martedì 29 gennaio 2013

"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: Liberalismo - Blasfemia

        Numero CCLXXXIX (289)                                                      26 Gennaio 2013


Liberalismo - Blasfemia

Il liberalismo è davvero così terribile come è stato fabbricato per esserlo?
Questa o quella persona è accusata di essere “liberale”, ma un certo numero di quelle che ne sono accusate negano che si possa appiccicare loro tale etichetta. Chi ha ragione?  Gli accusatori o gli accusati?
Dal momento che “liberalismo” è un termine che indica l’errore onnicomprensivo dei tempi moderni, responsabile di precipitare nelle fiamme dell’Inferno una innumerevole quantità di anime, esso merita sicuramente un’attenzione maggiore.

Ora, il termine “libertà” è relativo sia al fatto che io sono libero da, cioè da qualche costrizione o da altro, sia al fatto che sono libero per, cioè per uno scopo o un altro. Di queste due accezioni di “libertà”, la negativa libertà dalle costrizioni viene prima dello scopo positivo, in ordine al tempo, ma dopo di esso per importanza. Viene prima in ordine al tempo perché se si è costretti a raggiungere uno scopo, il raggiungimento di tale scopo è fuori discussione.Viene però dopo per importanza perché il valore della mancanza di costrizione dipenderà dal valore dello scopo per il quale la mancanza di costrizione è usata. Così, il possesso di un coltello libera dall’essere disarmato, ma se si usa questa libertà da per tagliare il cibo da mangiare, tale libertà da è buona, se la si usa per accoltellare la nonna, la stessa libertà da diventa omicidio.

Ora, il liberalismo fa della libertà da un valore o il valore supremo di per sé, a prescindere dalla libertà per o dalla bontà o malvagità dello scopo per il quale sarà usata. In tal modo la libertà o la libertà da viene resa indipendente dalla bontà o malvagità dello scopo, indipendente dal bene o dal male. Ma la differenza tra bene e male è parte essenziale della creazione di Dio, contrassegnata dal frutto proibito del Giardino dell’Eden, a partire dal quale l’uomo sceglie fra Paradiso e Inferno. Quindi, porre la mancanza di costrizione dell’uomo in contrasto con la legge di Dio, significa porre l’uomo prima di Dio.

Essendo quindi implicita la negazione della legge morale di Dio, del bene e del male, il liberalismo fa implicitamente guerra a Dio, ponendo il “diritto” umano dell’uomo a scegliere, in contrasto col diritto divino di Dio a comandare. Ora, come usava dire Mons. Lefebvre, vi sono 36 varietà di liberali, ma non tutte hanno l'intenzione di fare la guerra a Dio. E tuttavia, la guerra a Dio rimane la logica conclusione dei liberali che danno valore supremo alla libertà, ed è per questo che per molti di loro va bene ogni cosa.
Mettendo da parte Dio e le sue regole, i liberali fanno dell’adorazione della libertà la loro religione sostitutiva, una religione senza regole, eccetto la loro stessa volontà.

Inoltre, trattandosi di una religione sostitutiva, essa deve sbarazzarsi della vera religione che le blocca la strada, così i liberali diventano in modo del tutto naturale dei crociati contro l’ordine di Dio in ogni angolo della sua creazione: liberi matrimoni di “genere”, famiglie libere dai figli, Stati liberi dai capi, vita libera dai costumi, e così via, e così via.
E dal momento che una guerra alla realtà di Dio è cosa totalmente folle, ecco che i liberali, apparentemente così dolci con gli uomini loro compagni, che vogliono “rendere liberi”, possono di fatto essere enormemente crudeli con chiunque contrasti la loro crociata. È nella logica della loro religione sostitutiva che non debbano osservare la normale decenza nel calpestare gli anti-liberali, che non meritano alcuna compassione.

Per 20 secoli la Chiesa ha condannato questa follia. Eppure, col Vaticano II la Chiesa ufficiale le ha fatto posto, per esempio dichiarando (“Dignitatis Humanae”) che ogni Stato deve proteggere, anziché la libertà dei loro cittadini per praticare la vera religione, la loro libertà da ogni costrizione civile nella pratica della loro religione.
E oggi, i capi di una certa congregazione religiosa vorrebbero porre questa sotto l’autorità dei Romani fautori del Vaticano II. Per la vera religione, tale azione equivale, come diceva Mons. Lefebvre, ad una “Operazione Suicidio”.
Ma il liberalismo è intrinsecamente suicida.


Kyrie eleison.



© 2012 Richard N. Williamson. Tutti i diritti sono riservati.
Viene concessa una licenza non esclusiva inerente la stampa, la spedizione tramite e.mail, e/o la pubblicazione di questo articolo in Internet agli utenti che desiderassero farlo, a patto che non vengano apportate modifiche al contenuto così riprodotto o distribuito, e che esso conservi al suo interno il presente avviso. Oltre a questa licenza, limitata e non esclusiva, nessuna parte di questo articolo può essere riprodotta in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo sia elettronico che meccanico senza il permesso scritto dell'Editore, eccezion fatta per i recensori che possono citare brevi passaggi in una recensione, o tranne nei casi in cui vengano conservati i diritti sui contenuti qui riprodotti dal (dai) rispettivo(i) Autore(i), o da altri detentori del diritto d'Autore. In questi casi, la riproduzione di quegli specifici contenuti è soggetta all'autorizzazione che può essere concessa solo da chi ne possiede i(l) diritti(o) d'Autore. Ogni richiesta di riproduzione deve essere indirizzata a editorial@dinoscopus.org.

venerdì 25 gennaio 2013

La grazia della conversione

La grazia della conversione

 

  Riti alle porte della chiesaIl vero senso della settimana per l'unità dei cristiani

 

 

 

 

Domenica 13 gennaio, nella cappella della Fraternità san Pio X ad Albano Laziale, Julia Maddalena Hautojärvi ha abiurato l’eresia luterana ed è entrata nella Chiesa Cattolica ricevendo l’assoluzione al foro esterno da eventuali censure, il S. Battesimo ed il sacramento di Penitenza sotto condizione, prima di accostarsi alla S. Comunione.

 Le conversioni manifestano come tramite la Chiesa, malgrado la crisi attuale, la grazia è ancora concessa alle anime di buona volontà, nonostante l’errore comunemente diffuso secondo cui tutte le religione avrebbero in se valori di salvezza1.
Questo evento cade provvidenzialmente nella settimana consacrata all'unità dei cristiani e ci ricorda in che senso la Chiesa l'aveva istituita: pregare al fine di ottenere il ritorno degli erranti all'unico vero gregge di Cristo che è la Chiesa cattolica. Non certo per ritrovare un’ unità che la Chiesa non ha mai perso, poiché è una delle sue note costitutive, ma che hanno smarrito coloro che sono usciti dal suo seno.
Nella confusione attuale, alimentata dallo scambio di cattedre per la predicazione fra pastori protestanti e parroci, la Chiesa, nel suo rito tradizionale ci ricorda come sia importante abiurare l'errore per entrar a far parte dell'unica vera Chiesa di Cristo che é la Chiesa cattolica, al di fuori della quale non vi è salvezza.2
Preghiamo particolarmente in questo periodo per le persone che sono nelle tenebre dell’eresia, perché possano seguire i movimenti interiori della grazia e giungere alla vera Chiesa, e chiediamo a Dio che la Chiesa possa rigettare gli errori che tendono a paralizzarne la forza missionaria, così da poter comunicare sempre di più la grazia di cui è depositaria,  per la salvezza delle anime.
--------------
1 Cfr. Unitatis redintegratio n° 3, Nostra aetate n° 2
2 Innocenzo III 18-12-1208: “Noi crediamo di cuore e professiamo con la bocca una sola chiesa, non quella degli eretici, ma la santa Chiesa romana cattolica e apostolica, fuori dalla quale noi crediamo che nessuno si salvi”. Dz 792
Abiura del luteranesimo
Abiura del luteranesimo
Recita del Miserere
Recita del Miserere

Assoluzione al foro esterno
Assoluzione al foro esterno

Alle porte della Chiesa
Alle porte della Chiesa

Segno di croce della madrina
Segno di croce della madrina

Prostrazione
Prostrazione

Battesimo
Battesimo

Unzione con il Sacro Crisma
Unzione con il Sacro Crisma

Prima comunione
Prima comunione
 tratto da:  http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=851:la-grazia-della-conversione&catid=35&Itemid=123

mercoledì 23 gennaio 2013

"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: DUE VIAGGI


   Numero CCLXXXVIII (288)                                                                  19 Gennaio 2013



DUE VIAGGI
I viaggi di metà dicembre, in Nord America e in Francia, mi hanno permesso di osservare all’interno della Fraternità San Pio X, un pericoloso stato di indeterminazione. Dove il Superiore del Distretto non è cieco, per il momento il pericolo è un po’ contenuto, così che la resistenza è perplessa. Dove invece il Superiore del Distretto è un volenteroso servitore della direzione della FSSPX, il movimento verso la neo-Chiesa andrà avanti, ma anche la resistenza sta prendendo forma. Qual è la posta in gioco?
A partire dallo strappo del Protestantesimo, il mondo è scivolato sempre più lontano da Dio. Grazie al concilio di Trento (1545-1563), la Chiesa cattolica tenne fermo, ma grazie al concilio Vaticano II (1962-1965), la Chiesa cattolica ufficiale ha aderito allo scivolamento. Allora, grazie principalmente (ma non solo!) a Mons. Lefebvre (1905-1991), alcuni resti della Chiesa di Trento si sono messi insieme per formare, in mezzo al deserto della modernità, un’oasi cattolica, la FSSPX. Ma laddove la potente Chiesa non ebbe la capacità di resistere, fu, abbastanza sicuramente, solo una questione di tempo prima che la gracile FSSPX fosse tentata a sua volta di aderire allo scivolamento.
Tuttavia, come col Vaticano II la direzione della Chiesa ufficiale fu costretta a far finta di non rompere con la Chiesa tridentina (come per esempio con l’“ermeneutica della continuità” di Benedetto XVI), così la direzione della FSSPX ufficiale è oggi obbligata a fingere che non ci sia rottura con Mons. Lefebvre. Al pari della maggior parte dei politici degli ultimi 500 anni, questi capi della FSSPX si volgono a destra mentre camminano a sinistra, perché è questo che vogliono tantissime persone: l’apparenza della Cristianità senza la sua sostanza (cf. II Tim. III, 1-5, specialmente il versetto 5). Come Cartesio, questi capi “si muovono dietro una maschera”, cercando di dissimulare il loro camminare a sinistra con delle parole di destra, o parole chiaramente ambigue.
Nella scorsa primavera, che cosa è successo nella FSSPX? Come dice Don Chazal, è caduta la maschera, perché la direzione della FSSPX deve aver calcolato che fosse giunto il momento per compiere apertamente il passo indietro verso la neo-Chiesa. Sfortunatamente per questi capi, tra marzo e giugno emerse una resistenza sufficiente a bloccare al Capitolo generale della FSSPX, a luglio, ogni coevo tentativo di riunione con la neo-Chiesa. E così, dopo quel Capitolo, la maschera è tornata al suo posto. Ma i liberali non si convertono, a meno di un miracolo della grazia, perché l’apertura a sinistra è la loro vera religione. È per questo che i capi della FSSPX stanno sicuramente aspettando che il mondo moderno, uomo e diavolo, li aiuti a continuare il loro lavoro di spostamento a sinistra della FSSPX, così che in pochi anni non ci sarà alcuna resistenza significativa, come nella scorsa estate, per il ricongiungimento della FSSPX con la neo-Chiesa.
Questo pone la FSSPX tra il se e il ma. Tuttavia, come faceva notare il buon senso di Mons. Lefebvre, sono i Superiori che fanno i sottoposti e non viceversa. È per questo che, a meno di un miracolo che spiazzi i capi della FSSPX, questa è destinata a dissolversi nella neo-Chiesa. Non si può certo dire che la punizione non sarebbe stata meritata. Ma dobbiamo pregare la Madre di Dio perché ci ottenga alcuni miracoli dalla misericordia del suo Divino Figlio.


Kyrie eleison

© 2012 Richard N. Williamson. Tutti i diritti sono riservati.
Viene concessa una licenza non esclusiva inerente la stampa, la spedizione tramite e.mail, e/o la pubblicazione di questo articolo in Internet agli utenti che desiderassero farlo, a patto che non vengano apportate modifiche al contenuto così riprodotto o distribuito, e che esso conservi al suo interno il presente avviso. Oltre a questa licenza, limitata e non esclusiva, nessuna parte di questo articolo può essere riprodotta in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo sia elettronico che meccanico senza il permesso scritto dell'Editore, eccezion fatta per i recensori che possono citare brevi passaggi in una recensione, o tranne nei casi in cui vengano conservati i diritti sui contenuti qui riprodotti dal (dai) rispettivo(i) Autore(i), o da altri detentori del diritto d'Autore. In questi casi, la riproduzione di quegli specifici contenuti è soggetta all'autorizzazione che può essere concessa solo da chi ne possiede i(l) diritti(o) d'Autore. Ogni richiesta di riproduzione deve essere indirizzata a editorial@dinoscopus.org.

martedì 22 gennaio 2013

IL SEGNO DI PACE NELLA MESSA DI PAOLO VI

IL SEGNO DI PACE
NELLA MESSA DI PAOLO VI



di L. P.


En touto nika” – “In hoc signo vinces” – “In questo segno vincerai”.

 Narra, Eusebio da Cesarea (Vita di Costantino), che l’Imperatore e molti dei suoi soldati, il giorno precedente la battaglia di Saxa Rubra (Ponte Milvio – 28 ottobre 312) nell’ora meridiana, videro  sopra il sole il segno crociato con la scritta greca citata, e, la notte successiva, egli ebbe la visione di Gesù che gli ordinava di apporla, su labari e stendardi, nella forma monogrammatica che adesso conosciamo : XP – il così detto Chi/Rho, le prime iniziali di CHRISTOS.

Ci  si permetta una digressione per rammentare come, nel 1689, Gesù, tramite santa Margherita M. Alacoque, fece pervenire al re di Francia, Luigi XIV, l’ordine di fissare ed issare sugli stemmi regali e sulle bandiere, lo stemma del Suo Sacro Cuore: replica esatta della vicenda costantiniana, ma con un re che, diversamente da Costantino,  non si curò di corrispondere e di obbedire.
Le conseguenze, in Francia, si avvertirono 100 anni  dopo, nel 1789, quando la monarchia fu travolta dall’operazione satanica della rivoluzione, ordita dai circoli degli Illuminati, lasciando, materialmente e simbolicamente, la testa sulla ghigliottina.

Torniamo a Costantino e poniamo attenzione al fatto che il motto non dice “simbolo” ma “segno”, differenza sostanziale che qualsiasi studente accorto conosce, in quanto il simbolo reca seco – per etimologia: syn-bolon = getto insieme - una polisemia tal che il leone dantiano, ad esempio (Inf. I, 45) che, nel contesto locale, rappresenta la superbia, in altri ambiti ed aree può indicare fierezza, regalità, audacia, dominio.
Il segno, invece, specialmente se inserito nel tessuto teologico e liturgico del Cattolicesimo – il caso che interessa - assurge a significato univoco ed indeclinabile. Lo stesso segno, infatti, fuori contesto religioso, tradotto in termini simbolici può diventare il distintivo dell’addizione, il grafico dei punti cardinali, o la configurazione cartesiana d’una funzione, o l’emblema di qualche gruppo politico.

La Croce, che è la memoria della Passione e Morte di Gesù, è il segno per eccellenza. Esso si traccia sulla fronte del battezzando, non quale simbolo ornamentale e cerimonialistico, ma quale visibile formalità che adempie il comando di Cristo: “Euntes ergo docete omnes gentes baptizantes eos in nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti”(Mt. 28, 19).
È il segno che sigla e sancisce la riconciliazione del peccatore con il Signore, è il segno che rende sacra e piena  la confermazione annunziata nel crisma santo, è il segno con cui si dà viatico a chi sta varcando la soglia dell’eternità, è il segno che santifica e rende indissolubile il vincolo d’amore dei coniugi, è il segno che eleva alla dignità sacerdotale l’uomo chiamato da Dio, è il segno che si fa tutt’uno con il suo Signore nelle specie del pane e del vino.
Il segno della Croce è il sigillo di tutti i sacramenti.
Esso, inoltre, è terribile presenza davanti a cui il demonio fugge, ed è il segno che concede “pace” al defunto.
Con il segno della Croce apriamo la giornata e la chiudiamo, e sempre con esso e in esso, professiamo la fede cattolica, la speranza e la carità.
Con il segno della Croce è la stessa Vergine Maria che, a Lourdes, apre la recita del suo Rosario, il segno  che apparirà nel cielo degli ultimi giorni, è l’annuncio della seconda venuta di Cristo. “Et tunc parebit Signum Filii hominis in caelo” (Mt. 24, 30).
Ecce, in Cruce totum constat  non est alia via ad vitam, et ad veram internam pacem, nisi via sanctae Crucis” scrive, commosso, l’autore della Imitatio Christi (II, XI, 3) - ecco, tutto s’impernia nella Croce e non v’è altra via verso la vita e verso la vera pace interiore, se non quella della santa Croce - . 
I Crociati, i Cavalieri Templari,  i Teutonici, i Gerosolimitani una volta, e poi gli ordini monastici e secolari, si sono sempre – fino a qualche tempo fa  – distinti esteriormente con questo santo e venerando segno. Era – dìcasi era – il segno del dolore sacro, della fede e della speranza posto negli ospedali, il segno della giustizia nei tribunali, il segno della sapienza nelle scuole, il segno di protezione nelle edicole sparse lungo le strade, il segno svettante sui campanili e  il primo ad apparire al pellegrino.

La ragione illuminata del pensiero debole e cretino ha creduto bene disfarsene sfrattandolo dalla società civile e contagiando, in questa operazione di “rivoluzione culturale laicistica e democratica”, anche la Chiesa Cattolica, con esiti davvero assurdi come la bara di Paolo VI, esposta sul sagrato di San Pietro, priva del santo segno o come quello di un giovine sacerdote che, durante le esequie di un suo compagno d’infanzia, osò porre il blasfemo: “Dove eri o Dio?” imitando l’analoga domanda posta da Benedetto XVI nella sua visita ad Auschwitz. 
E mentre gli uomini della Gerarchia estendono il dialogo fino al punto di abiurare all’impegno  di evangelizzare gli Ebrei –Bagnasco dixit! – la cultura e  il potere talmudico rispondono  gentilmente a modo loro continuando l’assalto della ragione illuminata alla fede cattolica mediante la tecnica del “messaggio subliminale” che, per lo più, è iconografico.
Prendiamo i filmati d’azione poliziesca che registi e produttori ebrei ci scaricano quotidianamente sugli schermi tv. Fate caso: non c’è assassino, prostituta, ricattatore, violento, stupratore e maniaco, bianco o nero che sia, che non porti una Croce appesa a girocolli d’oro o tatuata su braccia o schiena o petto, quasi a dimostrare che la feccia della società, che la benemerita polizia calvinista/puritana combatte e sconfigge, è  cristiana. Se c’è un pedofilo, state sicuri che sarà un sacerdote cattolico che consuma il delitto in chiesa.

Sulla Croce si combatte, quindi, la guerra Satana/Gesù.

Ma torniamo al tema più pertinente.
Quando il sacerdote concede l’assoluzione  “nel” nome e non “col” nome della S. S. Trinità – così intendendo essere il peccatore ritornato nel seno del Padre - concede contestualmente la pace del Signore conseguente effetto del pentimento.
E proprio su tale aspetto – la pace del Signore - è necessario fare sosta per una riflessione  pertinente al rito della Santa Messa.

La pace che Gesù promette i suoi discepoli non è, infatti, quella delle “cose di quaggiù” ma la pace del regno di Dio, la pace dello spirito, la pace che deriva dall’essere in grazia e dal corrispondere alla Sua volontà.
È ‘n la sua volontade è nostra pace” afferma Piccarda Donati (Par. III, 85), ricalcando S.Th. II IIae  q. CIV art. 1 e segg.
Ma senza  spendere ulteriori parole per testimoniarlo e dimostrarlo, è sufficiente ricordare, in proposito, le parole di Gesù per comprendere la differenza tra una pace terrena politica, diplomatica - quella che la Gerarchia da tempo, con l’iniziativa tossica e nefasta di Assisi 86/2002/2011, sta sterilmente inseguendo – e la pace interiore dello spirito. “Vi lascio la pace, vi dò la mia pace; ve la dò, non come la dà il mondo” (Gv. 14, 27).
Una pace che non è nemmeno quella del mondo.
Pertanto Dominus locutus est, causa finita  est. 

Poi è successo qualcosa.
Quando nel 1964  Paolo VI, rendendo esecutivo l’art. 54 della Costituzione “Sacrosanctum Concilium”, insediò il “Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra liturgia”, cioè per la revisione liturgica della Messa rivolta, tra l’altre cose, in lingua volgare, scelse, quale coordinatore e “perito”, Mons. Annibale Bugnini, eminente personaggio conciliare, da tempo in sospetto e sulfureo odore  di  militanza massonica (BUAN – matricola 1365/75), così come è sempre stata nota la partecipazione, a questa commissione, di rappresentanti anglicani e luterani che, usualmente, sono iscritti alla massoneria.

Non è compito di questa ricognizione esaminare criticamente tutti i punti di deriva e di scasso dottrinario contenuti nel cosiddetto NOVUS ORDO MISSAE – 1969,  perché a ciò provvidero lo scrittore/apologeta Tito Casini con una pungente operetta, “La tunica stracciata”, 1967 , il coraggioso Don Luigi Villa ed i cardinali Ottaviani e Bacci con una precisa, rigorosa ma inutile analisi critica, non tralasciando di citare la voce di SI SI NO NO

In questo breve esame si vuole evidenziare un momento della Santa Messa, o meglio, un gesto “rituale” – che di rituale non esprime alcunché – quello che, nella fattispecie viene eseguito dai fedeli su invito del celebrante: “Come figli del Dio della Pace, datevi un segno di pace”.  “Un” segno? Perché “un segno” e non “il segno”, quasi a credere ad un’ampia possibilità di scelta nella disponibilità del repertorio pacifista?
Quali sarebbero i segni di pace, non i simboli, tra cui sceglierne uno? 
Il bacio di galateo o d’amore o quello volante soffiato dalla mano, l’abbraccio, la pacca sulle spalle, il segno V, l’indice e il pollice congiunti a formare un cerchio, l’annuire del capo, la manina agitata, l’inchino buddista, la mano sul cuore, il baciamano, un sorriso, la stretta di mano?
Forme tipiche del linguaggio della gestualità, un codice, in sintesi.
Quasi dimenticando – la Gerarchia e i “riformatori” – che il cristiano ha il suo “segno” unico e distintivo – il santo segno della Croce, quello che ha assicurato “la pace” vera.
Si è andati ad assumere e praticare - tanto per dare un tocco salottiero al Sacro Rito ridotto, d’altra parte, a un banchetto, lusingando i tanti progressisti di sagrestia e gli stessi protestanti, o per non apparire fuori orbita dei tempi - un gesto/simbolo non solo banale, inespressivo, ma sottilmente deviante ed alieno: la stretta di mano.
Questo gesto, da che mondo è mondo, caratterizza, per lo più, un incontro, una nuova conoscenza, un augurio a rivedersi, livelli di valori banali e di semplice corredo formale e di comportamento. È, in definitiva, un simbolo. Ma chi conosce il mondo nascosto cosiddetto sapienziale e la storia del simbolismo sa perfettamente che questo gesto diventa, in particolari circostanze, indiziario rivelatore di una ritualità oscura, occulta ed esoterica, un cosiddetto “segno di passo”.
È la stretta di mano che l’adepto di Mithra effettua con il mistagogo;
la stretta di mano dello ierofante di Eleusi con la  ierodula iniziata agli ultimi  “misteri sessuali”;
la stretta di mani incise o scarnificate col cui  sangue, che vi si mescola, i neofiti,  addivenuti nel patto scellerato, testimoniano e giurano un impossibile tradimento;
la stretta di mano  dei soci della elitaria e potente società universitaria americana  “Skulls and bones” con la quale si sigla l’impegno indelebile per una fratellanza tendente al potere politico/finanziario;
la stretta di mano degli aderenti ai gruppi razzisti, quali il Ku Klux Klan;
la stretta di mano e la catena delle mani con cui, nella seduta spiritica, si evocano, contro il comandamento di Dio, le anime dei trapassati, col manifestarsi di fenomeni di satanismo;
la stretta di mano gelida e feroce del Commendatore al mozartiano Don Giovanni.
E, per concludere, la classica  e dissimulata stretta di mano del riconoscimento massonico la quale, stante la sospetta appartenenza a questo ordine satanico del predetto riformatore BUAN, sembra essere proprio quella indiziaria del sovvertimento liturgico.

Se qualche valore la stretta di mano possa esprimere, esso si riferisce al costume della civiltà agricola, quello  di sancire l’adempimento di un patto, o di un accordo, proprio con la stretta in predicato. Un valore che possiamo definire etico. Ma non è certo questo valore e questo livello simbolico che si addicono  al Sacrificio della Croce rinnovato nella Santa Messa.
Qui i gesti liturgici – le fasi, le rubriche, gli interventi - diventano segni perché non tendono a un contesto etico ma, senza equivoci si elevano al livello della trascendenza e vi confluiscono.
Quale valore possa rivestire una stretta di mano in un sacro evento come la Santa Messa, ove sono  estranei il quotidiano, l’ordinario e la banalità, è tutto da dimostrare.
Per che cosa e per quali virtù intrinseche possiamo assimilarla ad elemento pregno di sacralità innervabile nel rito della Santa Messa?
Forse perché, talora, essa stretta è il significante di una rappacificazione?
Ma questo cerimoniale tipicamente laico non può assurgere a segno di sequela cristiana e, quand’anche lo si svolga in nome di Gesù, non diviene segno da inserire nel rito e nel memoriale della Passione e Morte di Cristo, in quanto rimane simbolo seppur nobilitato dall’essere inserito in un contesto cristiano.



È, perciò, uno scandalo che si esteriorizza in quel movimento frenetico e festaiolo, da sala ricevimenti, e che vede adulti, giovani, bambini allacciare quante più mani possibili, attraversare la navata in lungo e in largo col corredo di un chiacchiericcio, di sorrisi beoti, e di bon ton, e di carezze e di ammennicoli da pettegolezzo. È, forse, il momento più atteso. Strette di mani mollicce, pendule, molitorie, ossute, sguscianti, a tenaglia, ondeggianti per minuti interi, sostitutive dell’unico segno di pace, il divino segno di Croce!!
Aberrante, dissacrante e banale cultura!
Se si pensa che, poi, la maggior parte di quei “cristiani” assumeranno la Divina Particola con le mani, c’è da piangere e da pregare Dio perché li perdoni.

Quando taluno mi si rivolge tendendo la mano, cortesemente ma con decisione, rifiuto segnandomi con il segno della Croce,  provocando con ciò grande stupore o, talora, risentimento dell’altro, al quale, concluso il sacro rito, spiego il motivo del mio atteggiamento. Spesso riesco a convincere, così come spesso l’altro, pur non sapendo obiettare, rimane del proprio parere. 

Accanto a questo deprecabile e biasimevole esempio di sovvertimento liturgico, va annoverata quella maniera, quella posa che, introdotta dai  movimenti “carismatici – pentecostali - neocatecumenali” – eversori della dottrina e della liturgia – si appropria, in nome di una presunta legittimazione sacerdotale, del gesto/segno unico ed esclusivo del ministro celebrante, la recita cioè del Pater che egli eleva al Signore a braccia aperte, sollevate, a ricordo del gesto di Mosè che, nella battaglia contro gli Amaleciti, sosteneva gli Israeliti pregando proprio in questa posa, tale che, fin quando le mani erano sollevate, Israele vinceva, diversamente si capovolgeva l’esito della battaglia. A provvedere contro tale eventualità, due suoi aiutanti  gli sorreggevano le braccia (Es. 17, 11-12).
E così, i novatori, al grido “Siamo tutti sacerdoti” e predicando la “partecipazione attiva” hanno, di fatto, espropriato le esclusive prerogative del ministro-celebrante, facendole proprie e sconvolgendo e ribaltando  i ruoli, come bene si osserva in questo esempio, con i fedeli impegnati, chi con la braccia in basso, chi a metà corpo, chi a palme aperte addossate al petto e molti tenendosi per mano a formare catene né più né meno che in una seduta spiritistica, ed oscillando come in una balera o su una spiaggia brasiliana.
Un esempio che non è l’unico, potendosi  pescare in quell’alluvione di novità pagane e sacrileghe che sta sommergendo l’identità della Chiesa.


Si pensi, tanto per dirne uno, alla messa – lo scrivo in minuscolo in quanto illegittima e blasfema – concelebrata, il 20 agosto 2012, con i dirigenti della massoneria, in grembiule, compasso e maglietto, in una chiesa del Brasile – parrocchia di Nossa Senhora da Conceicao, diocesi di Pesqueira – da un indegno, dannato prete: Gerardo de Mangela Silva.

Exsurge Domine, rumpantur ilia proditoribus nostris! 

Tratto da: UnaVox

sabato 19 gennaio 2013

Gli Errori Dottrinali di “Dignitatis Humanae”

Gli Errori Dottrinali di “Dignitatis Humanae”

 


Tratto da una lettera Pastorale di S.E. Mons. Mark A. Pivarunas, CMRI

A cinquant’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, e senza dubbio la confusione, divisione e perdita della fede entro la Chiesa Cattolica possono essere direttamente attribuite ad alcuni dei decreti e dichiarazioni di questo Concilio. Fra tali decreti, il più controverso durante il Concilio, e il più distruttivo della Fede Cattolica dopo il Concilio, fu il decreto “Dignitatis Humanae” sulla Libertà Religiosa, promulgato da Paolo VI il 7 dicembre 1965.
La ragione per la quale questo decreto fu il più controverso e il più distruttivo è che esso insegna esplicitamente dottrine già condannate in precedenza dai Papi del passato. E questo era così lampante che molti Padri Conciliari conservatori si opposero ad esso fino alla fine; mentre anche i cardinali liberali, vescovi e teologi che promossero gli insegnamenti di “Dignitatis Humanae” dovettero confessare la loro incapacità di conciliare questo decreto con le passate condanne dei Papi. Esaminiamo gli errori dottrinali di questo decreto sulla Libertà Religiosa per vedere cosa causò tutta questa controversia durante il Concilio Vaticano II.
Al contorno della questione, consideriamo anzitutto gli importanti principi implicati in questa materia. Il primo principio da considerare è il termine “diritto.” Il diritto è definito come il potere morale residente in una persona - un potere che tutti gli altri sono tenuti a rispettare - di fare, possedere, o richiedere qualcosa. Il diritto si fonda sulla legge, poichè l’esistenza di un diritto in una persona implica un obbligo in tutti gli altri di non impedire o violare quel diritto. Orbene, è solo la legge che può imporre un tale obbligo - sia che sia la legge naturale (nella natura, data da Dio); o la legge positiva [espressa dagli uomini], entrambi le quali si fondano (come ogni vera legge) ultimamente sulla Eterna Legge di Dio. Quindi, la base ultima del diritto è l’Eterna Legge di Dio.
C’è molta gente oggi che fa clamore per i suoi “diritti”. Alcuni pretendono di avere il “diritto” di uccidere un bambino non ancor nato nel seno materno; alcuni il “diritto” di vendere pornografia; altri il “diritto” di vendere e promuovere l’uso di contraccettivi; altri ancora il “diritto” di suicidarsi assistiti da un medico. In questo senso, questi cosiddetti “diritti” non sono affatto dei veri diritti. Essi sono contro le leggi di Dio: “Non ammazzare; Non commettere adulterio.” L’uomo può avere la libera volontà di commettere peccato ma non ha il diritto - il potere morale di farlo. Questa è la ragione primaria per la quale la società si trova al presente in un tale triste stato. Questa è la ragione per cui l’immoralità è così rampante e la “fibra morale” della società così lacerata. L’uomo si è allontanato dalle leggi di Dio e segue ciecamente le sue brame e passioni.
Consideriamo ora le cose un passo più oltre. Se l’uomo non ha il “diritto” di abbandonare le leggi di Dio, non ha neppure il “diritto” di essere indifferente ai suoi doveri verso il Creatore. Come cattolici, sappiamo che Dio ha rivelato al genere umano una religione mediante la quale gli si deve dare il culto. Questa religione fu divinamente rivelata da N.S. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il Messia Promesso, il Redentore. Gesù Cristo compì le profezie concernenti il Messia Promesso, affermò di essere il Messia e il Figlio di Dio, e pubblicamente operò i più stupendi miracoli (specialmente la Sua Risurrezione) per provare la sua affermazione. Nessun’altra religione ha questa prova divina. Gesù Cristo stesso fondò una Chiesa che sappiamo dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione e dalla storia attuale essere la Chiesa Cattolica. A questa Chiesa, Gesù Cristo diede la sua propria Divina Autorità “di insegnare a tutte le nazioni”:
“Come il Padre ha inviato Me, anch’io mando voi” (Giov. 20:21).
“Chi ascolta voi, ascolta Me” (Luca 10:16).
“Andate, perciò, e insegnate a tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto quello che vi ho comandato ed ecco, Io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione del mondo” (Matt. 28:19-20).
“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura... chi viene battezzato e crede sarà salvato e chi non crede sarà condannato” (Marco 16:16).
Papa Pio IX, nell’enciclica “Singulari Quadam” (9 dicembre 1854), espresse la necessità dell’uomo di avere la vera religione per guidarlo e la grazia celeste per rafforzarlo:
“Poiché è certo che la luce della ragione si è attenuata, e che il genere umano è caduto miserabilmente dal suo primigenio stato di giustizia ed innocenza a causa del peccato originale, che si trasmette a tutti i discendenti di Adamo, può qualcuno ancora pensare che la ragione da sola sia sufficiente per il conseguimento della verità? Se si deve evitare di scivolare e cadere in mezzo a tali grandi pericoli, e a fronte di tale debolezza, si può negare che la divina religione e la celeste grazia siano necessarie alla salvezza?”
Per ritornare al punto, si potrà dire allora che l’uomo abbia il “diritto” di prestare culto a Dio in qualunque maniera desideri? Si potrà dire che l’uomo abbia il “diritto” di liberamente promuovere falsi insegnamenti su questioni di religione nella società e di diffondere promiscuamente tutte le forme di dottrine erronee? Si potrà dire che l’uomo possieda il “diritto” - il potere morale - di insegnare e far proseliti delle dottrine dell’Ateismo, Agnosticismo, Panteismo, Buddismo, Induismo, e Protestantesimo? E cosa, allora, riguardo a coloro che praticano la Stregoneria o il Satanismo? Si consideri questo specialmente riguardo alle nazioni cattoliche dove la religione del Paese è il Cattolicesimo. I governi cattolici sarebbero forse obbligati a garantire il “diritto” nella legislazione civile di propagandare tutte le forme di religione? I governi cattolici sarebbero obbligati a permettere per diritto civile la diffusione di ogni tipo di dottrina tenuta dalle svariate religioni? Per rispondere a queste domande, rivediamo gli insegnamenti dei Papi, i Vicari di Cristo in terra.
Riguardo al termine “diritto,” Papa Leone XIII insegnò nell’enciclica “Libertas” (20 giugno 1888):
“Il diritto è una facoltà morale, e come abbiamo detto e non può essere abbastanza spesso ripetuto, sarebbe assurdo credere che appartenga naturalmente e senza distinzione alla verità ed alle menzogne, al bene ed al male.”
E per quanto si riferisce agli obblighi dei governi, Papa Pio XII insegnò nella allocuzione ai giuristi cattolici “Ci Riesce” (6 dicembre 1953):
“Si deve chiaramente affermare che nessuna autorità umana, nessuno Stato, nessuna Comunità di Stati, di qualsivoglia carattere religioso, può dare un mandato positivo o una autorizzazione positiva di insegnare o di fare ciò che è contrario alla verità religiosa o al bene morale... Qualsiasi cosa non risponda alla verità ed alla legge morale non ha oggettivamente alcun diritto ad esistere, né alla propaganda, né all’azione.”
Ancora una volta, per rispondere alle domande sopra dette sulla Libertà Religiosa, l’argomento reale è questo: l’errore e le false religioni non possono essere oggetto di un diritto naturale (Con “naturale” si intende presente in natura, dato da Dio!). Quando le società garantiscono promiscuamente il diritto alla libertà di tutte le religioni, il risultato naturale è l’indifferentismo religioso - la falsa nozione che una religione sia buona quanto un’altra.
Continuiamo il nostro studio degli insegnamenti Papali su questa materia.
Lettera al Vescovo di Troyes di Papa Pio VII (1814): “Il nostro cuore è ancor più profondamente afflitto da una nuova causa di dolore che, lo ammettiamo, ci tormenta e fa sorgere profondo scoramento ed estrema angoscia: è l’articolo 22 della Costituzione. Non soltanto esso permette la libertà dei culti e di coscienza, per citare i termini precisi dell’articolo, ma promette sostegno e protezione a questa libertà e, inoltre, anche ai ministri dei quali i culti sono citati....
“Questa legge fa ben più che stabilire la libertà per tutti i culti senza distinzione: mescola la verità con l’errore e pone le sette eretiche e perfino il Giudaismo sullo stesso piano della santa ed immacolata Sposa di Cristo, fuori della quale non ci può essere salvezza. In aggiunta a questo, nel promettere favore e supporto alle sette eretiche ed ai loro ministri non sono semplicemente le loro persone, ma i loro errori che vengono favoriti e tollerati. Questa è implicitamente l’eresia disastrosa e sempre da deplorarsi che S. Agostino descrive in questi termini: ‘Pretende che tutti gli eretici siano sul retto cammino e dicano la verità. Questa è un’assurdità così mostruosa che non posso credere che qualsiasi setta possa realmente professarla.’”
“Mirari Vos” di Papa Gregorio XVI (15 agosto 1832): “Veniamo ora ad un’altra causa, ahimé! fin troppo fruttuosa delle deplorevoli infermità che oggi affliggono la Chiesa. Intendiamo l’indifferentismo, ovvero quella diffusa e pericolosa opinione seminata dalla perfidia dei malvagi, secondo la quale è possible, mediante la professione di qualche sorta di fede, procurare la salvezza dell’anima, posto che la morale di una persona si conformi alle norme of giustizia e probità. Da questa sorgente avvelenata dell’indifferentismo sgorga quella falsa e assurda massima, meglio definita il folle delirio (deliramentum), secondo il quale si deve ottenere la libertà di coscienza e garantirla a chiunque. Questo è il più contagioso degli errori, che prepara la via per quella assoluta e totalmente sfrenata libertà di opinioni che, per la rovina della Chiesa e dello Stato, si diffonde ovunque e che certuni, per eccesso di impudenza, non temono di propugnare come vantaggiosa per la religione. Ah, ‘qual morte più disastrosa per le anime della libertà di errore?’, disse S. Agostino.”
“Quanta Cura” di Papa Pio IX (8 dicembre 1864): “Contrarie agli insegnamenti delle Sacre Scritture, della Chiesa, e dei santi Padri, queste persone non esitano ad asserire che ‘la miglior condizione dell’umana società è quella in cui il governo non riconosce alcun diritto di correggere, mediante l’attuazione di sanzioni, i violatori della religione cattolica, eccetto quando sia richiesto dal mantenimento della pubblica quiete’. Da questa totalmente falsa nozione di governo sociale, non temono di sostenere quell’erronea opinione sommamente perniciosa per la Chiesa Cattolica, e per la salvezza delle anime, che venne chiamata dal Nostro Predecessore, Gregorio XVI (prima citato) folle delirio (deliramentum): vale a dire ‘che la libertà di coscienza e di culto è diritto peculiare (o inalienabile) di ogni uomo che deve essere proclamato per legge, e che i cittadini hanno diritto a tutti i generi di libertà, senza alcuna restrizione di legge, sia ecclesiastica sia civile, che permettano loro di manifestare apertamente e pubblicamente le loro idee, con la parola, attraverso la stampa, o con qualsiasi altro mezzo.’”
Le seguenti proposizioni furono condannate da Papa Pio IX nel “Sillabo degli Errori” (8 dicembre 1864):
“15. Ogni uomo è libero di abbracciare e professare quella religione che, guidato dalla luce della ragione, egli consideri vera.”
“55. La Chiesa dev’essere separata dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa.”
“77. Al giorno d’oggi, non è più opportuno che la religione cattolica sia tenuta come unica religione dello Stato, ad esclusione di tutte le altre forme di culto.”
“79. Inoltre è falso che le libertà civili di ogni forma di culto e il pieno diritto, dato a tutti, di apertamente e pubblicamente manifestare qualsivoglia opinioni e pensieri, conduca più facilmente a corrompere i costumi e le menti del popolo e a propagare la peste dell’indifferentismo.”
“Libertas” di Papa Leone XIII (20 giugno 1888):
“...La società civile deve riconoscere Dio come suo Padre Fondatore, e deve obbedire e riverire il Suo potere ed autorità. La giustizia perciò proibisce e la ragione stessa proibisce allo Stato di essere senza Dio; o di adottare una linea di azione che termini nell’assenza di Dio - vale a dire, di trattare allo stesso modo le varie religioni (come le chiamano), e di attribuire loro promiscuamente eguali diritti e privilegi.”
Da questi insegnamenti papali, è ovvio che i governi cattolici sarebbero obbligati a legiferare contro il promiscuo “diritto” di tutte le religioni di spargere i loro errori in una società cattolica. L’unica eccezione sarebbe la tolleranza di queste religioni in quelle zone dove esse fossero già stabilite in precedenza, e tale tolleranza sarebbe ammessa in vista di un bene maggiore. Questo è l’insegnamento di Papa Leone XIII in “Libertas”:
“Mentre non concede alcun diritto a cosa alcuna, salvo a quanto sia vero e onesto, essa (la Chiesa Cattolica) non proibisce alla pubblica autorità di tollerare ciò che differisce da verità e giustizia, per evitare qualche male maggiore, o di ottenere o preservare qualche bene maggiore.”
Questi insegnamenti papali si riflettono magnificamente nel Concordato tra la Santa Sede e la Spagna. Il Concordato del 1953 mantiene il contenuto della Costituzione spagnola del 13 luglio 1945, che stabilisce:
Articolo 6 della Costituzione spagnola:
“1) La professione e la pratica della religione cattolica, che è quella dello Stato Spagnolo, godranno della protezione ufficiale.
“2) Nessuno potrà venir disturbato per le sue convinzioni religiose o per il privato esercizio della sua religione. Non vi è autorizzazione per cerimonie pubbliche o manifestazioni che non siano quelle della religione cattolica.”
Dopo aver rivisto i coerenti insegnamenti del Papa e l’esempio pratico del Concordato tra la Spagna e il Vaticano in questa materia, consideriamo il Decreto sulla Libertà Religiosa del Concilio Vaticano II “Dignitatis Humanae”: Ci sono due distinti aspetti della libertà religiosa che sono assai sottilmente intrecciati, che potrebbero indurre a considerare la libertà religiosa insegnata nel decreto come apparentemente coerente con i passati insegnamenti della Chiesa Cattolica. Questi due distinti aspetti sono la libertà dell’uomo dalla coercizione e la libertà dell’uomo di manifestare pubblicamente la propria religione.
All’inizio del decreto, viene enfatizzato il primo aspetto:
“Ne segue che egli (l’uomo) non deve essere forzato ad agire in maniera contraria alla sua coscienza. Nè, d’altro canto, dev’essere impedito dall’agire in accordo con la sua coscienza, specialmente in materia di religione.”
Questo primo aspetto è in accordo con quello che la Chiesa Cattolica ha sempre sostenuto - che nessuno può essere forzato ad accettare la vera religione. Papa Leone XIII nella “Immortale Dei” (1° novembre 1885) insegnò:
“La Chiesa è tenuta a prendere la più grande cura che nessuno sia forzato ad abbracciare la Fede Cattolica contro la sua volontà, perchè, come saggiamente ci ricorda S. Agostino, ’L’uomo non può credere altrimenti che con la propria libera volontà.’”
Fino a questo punto “Dignitatis Humanae” non presenta problemi. Tuttavia, da questo primo aspetto della libertà dell’uomo dalla coercizione, viene la falsa nozione che l’uomo abbia il diritto della libertà religiosa di pubblicamente promuovere e diffondere le proprie convinzioni religiose, anche se non vive conformemente all’obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa.
“Dignitatis Humanae”:
“Pertanto, il diritto alla libertà religiosa ha il suo fondamento, non nella disposizione soggettiva della persona, ma nella sua propria natura. Di conseguenza, il diritto a questa immunità continua ad esistere anche in coloro che non vivono secondo i loro obblighi di cercare la verità aderendo ad essa.
“Le comunità religiose hanno anche il diritto di non essere ostacolate nel pubblico insegnamento e testimonianza della loro fede, sia con la parola che con gli scritti.
“In aggiunta, fa parte del significato di libertà religiosa il fatto che non si debba proibire alle comunità religiose di liberamente intraprendere la presentazione dello speciale valore della loro dottrina circa quanto concerne l’organizzazione della società e l’ispirazione dell’intera attività umana.
“Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa va riconosciuto nella lagge costituzionale con la quale si governa la società; perciò deve diventare un diritto civile.”
Notiamo bene che “Dignitatis Humanae” afferma esplicitamente:
1) “Il diritto alla libertà religiosa ha il suo fondamento, non nella disposizione soggettiva della persona, ma nella sua propria natura.”
In altre parole, questo decreto insegna che questo diritto è un diritto naturale, dato da Dio.
2) “ Di conseguenza, il diritto a questa immunità continua ad esistere anche in coloro che non vivono secondo i loro obblighi di cercare la verità aderendo ad essa..”
Conseguetemente “Dignitatis Humanae” insegna che coloro che sono in errore hanno ancora il diritto di promuovere pubblicamente il loro errore.
3) “Le comunità religiose hanno anche il diritto di non essere ostacolate nel loro pubblico insegnamento e testimonianza della loro fede, sia con la parola che con gli scritti... va riconosciuto nella lagge costituzionale con la quale si governa la società; perciò deve diventare un diritto civile.”
Inoltre, “Dignitatis Humanae” insegna che questo diritto di promuovere le loro false credenze deve essere riconosciuto dai governi nella legislazione civile.
Forse tutto questo sembra essere solo un certo numero di tecnicismi teologici. Ma per vedere le conseguenze di questo decreto sulla Libertà Religiosa, consideriamo i suoi effetti in Spagna. Poco dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, ne sorse infatti la necessità di aggiornare il Concordato tra la Spagna e il Vaticano. Quanto segue è un estratto del nuovo preambolo aggiunto al Concordato:
“La legge fondamentale del 17 maggio 1958, in virtù della quale la legislazione spagnola deve ispirarsi alla dottrina della Chiesa Cattolica, forma la base della presente legge. Ora, come noto, il Concilio Vaticano II ha approvato la Dichiarazione sulla Libertà Religiosa il 7 dicembre 1965, stabilendo nell’Articolo 2: ’Il diritto alla libertà religiosa ha il suo fondamento nella propria dignità della persona umana, poiché questa dignità è conosciuta attraverso la parola rivelata di Dio, e mediante la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa dev’essere riconosciuto nella legge costituzionale con la quale si governa la società. Pertanto deve diventare un diritto civile.’ Dopo questa dichiarazione del Concilio, sorse la necessità di modificare l’Articolo 6 della Costituzione Spagnola in virtù del sopra menzionato principio dello Stato Spagnolo. Questa è la ragione per la quale la legge organica dello Stato in data 10 gennaio 1967 ha modificato il predetto Articolo 6 come segue: ’La professione e la pratica della religione cattolica, che è quella dello Stato Spagnolo, gode di protezione ufficiale. Lo Stato garantisce la protezione della Libertà Religiosa, che sarà garantita mediante un efficace provvedimento giuridico che salvaguarderà la morale e l’ordine pubblico.’”
Quale fu il risultato di questo cambiamento nel Concordato? Dalla data del cambiamento, qualunque setta religiosa fu libera di far proseliti nella cattolica Spagna. E cosa ne seguì? Con la circolazione di tutti i tipi di opinioni e credenze la Spagna giunse in pratica a legalizzare la pornografia, i contraccettivi, il divorzio, la sodomia, e l’aborto.
Questo esempio non è affatto limitato alla sola Spagna. Altre nazioni cattoliche con Costituzioni e Concordati che una volta proibivano il proselitismo delle sette religiose dovettero cambiare le loro leggi per garantire libertà religiosa a tutte le religioni. In Brasile, le Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani riconosce che ogni anno circa 600.000 cattolici abbandonano la Chiesa per seguire le false religioni. E perchè? La risposta si trova nell’enciclica Mirari Vos di Papa Gregorio XVI:


“Questo è il più contagioso degli errori, che prepara la via per quella assoluta e totalmente illimitata libertà di opinioni che, per la rovina della Chiesa e dello Stato, si diffonde ovunque e che certuni, per eccesso di impudenza, non temono di propugnare come vantaggiosa per la religione. Ah, ‘Qual morte delle anime più disastrosa della libertà di errore’, disse S. Agostino. Nel vedere quindi la rimozione dagli uomini di ogni freno capace di mantenerli sui cammini della verità, portati come già sono alla rovina per naturale inclinazione al male, Noi affermiamo invero che si è aperto il pozzo dell’inferno del quale S. Giovanni descrisse un fumo che oscurava il sole e dal quale emergevano locuste a devastare la terra. Questa è la causa della mancanza di stabilità intellettuale; questa è la causa della corruzione continuamente crescente della gioventù; questo è ciò che causa nel popolo il disprezzo dei sacri diritti, delle leggi e degli oggetti più santi. Questa è la causa, in una parola, del più mortale flagello che possa rovinare gli Stati; poiché l’esperienza prova, e la più remota antichità ci insegna, che per effettuare la distruzione del più ricco, del più potente, del più glorioso, e del più fiorente degli Stati, null’altro è necessario oltre quella illimitata libertà di opinione, quella libertà di pubblica espressione, quella infatuazione della novità.”
In Christo Jesu et Maria Immaculata,
+ Mark A. Pivarunas, CMRI

sabato 12 gennaio 2013

"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: Cinquantismo di ritorno



Numero CCLXXXVII (287)                                                 12 gennaio 2013


Cinquantismo di ritorno


Domanda scottante: come possono i capi della Fraternità San Pio X, che fu fondata da Mons. Lefebvre per resistere alla neo-Chiesa, cercare oggi i favori di quest’ultima al fine di ricongiungersi ad essa? Una risposta è che essi non hanno mai pienamente capito Monsignore. Dopo il disastro del Vaticano II negli anni ’60, essi videro in lui la migliore continuazione della Chiesa pre-disastro degli anni ’50. In realtà, egli era molto più che questo, ma, una volta morto, tutto quello che essi volevano fu ritornare all’accogliente cattolicesimo degli anni ’50. E non furono i soli a preferire Cristo senza la Sua Croce. Si tratta di una formula molto popolare.

Il cattolicesimo degli anni ’50, non era come un uomo che sta in piedi sul ciglio di una scogliera alta e pericolosa? Per un verso esso era ancora in piedi ad una grande altezza, altrimenti il Vaticano II non sarebbe stato la caduta che fu. Per l’altro era pericolosamente vicino al ciglio della scogliera, altrimenti non sarebbe potuto cadere così precipitosamente come negli anni ’60. Questo non significa che nella Chiesa degli anni ’50 tutto fosse cattivo, ma che essa era troppo vicina al disastro. Perché?

Perché in generale, i cattolici degli anni ’50 mantenevano esteriormente le apparenze della vera religione, ma interiormente in troppi amoreggiavano con gli errori atei del mondo moderno: liberalismo (ciò che più conta nella vita è la libertà), soggettivismo (quindi la mente e la volontà dell’uomo sono liberi da ogni verità oggettiva o legge), indifferentismo (allora non importa quale religione abbia un uomo), e così via. In tal modo, i cattolici che avevano la fede e non volevano perderla, l’adattarono gradualmente a questi errori. Partecipavano alla Messa della Domenica, andavano ancora a confessarsi, ma alimentavano le loro menti con informazioni abiette, e i loro cuori con l’erosione di certe leggi della Chiesa, sul matrimonio per i laici, sul celibato per i chierici. In tal modo potevano mantenere la fede, ma intendevano sempre meno agire contro le potenti correnti del fascinoso e irreligioso mondo che li circondava. Ponendosi sempre più vicini al ciglio della scogliera.

Ora, Monsignore aveva i suoi difetti, che si può pensare si riflettano nelle attuali difficoltà della Fraternità. Cerchiamo di non idolatrarlo. Tuttavia negli anni ’50 egli fu un vescovo che possedeva entrambe le apparenze del cattolicesimo e, nel suo intimo, la sostanza di esso, com’è provato dai ricchi frutti del suo ministero apostolico in Africa. Così, quando il Vaticano II riuscì a invalidare o a paralizzare quasi tutti i suoi confratelli vescovi, egli riuscì a ricreare, quasi da solo, un seminario e una congregazione pre-Vaticano II. L’apparizione della sua oasi cattolica in mezzo al deserto conciliare folgorò molti buoni giovani. E le vocazioni furono mosse anche dal carisma personale di Monsignore. Ma tra i dieci e i venti anni dalla sua morte, sopraggiunta nel 1991, la sostanza della sua eredità finì con l’apparire sempre più pesante nella spinta contro la sempre più forte corrente del mondo moderno.

Così, poco inclini a continuare a portare la Croce del disprezzo della dirigenza della Chiesa e del mondo, i capi della FSSPX incominciarono a sognare di essere nuovamente ufficialmente riconosciuti. E il sogno prese piede, perché, dopo tutto, i sogni sono molto più belli della realtà. Dobbiamo pregare per questi capi della FSSPX. Gli anni ‘50 non tornano per niente !


Kyrie eleison.







© 2012 Richard N. Williamson. Tutti i diritti sono riservati.
Viene concessa una licenza non esclusiva inerente la stampa, la spedizione tramite e.mail, e/o la pubblicazione di questo articolo in Internet agli utenti che desiderassero farlo, a patto che non vengano apportate modifiche al contenuto così riprodotto o distribuito, e che esso conservi al suo interno il presente avviso. Oltre a questa licenza, limitata e non esclusiva, nessuna parte di questo articolo può essere riprodotta in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo sia elettronico che meccanico senza il permesso scritto dell'Editore, eccezion fatta per i recensori che possono citare brevi passaggi in una recensione, o tranne nei casi in cui vengano conservati i diritti sui contenuti qui riprodotti dal (dai) rispettivo(i) Autore(i), o da altri detentori del diritto d'Autore. In questi casi, la riproduzione di quegli specifici contenuti è soggetta all'autorizzazione che può essere concessa solo da chi ne possiede i(l) diritti(o) d'Autore. Ogni richiesta di riproduzione deve essere indirizzata a editorial@dinoscopus.org.

mercoledì 9 gennaio 2013

"Commenti Eleison" di Mons. Williamson: SEMAFORO GIALLO


Numero CCLXXXVI (286)                                                 5 gennaio 2013


SEMAFORO GIALLO


Non tutti voi lettori di “Commenti Eleison” potreste avere avuto la possibilità di leggere la notevole lettera di due mesi fa, scritta da Don Ronald Ringrose a Don Arnauld Rostand, Superiore del Distretto degli USA della Fraternità San Pio X. Don Ringrose è stato per oltre 30 anni pastore indipendente della parrocchia tradizionale di St. Athanasius, appena fuori di Washington, D. C., e in tutto questo tempo è stato un fedele amico, senza esserne membro, della FSSPX. Tuttavia, nel giugno dell’anno scorso ha ospitato nella sua parrocchia il primo incontro negli USA del gruppo di sacerdoti che oggi costituiscono una Resistenza al cambiamento di direzione della Fraternità, a lungo latente, e divenuto chiaro a tutti nella primavera dello scorso anno. Come fedele esecutore di Mons. Fellay negli USA, Don Rostand gli scrisse per proporgli un incontro nel quale avrebbe potuto convincere Don Ringrose che il cambiamento non fosse t ale. Ecco cos’ha risposto Don Ringrose: -
«La ringrazio per la sua lettera del 12 ottobre, nella quale mi ha proposto un incontro per discutere della situazione in seno alla Fraternità San Pio X. Benché si tratti di un’offerta molto gentile da parte sua, che ho apprezzato molto, io non penso che un tale incontro sia utile, dato che i problemi derivano dagli alti dirigenti della Fraternità, e Lei non è in condizioni di poterli cambiare.
«È vero che io sono stato un fervente sostenitore della Fraternità da numerosi anni. Questo sostegno si basava sul fatto che la mia missione di sacerdote e la missione della Fraternità erano una sola e stessa missione: aiutare le anime a rimanere legate alla fede cattolica, in questo periodo in cui essa sembra che sia stata abbandonata dalla Roma post-conciliare.
«Oggi devo essere più prudente e riservato in questo sostegno. Io sono allarmato dal fatto che il Superiore generale dica che il 95% del Vaticano II è accettabile. Io sono stupito per il fatto che la direzione della Fraternità risponda ai tre vescovi della Fraternità dicendo che essi fanno degli errori del Vaticano II delle «super-eresie». Io sono deluso per il fatto che la risposta della Fraternità ad Assisi III sia stata così debole e anemica. Io sono rattristato per le ingiuste sanzioni disciplinari contro i sacerdoti della Fraternità che seguono l’esempio di Mons. Lefebvre, e sono indignato per il trattamento riservato a Mons. Williamson – e non solo per la sua recente espulsione, ma per il trattamento squallido che ha subito nel corso degli ultimi anni.
«Prima di quest’anno, quando un parrocchiano mi chiedeva cosa pensassi della Fraternità, io indicavo sempre il semaforo verde. Dopo le recenti azioni della Fraternità, non indico ancora il semaforo rosso, ma il semaforo giallo della prudenza. Il rosso si accenderà se e quando la Fraternità farà in modo di essere assorbita nella Chiesa conciliare, alla quale Mons. Lefebvre ha così vigorosamente resistito.
«È con grande tristezza che Le scrivo queste righe. Nelle fila della Fraternità, vi sono molti buoni sacerdoti, fedeli e zelanti. Molti di essi li conosco personalmente e li ammiro. Molte anime dipendono da loro. È per amore della Fraternità che io temo per il suo avvenire. Temo che essa si trovi su un percorso suicida. La direzione può pensare che un accordo non è più d’attualità, ma temo che questo non sia il pensiero di Roma.
«Prego perché la Fraternità ritorni alla missione assegnatale da Mons. Lefebvre, senza compromessi né dissimulazioni. Quando lo farà, avrà il mio sostegno senza riserve».
E la lettera di Don Ringrose si conclude con i saluti fraterni. Essa è veramente un modello di lucidità e cortesia, fermezza e carità. Lunga vita a Don Ringrose che mantiene un incomparabile bastione del Cattolicesimo proprio accanto alla capitale degli Stati Uniti!

Kyrie eleison.

© 2012 Richard N. Williamson. Tutti i diritti sono riservati.
Viene concessa una licenza non esclusiva inerente la stampa, la spedizione tramite e.mail, e/o la pubblicazione di questo articolo in Internet agli utenti che desiderassero farlo, a patto che non vengano apportate modifiche al contenuto così riprodotto o distribuito, e che esso conservi al suo interno il presente avviso. Oltre a questa licenza, limitata e non esclusiva, nessuna parte di questo articolo può essere riprodotta in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo sia elettronico che meccanico senza il permesso scritto dell'Editore, eccezion fatta per i recensori che possono citare brevi passaggi in una recensione, o tranne nei casi in cui vengano conservati i diritti sui contenuti qui riprodotti dal (dai) rispettivo(i) Autore(i), o da altri detentori del diritto d'Autore. In questi casi, la riproduzione di quegli specifici contenuti è soggetta all'autorizzazione che può essere concessa solo da chi ne possiede i(l) diritti(o) d'Autore. Ogni richiesta di riproduzione deve essere indirizzata a editorial@dinoscopus.org.