Antico, Nuovo Testamento e Neopaganesimo
Introduzione
Un’idea vecchia e mai sopita, secondo la
quale l’Antico Testamento è cattivo, il Nuovo si salverebbe solo a certe
condizioni e la salvezza verrebbe dal ritorno al vecchio paganesimo si
riaffaccia oggi in Europa e tenta di confondere le acque.
L’Abate Giuseppe Ricciotti commenta: “No,
proprio no: se buttate via la prima e la più antica parte della Bibbia,
voi non avete nessun diritto di conservare solo la sua seconda e più
recente parte. Si contèntino di rimanere con Lutero, indubbiamente
ariano, ma rinuncino a Gesù Cristo, indubbiamente ebraico”.
Il cardinal Michael von Faulhaber,
arcivescovo di Monaco, tenne cinque prediche, nelle quattro domeniche
d’Avvento e nella sera di S. Silvestro del 1933, nella più grande chiesa
di Monaco, dedicata a S. Michele.
Esse furono raccolte nel libro:
Giudaismo, Cristianesimo, Germanesimo, che – come sostiene l’eminente
esegeta Ricciotti – “è un’opera di scienza”, è lo “scritto di un dotto…
specializzato in una scienza poco divulgata…, cioè la scienza biblica…
il Faulhaber è uno specialista di tali questioni, giacché ha passato
undici anni facendo lezioni bibliche all’Università di Wurzburg ed ha
occupato all’Università di Strasburgo la cattedra di S. Scrittura
dell’Antico Testamento”.
L’Antico Testamento è perfezionato dal Cristianesimo
Innanzitutto il cardinale tedesco spiega
che occorre fare una distinzione fra “il popolo d’Israele anteriore alla
morte di Cristo e quello posteriore alla sua morte.
“Prima della morte di Cristo, negli anni
tra la vocazione di Abramo e la pienezza dei tempi, il popolo d’Israele
fu il depositario della Rivelazione. Lo Spirito di Dio suscitò e
illuminò degli uomini, i quali per mezzo della Legge mosaica, dettero
ordinamento alla vita religiosa e civile.
“Dopo la morte di Cristo, Israele fu
licenziato dal servizio della Rivelazione. I figli di quel popolo non
avevano riconosciuto l’ora della visita divina; avevano rinnegato e
rigettato l’Unto del Signore, l’avevano condotto fuori della città e
l’avevano confitto in croce. Allora… cadde il patto tra il Signore e il
suo popolo.
“In secondo luogo dobbiamo distinguere
tra le Scritture dall’Antico Testamento e gli scritti talmudici del
giudaismo posteriore [l’A. Testamento è buono ma imperfetto ed è
perfezionato dal Nuovo Testamento ; mentre il Talmùd è cattivo ed
essenzialmente anticristiano e antimosaico, nda]. In terzo luogo
dobbiamo fare una distinzione, anche internamente alla Bibbia dell’A.
Testamento, tra ciò che ebbe un valore transitorio e ciò che doveva
avere un valore eterno”.
I valori eterni dell’Antico Testamento
“È un dato di fatto… che in nessun altro
popolo dell’antichità precristiana, quanto nell’antico popolo biblico,
si ritrova una schiera così numerosa di uomini spiritualmente sublimi.
In nessun altro popolo si ritrova una serie di scritture, in cui così
chiaramente, così distintamente, così coerentemente siano esposte le
verità fondamentali della vita religiosa, come nel Pentateuco mosaico,
nei libri di Samuele e dei Re, nei libri delle Cronache, nel libro di
Giobbe, nei Salmi, nei libri Sapienziali, nei libri dei Profeti e dei
Maccabei. Oggi, poiché la storia e gli scritti degli altri popoli
dell’epoca precristiana sono già esplorati, la storia delle religioni a
confronti fatti può rivolgere al popolo del Giordano una testimonianza
di questo genere: Tu li hai superati tutti, grazie al tuo livello
religioso”.
Ma il giudaismo pre-cristiano, non ha
prodotto da sé questi valori, bensì per grazia speciale di Dio. E, se
qualcuno domandasse perché Dio ha scelto proprio il popolo ebraico, “di
dura cervice”, gli risponderemo con S. Agostino: “Si hunc trahàt et
illum non trahàt, noli velle scrutàre si non vis erràre/perché scelga
uno e non un altro, se non vuoi sbagliare non voler scrutare ”, è il
mistero della predestinazione, dei singoli e dei popoli, che sorpassa
ogni intendimento umano; esso resta un segreto della grazia elettiva di
Dio.
Un’obiezione: il sacrificio di Abramo
Dio non ha chiesto ad Abramo un
sacrificio umano; Egli volle soltanto sottoporre il capostipite ad una
prova per vedere se avrebbe perseverato nella fede e nell’obbedienza,
anche in circostanze difficili.
Due gravi ammonizioni
Innanzi tutto – il porporato tedesco
ricorda – che i cristiani non mettono l’A. Testamento e il Nuovo sullo
stesso piano. Il N.T. deve essere messo al posto d’onore; tuttavia
bisogna tener ben fermo che anche l’A.T. è ispirato da Dio. “Ma il
Cristianesimo, per aver ricevuto le Antiche scritture, non è affatto
diventato una religione giudaica, poiché questi libri non sono stati
composti da giudei , bensì sono stati ispirati dallo Spirito di Dio e
perciò sono parola di Dio… L’alienazione dei giudei di oggi non deve
essere estesa ai libri del giudaismo precristiano”.
Inoltre con Cristo non conta più la
parentela di sangue ma quella della fede; quindi non importa se Cristo è
etnicamente ariano o giudeo. È importante sapere se Cristo è
spiritualmente ‘cristiano’ e se noi siam diventati membra di Cristo
mediante il battesimo e la fede vivificata dalla carità. S. Paolo
scrive: “ In Cristo Gesù non ha alcun valore né il giudaismo in sé, né
il non giudaismo, bensì soltanto la nuova creatura” (Gal., VI, 15).
I valori morali dell’Antico Testamento sono accresciuti nel Vangelo
Gli ariani di ieri e di oggi obiettano
contro i valori morali dell’A.T., per esempio, Giacobbe è un
soppiantatore di legittima eredità, rubata a Esaù; ma la S. Scrittura
racconta tutto ciò senza affermare che quella di Giacobbe sia stata
un’azione onesta. Inoltre – continua Faulhaber – “se noi difendiamo
l’A.T. dall’accusa di essere del tutto privo di valore morale, non
pretendiamo tuttavia di dipingere a colori troppo chiari il quadro
morale del giudaismo precristiano. In esso, come in tutte le religioni e
le razze, la vita pratica restò molto più in basso dell’ideale
rappresentato dai precetti morali. A fianco di molte luci ci furono
molte ombre; a fianco alla verità, molta menzogna; a fianco alla
sapienza molta stoltezza; a fianco alla fede molta miscredenza; a fianco
ad alti valori morali, molte cose di minor pregio”.
Una delle principali obiezioni è che la
morale mosaica è una morale da mercenari; è vero, risponde il cardinale,
le persone pie dell’A.T. si aspettavano come mercede della loro pietà
anche la benedizione di beni terreni, per esempio che i loro granai
fossero colmi di frumento. Certo, è più perfetto battere la strada delle
virtù spinti da puro amore verso Dio e verso il bene, senza speranza di
ricompense temporali; ma a tale altezza si sono elevati solamente i
santi. Se uno mi dicesse che fa il bene solo per amore del bene, senza
alcun desiderio di ricompensa, gli direi: o tu sei un santo, oppure un
ipocrita.
Ora coloro che criticano le promesse
dell’A.T., sono veramente puri da ogni ricerca di ricompensa? Un grande
sistema morale che sia stato ideato per tutti gli uomini, deve
valorizzare a fianco ai motivi più perfetti, anche quelli meno perfetti
per le anime meno elevate.
E il cardinale continua: “C’è poi
un’ombra che grava su alcuni racconti e testi dei libri dell’A.T., i
quali sono moralmente sconvenienti. Onan diede il nome al peccato di
onanismo… Thamar era una donna pubblica. Cam fu uno spudorato… Le sacre
Scritture hanno narrato queste cose purtroppo umane nella lingua del
loro tempo, nella lingua di un popolo di pastori che era in continuo
contatto con la natura; ma con ciò esse non hanno approvato quelle
spudoratezze, né hanno chiamato morale l’immoralità. È piuttosto il
contrario: esse infatti narrano che il castigo segue passo passo il
delitto… Ma sinché il Signore sceglierà degli uomini… sempre si
ritroverà ciò che purtroppo è umano. Nessuno sarà tanto fariseo da
affermare che ogni vizio è scomparso di in mezzo ai popoli della N.
Alleanza… sarebbe fariseismo giudaico se noi tedeschi ci mettessimo a
ringraziar Dio quasi ché noi fossimo assai migliori di altre razze, e le
nostre grandi città fossero dei giardini di virtù”.
Quindi il cardinale conclude: “Finiamola
con le ombre dell’A.T., finiamola con tutti coloro che furono o un Cam, o
un Onan, o una Thamar!… Finiamola col fariseismo… che nel proprio
popolo non trova altro che luci e nelle altre razze altro che ombre! ”.
Tuttavia occorre ammettere che non
bisogna mettere la Bibbia intera in mano alla gioventù o a persone di
scarsa istruzione cristiana.
Inoltre la Bibbia va sempre letta con
note che spieghino il significato dei versi, secondo l’interpretazione
data loro dai Padri della Chiesa, che sono l’eco della Tradizione
divino/apostolica, e che soli, quando interpretano unanimemente, in
senso morale e non matematico o assoluto, un verso o un libro della
Scrittura, possono darcene infallibilmente il significato autentico,
essendo il canale attraverso il quale l’insegnamento orale di Gesù e
degli Apostoli arriva sino a noi, di generazione in generazione.
I valori sociali dell’Antico Testamento
I poveri nella Bibbia
“Quando tu mieterai il campo, non
mieterai fino all’orlo del campo, né spigolerai le spighe rimaste. Anche
nella tua vigna tu non racimolerai i grappoli e gli acini rimasti.
Lascerai che ciò sia raccolto dai poveri e dai forestieri” (Deut., XXIV,
19-22).
Il possidente, nell’Antica Alleanza, non
doveva essere avaro né cupido, non doveva raccogliere le ultime spighe
del campo e gli ultimi acini della vigna, ma doveva lasciarle come
spigolatura per i poveri.
Il diritto privato nella Bibbia
Il comandamento “non rubare” riconosce implicitamente il diritto alla proprietà privata.
La personalità spirituale e morale conserva la sua libertà anche di fronte alle masse, l’individuo – per la Bibbia – doveva respingere la dittatura delle masse, l’Esodo dice: “Non correre dietro le turbe, e non indirizzarti secondo il sentimento della maggioranza” (Ex., II, 3). La personalità morale conservava la sua proprietà pure di fronte allo Stato. Per l’A.T. lo Stato non è un assoluto: l’uomo fa parte dello Stato, il diritto statale primeggia, politicamente, su quello individuale; ma l’individuo, spiritualmente considerato, non doveva essere privato del suo valore di persona umana ordinata al fine ultimo soprannaturale, del suo diritto e delle sue proprietà affinché lo Stato potesse realizzare i suoi diritti. L’individuo, socialmente, si doveva coordinare e subordinare allo Stato, ma, spiritualmente, non doveva essere schiacciato sino a diventare una goccia che si perde nell’oceano.
La personalità spirituale e morale conserva la sua libertà anche di fronte alle masse, l’individuo – per la Bibbia – doveva respingere la dittatura delle masse, l’Esodo dice: “Non correre dietro le turbe, e non indirizzarti secondo il sentimento della maggioranza” (Ex., II, 3). La personalità morale conservava la sua proprietà pure di fronte allo Stato. Per l’A.T. lo Stato non è un assoluto: l’uomo fa parte dello Stato, il diritto statale primeggia, politicamente, su quello individuale; ma l’individuo, spiritualmente considerato, non doveva essere privato del suo valore di persona umana ordinata al fine ultimo soprannaturale, del suo diritto e delle sue proprietà affinché lo Stato potesse realizzare i suoi diritti. L’individuo, socialmente, si doveva coordinare e subordinare allo Stato, ma, spiritualmente, non doveva essere schiacciato sino a diventare una goccia che si perde nell’oceano.
Il diritto dell’operaio nella Bibbia
“La mercede dell’operaio non rimanga
nella tua mano sino al mattino seguente” (Pentateuco). “Guai a colui che
fa lavorare senza mercede, e che non paga la mercede” (Ger., XXII, 13).
In un tempo in cui dappertutto il lavoro
era marchiato dalla schiavitù più disumana, la Bibbia riconosceva già la
dignità morale del lavoro.
L’amministrazione della giustizia nella Bibbia
“Non commettere iniquità, e non prendere
partito contro il povero e non preferire la persona del potente” (Ez.,
XXII, 12). “La bilancia falsa è un’abominazione davanti al Signore”
(Prov., XI, 1). “Maledetto colui che sposta le pietre di confine col suo
vicino” (Deut., XXVII, 17).
L’ordinamento economico nella Bibbia
Tre leggi sono basilari:
- 1ª) la legge contro il latifondo ottenuto per usura. Isaia malediceva gli accaparratori di proprietà che sfruttavano le altrui condizioni di disagio economico e compravano all’ingrosso le piccole proprietà circostanti di coloro che versavano in difficoltà ed erano costretti moralmente a svendere il proprio per arricchire lo speculatore. (Cfr. Is., V, 8 ss.);
- 2ª) la legge contro l’eccessivo indebitamento delle famiglie del Paese: ogni settimo anno i debiti erano prescritti, i prestiti si spegnevano, gli schiavi riacquistavano la libertà…
- 3ª) la legge indirizzata contro l’usura; occorre, però, ammettere che l’usura era proibita solo tra ebrei, mentre un ebreo poteva prestare “a strozzo” a un non ebreo; questa è una delle imperfezioni dell’A.T. che sarà perfezionata dal Vangelo.
La religione come sostegno dell’ordine sociale
I valori dell’ordinamento sociale sono
nella Bibbia anche di ordine religioso: sono “prescrizioni del Signore”.
La comune fede in Dio serve da livellamento sociale tra ricco e povero:
“il ricco e il povero s’incontrano, il Signore li ha creati entrambi”
(Prov., XXII, 2).
“Voi dovete aver rispetto per i diritti dell’operaio, perché lo stesso Signore ha creato il datore di lavoro e chi lavora” (Giob., XXXI, 13-15).
“Voi dovete aver rispetto per i diritti dell’operaio, perché lo stesso Signore ha creato il datore di lavoro e chi lavora” (Giob., XXXI, 13-15).
La pietra angolare tra giudaismo e Cristianesimo
Gesù Cristo è la pietra che unisce, come
“pietra d’angolo”, il mosaismo e il Cristianesimo. Ma, nonostante tutte
le grazie che Dio ha concesso a Israele, questo non ha voluto
riconoscere l’ora della sua visita. Egli fu “segno di contraddizione”, e
solo un piccolo gruppo di Apostoli e di altri discépoli lo seguì,
mentre la maggior parte del popolo si allontanò dal Messia. Gesù prese
commiato, seppur con dolore, dall’Antico Patto, infranto da Israele, e
ne instituì uno, Nuovo ed Eterno, con i pagani e la “reliquia” d’Israele
rimastagli fedele.
Cristianesimo e germanesimo
Cristo ha assegnato alla Chiesa il ruolo
di ammaestrare tutti i popoli, non esiste alcun figlio preferito né
alcun figlio trascurato nella Nuova Alleanza! Certo, unità di fede e di
morale non significa appiattimento e livellamento di cultura o di
particolarità nazionali; tedeschi, francesi, italiani sono uno quanto
alla fede e alla morale; ma hanno una cultura, una storia, una
tradizione e una particolarità nazionale, psicologica ed ètnica ben
distinta gli uni dagli altri; il cristianesimo non è mondialismo o
globalizzazione: vuole porgere al mondo una sola fede, ma non una sola
cultura. Il mondialismo invece ci toglie la fede e livella e appiattisce
le diverse culture in un’unica barbarie o in-civiltà o sotto-cultura.
Così la Chiesa ha un carattere soprannazionale o universale e non deve infeudarsi a nessun popolo e a nessun regime politico.
Il cardinale si pone, infine, una serie di domande:
Come stavano gli antichi Germani prima di Cristo?
Risponde citando Tacito che scrisse nel
98 d.C. un’opera storica intitolata La Germania. “È un dato di fatto che
gli antichi Germani… adoravano un gran numero di Dei… Gli Dei germanici
erano stati creati dall’uomo a sua immagine e somiglianza; invece
secondo la dottrina cristiana l’uomo è creato da Dio a Sua immagine e
somiglianza… È un dato di fatto che gli antichi germani offrivano
sporadicamente ai loro Dei sacrifici umani… erano dediti a grossolane
superstizioni… È un dato di fatto che presso i germani la schiavitù era
cosa abituale… È un dato di fatto la proverbiale infingardaggine degli
antichi germani. Gli uomini lasciavano il lavoro dei campi agli schiavi e
alle donne (cap. 14); in tempo di pace essi se la spassavano a caccia o
dormendo, mangiando e trincando (cap. 15). Tacito, benché romano –
osserva il prelato tedesco – torna ripetutamente a parlare con disprezzo
del ‘dormire fino al giorno inoltrato’ (cap. 22) e della ‘abituale
pigrizia’ dei germani (cap. 45). … ma essi erano modello di fedeltà
umana… di ospitalità… avevano un elevato concetto del matrimonio e della
fedeltà matrimoniale (…).
Di una vera cultura presso i germani dei
tempi precristiani, secondo Tacito, non si può parlare. I popoli
dell’Eufrate e del Nilo avevano raggiunto, due-tremila anni prima, un
più alto grado di cultura… senza essere ariani.
Come fu introdotto il Cristianesimo presso gli antichi Germani?
“Bisognò sradicare la zizzania del
politeismo, dei sacrifici umani e della superstizione… la schiavitù,
l’infingardaggine e gli eccessi nel bere… Bisognò piantare tutto ciò che
presso i germani era di buon germoglio, come la fedeltà umana, l’alto
concetto del matrimonio e della fedeltà coniugale… I germani sono
diventati un popolo grazie al Cristianesimo. Tacito enumera circa
cinquanta popolazioni germaniche, che scendevano in campo le une contro
le altre in continue guerre fratricide. Ora, è una realtà storica che
queste molteplici popolazioni si raccolsero in sedi fisse, fondendosi in
un unico popolo, soltanto con la loro conversione al Cristianesimo…
Grazie al Cristianesimo e al monachesimo benedettino i germani divennero
un popolo di cultura e la Cristianità ottenne sangue forte e sano
dall’ingresso dei barbari germanici nell’Impero romano, che orami era
invecchiato e veniva soppiantato da un nuovo impero romano spirituale:
la Chiesa, la quale ha saputo educare i germani alla civiltà romana e
alla fede cristiana. I monaci di S. Benedetto insegnarono ai nostri
antenati la lavorazione dei campi, l’industria, e le belle arti al
servizio della liturgia. (…)
In che relazioni sta il Cristianesimo rispetto alla razza germanica?
“Non c’è nulla da obiettare contro le
oneste ricerche di razza e gli onesti doveri di razza… contro la premura
di conservare le proprietà caratteristiche di un popolo. Dobbiamo
tuttavia, dal punto di vista ecclesiastico, porre tre condizioni. In
primo luogo, l’amore per la propria razza non deve giammai diventare …
odio per gli altri popoli. In secondo luogo, l’individuo non deve
ritenersi esonerato dal dovere di curare la propria anima…; infatti il
giovanotto, che sente sempre e soltanto canonizzare la propria razza,
troppo facilmente finisce per convincersi che davanti a Dio e alla
Chiesa egli non ha più il dovere morale dell’umiltà e delle castità.
Terzo luogo, i doveri di razza non devono prender posizione contro il
Cristianesimo. Al cristiano non è proibito di scendere in campo per la
propria razza e per i diritti di essa: quindi uno potrà essere un
sincero tedesco e un cristiano che altrettanto sinceramente professa la
sua religione. Ma non ci dovremo giammai dimenticare che noi non siamo
stati redenti dal sangue tedesco: siamo, invece, stati redenti dal
Sangue prezioso del Crocifisso…”.
Conclusione
La Chiesa studia il problema ebraico non
alla luce della biologia ma della fede, contenuta nella Bibbia (Antico e
Nuovo Testamento) e nella Tradizione divino/apostolica. Dio ha creato
Israele per sé, affinché preparasse la via al Messia e lo facesse
conoscere al mondo intero; la grandezza del popolo ebraico si fonda
sulla promessa che Dio ha fatto ad Abramo di farlo diventare capostipite
di una “razza” (Gen., XII) dalla quale sarebbe nato il Messia. Abramo
ha creduto, e i suoi discendenti, per essere benedetti da Dio, debbono
credere nella promessa messianica (realizzatasi nell’Avvento di Gesù
Cristo).
Non basta dunque essere discendenti di
Abramo solo secondo la carne (“olim judaeus, semper judaeus/una volta
ebreo sempre ebreo”, nel bene o nel male), ma occorre avere la sua fede
in Gesù Cristo. I “veri Israeliti” – per la Chiesa – son coloro che
imitano la fede del Patriarca, credendo in Cristo, mentre coloro che
discendono solo carnalmente da Abramo senza averne la fede non sono
“veri Israeliti”.
«Ma come allora – scrive S. Tommaso –
colui [Ismaele] che era nato secondo la carne perseguitava quello che
era nato secondo lo spirito [Isacco], così pure adesso [il falso Israele
o Sinagoga talmudica, perseguita il vero Israele o Chiesa di Cristo].
Sin dall’inizio della Chiesa primitiva i giudei hanno perseguitato i
cristiani, come appare dagli Atti degli Apostoli e lo farebbero ancora
ora, se lo potessero».
La vocazione del vero Israele spirituale è
irrevocabile (Rom., XI, 9) in quanto è unito spiritualmente a Gesù
salvatore del mondo, ma il falso Israele carnale, che si ostina ancor
oggi a rifiutare Gesù, “è stato reciso dall’ulivo fruttifero, per la sua
incredulità” (Rom., XI, 20). Perciò la vocazione, da parte di Dio,
permane; ma da parte dell’uomo può essere rifiutata e quindi persa.
La radice dell’accecamento ebraico
consiste nello scambiare la razza per il Salvatore: la razza ha il
primato su Cristo. Il giudaismo, avendo questa concezione razzista della
storia, è nemico di tutti i popoli: «[I Giudei] hanno ucciso il Signore
Gesù ed i Profeti, ci hanno perseguitato, non piacciono a Dio, sono
nemici di tutti gli uomini, impedendoci di predicare ai pagani per la
loro salvezza» (S. Paolo, 1ª Tess., II, 15- 16); nemici dei pagani che
intendono dominare come “bestie parlanti”, ma ancor più nemici dei
cristiani che vorrebbero sterminare come continuazione di Gesù nella
storia.
«Quando la romanità divenne la
cristianità – scrive monsignor Umberto Benigni – l’odio della Sinagoga
raddoppiò contro di essa per il motivo religioso, giacché lo spirito
talmudico odia più il Cristianesimo che non il paganesimo. Questo
rappresenta per la Sinagoga un gregge da domare, da spogliare; quello è
l’insieme dei seguaci di Gesù Cristo ai quali va l’eredità dell’odio
specialissimo del Sinedrio contro il Crocifisso».
Ma qual è, dunque, la ragione della
scelta erronea, che fa ripudiare l’Antico Testamento come cattivo in sé e
reputare la razza come “divina”? La vera ragione va ricercata nelle
opere cattive, nella vita, nell’atto della volontà che può anche essere
soltanto interno (come l’orgoglio della mente).
S. Tommaso d’Aquino insegna che «È
chiamata buona non la persona intelligente, ma quella che ha la buona
volontà» (S. Th., I, q. 5, a. 4, ad 3).
Le opere cattive non sono soltanto
l’immoralità grossolana come l’attaccamento ai piaceri dei sensi, ma
anche l’immoralità sottile: l’esaltazione dell’Io, la ricerca della
gloria umana e dell’onor del mondo. Ebbene colui che fa il male fugge la
luce interna della verità che lo rimprovera, come il ladro fugge la
luce del sole e cerca le tenebre per non essere visto. Egli non verrà
alla luce, non s’accosterà ad una dottrina che condanna la sua vita
(anche quando l’abbia conosciuta come vera). “È impossibile non pensare a
coloro che predicano l’osservanza della Legge, ma la cui vita non
corrisponde a questo ideale” (S. Th., II-II, q. 10, a. 3 e 6). Gli
increduli amano quindi le tenebre non per se stesse, ma perché
nascondono la loro condotta esteriore, ed odiano la luce, perché
smaschererebbe la loro perversità interna!
In breve le cattive disposizioni della
volontà sono la causa ultima che impedisce agli uomini di riconoscere
Dio. L’ultima ragione dell’incredulità non va ricercata
nell’intelligenza, ma nel non voler credere a causa di una cattiva
volontà moralmente indisposta.
Si può perciò concludere che la volontà e
la vita cattiva sono la causa di ogni incredulità. Come il diavolo è un
Angelo decaduto per cattiva volontà (ha preferito affermare se stesso,
pur dannandosi, piuttosto che sottomettersi alla Volontà di Dio), così
gli increduli preferiscono rifiutare il Salvatore e la salvezza, per
poter soddisfare la propria perversa volontà di dominio terreno.
d. Curzio Nitoglia
tratto da: https://doncurzionitoglia.wordpress.com/