"Non si può pretendere che Dio doni la vittoria senza chiedere agli uomini d’arme di dare battaglia, è una forma di diserzione!"
(Santa Giovanna d’Arco)
E' citando Giovanna d'Arco che Mons. Fellay ribadì in questa intervista del 28 novembre 2011 la netta posizione della FSSPX da mantenere con Roma riguardo il Preambolo dottrinale.
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La Fraternità San Pio X e il Preambolo dottrinale
Intervista a Monsignor Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità San Pio X
Perché
il Preambolo Dottrinale che Le ha consegnato il Card. Levada lo scorso
14 settembre è circondato da un cotale segreto sia da parte della
Congregazione per la Dottrina della Fede sia da parte della Fraternità
San Pio X? Cosa nasconde questo silenzio ai sacerdoti e ai fedeli della
Tradizione?
Questa discrezione è normale in ogni
procedura importante; ne garantisce la serietà. Accade che il Preambolo
dottrinale che ci è stato consegnato sia un documento che, come indica
la nota che l’accompagna, è suscettibile di chiarimenti e di modifiche.
Non si tratta di un testo definitivo. Noi invieremo a breve una risposta
a questo documento, ove indicheremo con franchezza le posizioni
dottrinali che ci sembra indispensabile mantenere. Dopo l’inizio dei
nostri colloqui con la Santa Sede – i nostri interlocutori lo sanno bene
– la nostra costante preoccupazione è stata quella di presentare in
tutta lealtà la posizione tradizionale.
Da parte di Roma, la discrezione
s’impone anche perché questo testo – pur nello stato attuale che
necessita numerosi chiarimenti – rischia fortemente di suscitare
l’opposizione dei progressisti, i quali non ammettono la semplice idea
di una discussione sul Concilio, perché considerano che questo Concilio
pastorale sia indiscutibile o “non negoziabile”, come se si trattasse di
un Concilio dogmatico.
(Essi considerano il concilio indiscutibile ma sono i nostri Valori della Fede che "Non sono negoziabili") |
Malgrado
tutte queste precauzioni, le conclusioni della riunione dei Superiori
della Fraternità San Pio X ad Albano, del 7 ottobre, sono state
divulgate su internet, da fonti diverse, ma concordanti.
Su internet le indiscrezioni non mancano
mai! È vero che questo Preambolo dottrinale non può ricevere il nostro
avallo, benché comporti un margine per una “legittima discussione” su
certi punti del Concilio. Qual è l’ampiezza di questo margine? La
proposta che avanzerò in questi giorni alle autorità romane e la loro
risposta ci permetteranno di valutare le possibilità che ci vengono
lasciate. E qualunque sia il risultato di questi scambi, il documento
finale che verrà accettato o respinto sarà reso pubblico.
Meglio fare apparire le difficoltà che le soluzioni
Dal
momento che questo documento è poco chiaro, a suoi occhi, non sarebbe
più semplice opporre la non ricevibilità ai suoi autori?
Più semplice forse, ma non più onesto.
Visto che la nota che l’accompagna prevede la possibilità di apportare
dei chiarimenti, mi sembra necessario chiederli piuttosto che rifiutarli
a priori. Questo non pregiudica in niente la risposta che daremo.
Dal momento che il dibattito tra noi e
Roma è essenzialmente dottrinale e verte principalmente sul Concilio, e
considerato che questo dibattito non riguarda solo la Fraternità San Pio
X, ma proprio tutta la Chiesa, le precisazioni che otterremo o meno,
avranno il merito non trascurabile di far meglio apparire dove stanno le
difficoltà e dove le soluzioni. È questo lo spirito che ha sempre
guidato i nostri colloqui teologici in questi due ultimi anni.
Questo
documento serve da preambolo ad uno statuto canonico, ma ciò non
comporta implicitamente la rinuncia alla tabella di marcia che Lei aveva
fissata e che prevedeva innanzi tutto una soluzione dottrinale prima di
un accordo pratico?
Si tratta proprio di un preambolo
dottrinale la cui accettazione o il cui rifiuto condizionerà
l’ottenimento o meno di uno statuto canonico. La dottrina non passa
affatto in secondo piano. E prima di impegnarci su un eventuale statuto
canonico, studieremo in maniera attenta questo Preambolo con il criterio
della Tradizione, alla quale siamo fedelmente legati. Poiché noi non
dimentichiamo che sono proprio le divergenze dottrinali all’origine
della controversia fra Roma e noi, da 40 anni; il metterle da parte per
ottenere uno statuto canonico ci esporrebbe al veder riemergere
inevitabilmente le stesse divergenze, tale da rendere lo statuto
canonico più che precario, molto semplicemente invivibile.
Dunque, in fondo nulla è cambiato dopo questi due anni di colloqui teologici fra Roma e la Fraternità San Pio X.
Questi colloqui hanno permesso ai nostri
teologi di esporre chiaramente i punti principali del Concilio che
presentano delle difficoltà alla luce della Tradizione della Chiesa.
Parallelamente, e forse grazie a questi colloqui dottrinali, in questi
due ultimi anni altre voci si son fatte sentire oltre alle nostre, le
quali hanno formulato delle critiche sul Concilio che si riallacciano
alle nostre. Così, Mons. Brunero Gherardini, nel suo libro Concilio Vaticano II. Il discorso mancato,
ha insistito sui differenti gradi di autorità dei documenti conciliari e
sul “contro-spirito” che si è infiltrato nel Concilio Vaticano II fin
dall’inizio. Anche Mons. Athanasius Schneider ha avuto il coraggio di
chiedere, in occasione di un congresso a Roma della fine del 2010, un
Syllabus che condanni gli errori d’interpretazione del Concilio. Nello
stesso spirito, lo storico Roberto de Mattei ha mostrato chiaramente le
influenze contrarie esercitate sul Concilio, col suo libro Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta.
Bisognerebbe citare anche la supplica rivolta a Benedetto XVI da quegli
intellettuali cattolici italiani che chiedono un esame approfondito del
Concilio.
Tutte queste iniziative, tutti questi
interventi, indicano chiaramente che la Fraternità San Pio X non è più
la sola a vedere i problemi dottrinali posti dal Vaticano II. Questo
movimento si estende e non si fermerà più.
Si, ma questi studi universitari, queste analisi dotte non apportano alcuna soluzione concreta ai problemi che il Concilio pone hic et nunc.
Questi lavori sollevano le difficoltà
dottrinali poste dal Vaticano II e dimostrano quindi perché l’adesione
al Concilio è problematica. Il che è un primo passo essenziale.
A Roma stessa, le interpretazioni
evolutive che si danno della libertà religiosa, le modifiche che sono
state apportate a questo proposito nel Catechismo della Chiesa Cattolica
e nel suo Compendio, le correzioni attualmente allo studio del Codice
di Diritto Canonico… esprimono la difficoltà che si incontra quando ci
si voglia attenere ai testi conciliari ad ogni costo, e dal nostro punto
di vista questo dimostra proprio l’impossibilità di aderire in maniera
stabile ad una dottrina in movimento.
Il Credo non è più sufficiente per essere riconosciuti come cattolici?
Ai suoi occhi, cos’è che oggi è stabile dottrinalmente?
La sola dottrina ne varietur è
in tutta evidenza il Credo, la professione di fede cattolica. Il
Concilio Vaticano II s’è voluto pastorale, non ha definito dei dogmi.
Non ha aggiunto agli articoli di fede: “credo nella libertà religiosa,
nell’ecumenismo, nella collegialità…”. Il Credo non sarebbe più
sufficiente, oggi, per essere riconosciuto come cattolico? Esso non
esprime più tutta la fede cattolica? Si esige oggi che coloro che
abbandonano i loro errori e si riuniscono alla Chiesa cattolica
professino la loro fede nella libertà religiosa, nell’ecumenismo o nella
collegialità? Per noi figli spirituali di Mons. Lefebvre, che ha sempre
evitato di costituire una Chiesa parallela e che ha voluto essere
sempre fedele alla Roma eterna, non v’è alcuna difficoltà ad aderire
pienamente a tutti gli articoli del Credo.
In questo contesto, si può avere una soluzione alla crisi nella Chiesa?
A meno di un miracolo, non può esserci
alcuna soluzione immediata. Per riprendere l’espressione di Santa
Giovanna d’Arco, pretendere che Dio doni la vittoria senza chiedere agli
uomini d’arme di dare battaglia, è una forma di diserzione. Volere la
fine della crisi senza sentirsi interessati o implicati significa non
amare davvero la Chiesa. La Provvidenza non ci dispensa dal compiere il
nostro dovere di stato là dove essa ci ha posto, dall’assumere le nostre
responsabilità e dal rispondere alle grazie che ci ha accordato.
La situazione presente della Chiesa, nei
nostri paesi un tempo cristiani, è la caduta drammatica delle
vocazioni: quattro ordinazioni a Parigi nel 2011, una sola nella diocesi
di Roma per il 2011-2012; è la rarefazione allarmante dei preti: come
quel curato nell’Aude che ha 80 chiese; si tratta di diocesi esangui al
punto che nel prossimo avvenire in Francia bisognerà raggrupparle come
sono già state raggruppate le parrocchie… In una parola, la gerarchia
ecclesiastica oggi è alla testa di strutture sovradimensionate per degli
effettivi in calo costante, cosa che è propriamente ingestibile e non
solo sul piano economico… Per darne un’idea, sarebbe come voler
mantenere attivo un convento concepito per 300 religiosi quando non ne
sono rimasti che 3. Tutto questo può continuare così ancora 10 anni?
Dei giovani vescovi e preti che
ereditano questa situazione prendono sempre più coscienza della
sterilità di 50 anni di apertura al mondo moderno. Non danno la colpa
unicamente alla laicizzazione della società, si interrogano sulle
responsabilità del Concilio che ha aperto la Chiesa a questo mondo in
piena secolarizzazione. Essi si chiedono se la Chiesa poteva adattarsi
fino a questo punto alla modernità, senza adottarne lo spirito.
Questi vescovi e questi preti si pongono
tali domande, e certuni le pongono a noi… discretamente, come Nicodemo.
Noi rispondiamo loro che è necessario sapere se di fronte a tale
penuria, la Tradizione cattolica è una semplice opzione o una soluzione
necessaria. Rispondere che è un’opzione significa minimizzare, cioè
negare la crisi nella Chiesa e volersi accontentare con misure che hanno
già dato prova della loro inefficacia.
L’opposizione dei vescovi
Ma
anche se la Fraternità San Pio X ottenesse da Roma uno statuto canonico,
non potrebbe offrire alcuna soluzione sul campo, malgrado tutto, poiché
i vescovi vi si opporrebbero, come hanno fatto col Motu Proprio sulla
Messa tradizionale.
Questa opposizione dei vescovi nei
confronti di Roma si è espressa in maniera sorda ma efficace riguardo al
Motu Proprio sulla Messa tridentina e continua a manifestarsi
ostinatamente da parte di certi vescovi a proposito del pro multis
del canone della Messa, che Benedetto XVI, conformemente alla dottrina
cattolica, vuole che si traduca con “per molti” e non con “per tutti”,
come nella maggior parte delle liturgie in lingua volgare. In effetti,
certe conferenze episcopali persistono nel mantenere questa falsa
traduzione, come recentemente in Italia.
Così è il Papa stesso che fa esperienza
di questa dissidenza di molte conferenze episcopali, su questo argomento
e su molti altri, e questo può permettergli di comprendere facilmente
l’opposizione feroce che la Fraternità San Pio X incontrerà
immancabilmente da parte dei vescovi nelle loro diocesi. Si dice che
Benedetto XVI desideri personalmente una soluzione canonica; occorrerà
anche che voglia usare i mezzi che la rendano realmente efficace.
(... per la consacrazione della Russia) |
È in ragione della gravità della crisi recente che Lei ha indetto una nuova crociata del Rosario?
Domandando queste preghiere, ho voluto
soprattutto che i sacerdoti e i fedeli fossero più intimamente uniti a
Nostro Signore e alla Sua Santa Madre, con la recitazione quotidiana e
la meditazione profonda dei misteri del Rosario. Noi non siamo in una
situazione ordinaria, che ci permetterebbe di accontentarci di una
mediocrità abitudinaria. La comprensione della crisi attuale non si
fonda sulle voci diffuse via internet, come le soluzioni non
scaturiscono dall’astuzia politica o dalla negoziazione diplomatica, su
questa crisi occorre avere uno sguardo di fede. Solo la frequentazione
assidua di Nostro Signore e della Madonna permetterà di conservare, tra
tutti i sacerdoti e i fedeli legati alla Tradizione, quella unità di
vedute che procura la fede soprannaturale. È così che faremo blocco in
questo periodo di grande confusione.
Pregando per la Chiesa, per la
consacrazione della Russia, come ha chiesto la Santa Vergine a Fatima, e
per il trionfo del Suo Cuore Immacolato, noi ci eleviamo al di sopra
delle nostre aspirazioni troppo umane, superiamo i nostri timori troppo
naturali. È solo a questa altezza che potremo veramente servire la
Chiesa, col compimento del dovere di stato affidato ad ognuno di noi.
Menzingen, 28 novembre 2011
Fonte: DICI
Distretto Italiano della FSSPX: http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=442:la-fraternita-san-pio-x-e-il-preambolo-dottrinale&catid=58:informazioni-casa-generalizia&Itemid=64
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