voi ci avete dati tanti esempi
santi, avete fatta tanta penitenza, io vi credevo in Paradiso!”. “Ohimè!
Ohimè! – Rispose fra Angelico. – Altro è l’occhio dell’uomo, altro
l’occhio purissimo di Dio: il Signore vede le imperfezioni anche nelle
azioni più sante. Se conoscessi come Dio è santo, e come siamo indegni
di mirarlo da vicino in cielo… mi avresti subito celebrate le Sante
Messe!”.”
(Beato Giacomo Alberione, Per i nostri cari defunti, Cinisello Balsamo (Milano) 2010 pp. 92).
“Già
fin dall’inizio del Cristianesimo c’era l’usanza di pregare per i
defunti, come lo dimostrano le numerose iscrizioni sui sepolcri delle
catacombe. Anche nella celebrazione dell’Eucarestia ci si ricordava dei
morti e già Tertulliano riferisce che nell’anniversario della morte si
celebrava la Santa Messa per il defunto. Chi riesce a vedere in questo
modo la credenza cristiana nel Purgatorio, ne riporterà il consolante
pensiero che il cristiano, anche se sembra abbandonato, non è mai solo
nemmeno nell’altro mondo”.
(Ferdinand Klenzer, Compendio della fede cattolica, Milano 1972, pp. 278-79).
“Si
dà un fondamento biblico della sua esistenza? Lo abbiamo in un passo
del secondo libro dei Maccabei, l’autore del quale era convinto che: si
possono commettere dei peccati che, dopo la morte, non impediscono ai
colpevoli la risurrezione finale…; i defunti, nel caso, sono dei
“giusti” davanti a Dio, talmente che le preghiere fatte in loro
suffragio possono liberarli dal peccato e renderli degni di una
“magnifica ricompensa”. – Nel caso richiamato abbiamo gli elementi
fondamentali del dogma cristiano del Purgatorio, a cui accenna anche S.
Paolo e che la catechesi dei Padri e gl’interventi del Magistero nel
corso dei secoli hanno reso sempre più saldo ed esplicito. Si tratta di
una verità di fede divina e cattolica”.
(Enrico Zoffoli, Catechismo della fede cattolica, Udine 1993, pag. 375).
“Madre
cara, lei che mi ha permesso di offrirmi così a buon Dio, lei sa quali
fiumi o piuttosto quali oceani di grazie, inondavano l’anima mia… Ah da
quel giorno felice mi pare nell’amore mi compenetri e mi avvolga, mi
pare che, ad ogni istante, questo amore misericordioso mi rinnovi,
purifichi l’anima mia e non lasci alcuna traccia di peccato, perciò non
posso temere il Purgatorio… So che per me stessa non mi riterrei nemmeno
di entrare in quel luogo di espiazione, poiché soltanto le anime sante
possono trovare adito ad esso, ma so altresì che il fuoco dell’amore è
più santificante di quello del Purgatorio, so che Gesù non può
desiderare per noi sofferenze inutili, e che egli non mi ispirerebbe i
desideri che sento, se non volesse colmarli… Oh come è dolce la via
dell’amore! Come mi voglio dedicare a far sempre col più grande
abbandono, la volontà del Signore!” .
(Santa Teresa del Bambin Gesù, Autobiografia, 238).
“Quando
il cuore ripensa dov’è sepolto il corpo d’una persona carissima, e gli
viene in mente il luogo col nome di un martire venerabile, l’amore di
chi ricorda e prega, raccomanda al martire stesso l’anima diletta;
quell’amore, che, quando è dimostrato ai morti da fedeli carissimi, non
v’è dubbio che giovi a quelli che, vivendo, meritavano che tali cose
giovassero loro dopo la morte”.
(Aug., De cura pro mortuis,4).
“Voglio
sperare, fratello mio, che se lascerò l’esilio, non dimenticherà la sua
promessa di pregare per me. Ha sempre accolto le mie domande con tanta
bontà e oso farmene ancora una: Non desidero che chieda a Dio di
liberarmi dalle fiamme del Purgatorio. Santa Teresa diceva alle sue
figlie, quando volevano pregare per loro stesse : “Che m’importa restare
in Purgatorio fino alla fine del mondo, se per mezzo delle mie
preghiere salvo anche un’anima sola?” Queste parole trovano un eco nel
mio cuore: vorrei salvare le anime e dimenticarmi per esse; vorrei
salvarne anche dopo la mia morte. Per questo sarei felice se, invece
della preghierina che fa per me e che sarà attuata per sempre, dicesse
allora così: “Mio Dio, permettete alla mia sorella di farvi amare
ancora”. Se Gesù l’esaudisce troverò il modo di testimoniarle la mia
riconoscenza”.
(Santa Teresa del Bambin Gesù, Lettera a Padre Roulland del 19 marzo 1897)
“Nel
mentre che ero con Gesù e soffrivo, e soffriva Lui pure, mi venne un
forte desiderio, quasi da non poter resistere. Gesù se ne avvide e mi
domandò: “Che vuoi che faccia?”. Ed io subito: “Gesù, per pietà
alleggerisci i tormenti a Madre Maria Teresa”. E Gesù: “Già l’ho fatto.
Vuoi altro?”, mi diceva. Allora mi feci animo, e Gli dissi: “Gesù,
salvala, salvala”. E Gesù così mi rispose: “Il terzo giorno dopo
l’Assunzione della mia Santissima Madre, verrà anch’essa sprigionata dal
Purgatorio, e la condurrò con me nel cielo”.”.
(Santa Gemma Galgani, Diario, 16 agosto 1900)
“Un
Angelo mi condusse in un luogo pieno di fiamme, nei fui
spaventatissima, credendo che fosse l’Inferno; ma invece era il
Purgatorio, ove in mezzo alle fiamme riconobbi e parlai a N. M. morto
poco tempo fa, il quale mi disse che soffriva molto e mi domandò
suffragi, e mi manifestò che aveva un desiderio vivissimo di vedere Dio e
sospirava… E anelava a Dio!”.
(T. Generoso Fontanarosa, Lucia Mangano Orsolina, Catania 1961, vol. I, 283).
“La
devozione verso le anime del Purgatorio, (consiste) nel raccomandare a
Dio acciocché le sollevi nelle grandi pene che patiscono e presto le
chiami alla gloria, è molto giovevole a noi. Infatti, quelle anime
benedette sono sue spose per l’eternità. Sono, poi, gratissime verso chi
ottiene loro la liberazione da quel carcere o, almeno, qualche sollievo
nei loro tormenti. Così, giunte che saranno in cielo, non si
scorderanno certamente di chi ha pregato per esse. E pienamente si crede
che Dio palesi loro le nostre orazioni, affinché anch’esse preghino per
noi”.
(S. Alfonso de Liguori, Novena de’ morti. Introduzione).
“Nel
giorno di Cristo Re mi sentii come se morissero il mio corpo ed il mio
spirito e terminasse completamente la mia esistenza nel mondo. E’
indescrivibile il dolore che questo mi causò. Ma più ancora: mi sentivo
nel Purgatorio. Quale dolore, mio Dio, quale dolore! Da giorni mi
sentivo attraversata da fiamme; pensavo che fosse effetto della sete
ardente che continuamente sentivo, ma mi ingannavo, Quelle fiamme
continuarono. Non erano le fiamme del fuoco della terra; avevano uno
splendore incantevole. Mi compenetravano per ore di seguito, tormentando
il mio corpo e tutti i suoi sensi. Raggiungevano la massima altezza e
tutto il mio essere ne rimaneva imbevuto. Mi causavano dolori
indicibili; ma, nonostante questo, io sentivo necessità di immergermi in
esse, per così purificarmi. Come la farfalla è attirata follemente
dalla fiamma, così lo ero io pure e volevo entrare a braccia aperte in
quel fuoco che dava tormento ma non distruggeva. Vivevo solamente in un
desiderio ardente: liberata da qui, vado al mio Gesù! Io non sapevo il
significato di tutta questa mia sofferenza. Seppi sentire, e nulla più.
Gesù venne a darmi spiegazioni”.
(Alexandrina Maria Da Costa, Diario del 31 ottobre 1943)
“L’anima
che deve andare in Purgatorio è simile a un avventuroso viaggiatore,
alle soglie del deserto. Il sole brucia, il caldo è soffocante, ha poca
acqua; intravede in lontananza, oltre il grande deserto, la montagna
dove c’è il suo tesoro, la montagna sulla quale soffiano fresche brezze e
dove potrà riposare eternamente. E si mette in marcia, disposto a
percorrere a piedi la lunga distanza, durante la quale il calore
asfissiante lo farà cadere più di una volta. Le due situazioni si
differenziano perché, contrariamente al viaggiatore, l’anima sa con
piena sicurezza che giungerà alla montagna che l’aspetta lontano: per
soffocanti che siano, il sole e la sabbia non potranno separarla da
Dio”.
(Francisco Fernandez- Carvajal, Parlare con Dio, Milano, 1993 pag.637).
scritto da :Gianni Toffali
scritto da :Gianni Toffali
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